11.

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«Non puoi portarmi così!». L'urlo furioso di Ximena riempì il silenzio del giardino, posata come un sacco sopra la spalla di Rutenis, che le teneva bloccate le gambe per non farla scalciare.

Scese i piccoli scalini tra il piano di marmo, dove si trovava il tavolo da pranzo, e il giardino con indifferenza, come se non avesse una ragazza furiosa e dimenante sulla spalla. Sorrideva anche.

Med scosse la testa, con un cipiglio preoccupato sul viso. «Mettila giù».

Lui esaudì il suo desiderio e la posò in piedi, come una statua. «Adesso possiamo cominciare».

«Era necessario venirmi a prendere in questo modo?!». Sibilò Ximena. «Potevi semplicemente dirmelo e sarei scesa con le mie gambe».

Lui alzò le spalle in risposta e si sedette tra Erazm e Med sopra ad un telo mare posato sull'erba verde e bagnata dagli irrigatori. «Avresti perso tempo inutile e non sarebbe stato divertente».

Osservai i miei vestiti e poi osservai i suoi. «Regola numero uno: copriti sempre al massimo, cerca di lasciare meno pelle scoperta possibile se sai di star per combattere. Se sei a pelle scoperta la ferita sarà più facile da creare, i vestiti creano uno strato in più da tagliare con le lame. E scegli vestiti aderenti-».

Mi indicai i leggings di pelle e la canottiera nera. «Ti verrà meglio muoverti senza vestiti larghi».

Osservò i miei tacchi con sdegno. «Come fai a combattere con quelli? A malapena so camminarci».

«È solo questione di abitudine». Risi e me li sfilai, tirandoli ad Erazm.

Non volevo farla sentire troppo a disagio, soprattutto nella situazione in cui già ci trovavamo.

Si osservò intorno. «Dantalian non partecipa alla lezione?».

Spostai lo sguardo sulla finestra della sua camera e annuii. «Arriva dopo, sta facendo una chiamata con sua madre».

Non era vero, ma lo avevo sentito parlare al telefono e mi era bastato, non avevo chiesto o detto altro. Non mi interessava neanche. Niente di lui mi interessava.

«Cominciamo?». Med si alzò e si posizionò dietro di me. «Io attacco Arya, Rut attacca te».

Spiegò a Ximena, ma lei non parve felice dell'idea, cominciando a spostarsi dalla presa del Gheburim.
Il suo sguardo supplicante mi spinse ad agire.

«Rutenis, preferisco combattere con te. Tu non sai essere delicato, al contrario di Med».

Mi osservò male, ma annuì e prese posto dietro di me. Tutto d'un tratto mi afferrò con una presa salda, le mani strette sulle mie braccia fino a portarmele dietro la schiena. «Se qualcuno ti afferra da dietro».

Lasciò la frase in sospeso e io agii, portando indietro la testa per colpirlo al naso e sentendo un rumore sinistro di ossa rotte che lo fece piegare in avanti.

Mi piegai anche io e gli afferrai la gamba, facendolo cadere di schiena sull'erba con violenza. «Tu porta indietro la testa per colpirlo al naso e poi piegati, afferrandogli all'istante una gamba. Lui cadrà come una pera, perdendo l'equilibrio».

Rutenis si rialzò con un balzo e sorrise, non preoccupandosi dei denti sporchi di sangue e l'osso del naso lievemente deviato, cosparso anch'esso di sangue scarlatto. Aveva una faccia felice. «Dio, quanto mi piace il dolore».

Ximena lo guardò schifata, oltre che inquietata, e mi affrettai a spiegare. «I Gheburim amano il dolore, da dare e da ricevere». Spostò lo sguardo su Rutenis e scosse leggermente la testa.

Med la afferrò da dietro esattamente come Rutenis aveva fatto con me pochi minuti prima e ci vollero almeno quindici tentativi prima che Ximena fosse in grado di dimenticarsi dell'affetto che covava nei suoi confronti e si convincesse a colpirlo quanto meglio poteva sul naso.

FatumWhere stories live. Discover now