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«Non capisco perché devo sempre viaggiare con te e mai con qualcun altro». Borbottai, con la fronte aggrottata e le braccia conserte.

Il demoniaccio ghignò. «Perché siamo come Bonnie e Clyde». Sbuffai e lui sorrise di più. «Mi piace l'idea di essere passionali mentre commettiamo qualche omicidio. Veramente eccitante».

Alzai un sopracciglio. «Ma di quali problemi neurologici soffri?».

Rise con tono gutturale e profondo. «Nessuno. L'unica cosa che c'è nella mia testa sei tu». 

Storsi il naso e mi girai ad osservare la strada dal finestrino, odiando l'idea di non potermi sfogare con la velocità perché era lui a guidare, come di comune accordo: una volta lui, una volta io.

Quella stessa mattina avevo scoperto che aveva preso la sfida in maniera seria, nel momento in cui era entrato nella mia camera con la colazione, un vassoio con un pezzo di torta, fragole e una tazza fumante di caffè, il più forte che aveva trovato, aveva detto.

Poi mi aveva accompagnato perfino a fare shopping, mi aveva sistemato la camera e mi aveva lasciato un fiore sulla finestra, per farmelo trovare quando mi sarei svegliata. Assurdo che uno come lui potesse essere capace di ciò.

«Andiamo».

Aveva posteggiato poco distante da un bosco lontano miglia da casa, perché sapevamo di trovare la persona che stavamo cercando. Una delle persone che dovevamo convincere a stare dalla nostra parte, prima che fosse troppo tardi. Ironico il "troppo tardi" da parte di due demoni.

Annuii senza proferire parola e ci incamminano verso il centro, dove gli alberi erano stati tagliati e si trovava uno spiazzale enorme, di erba secca, cespugli spogli e odore di pioggia.

Sembrava quasi stesse per arrivare una tempesta di lì a poco. Poi però l'odore di pioggia sparì e venne sostituito da una puzza particolare, di acqua rancida e muffa, come se un cadavere fosse morto in acqua o peggio.

Peccato che non c'era nessun lago, stagno o pozzanghera lì.

«Oh cazzo-».

Strabuzzai gli occhi quando un mucor, un mostro prevalentemente marino, si mostrò ai nostri occhi, comprese di zanne lunghe e orribilmente grigie. Il suo nome deriva proprio dal latino, il cui significato era muffa umida e marciume. Chissà come mai.

Dantalian imprecò. «Ma tu che cazzo ci fai qui-».

Non riuscì a finire la frase perché il mostro urlò in maniera stridula e iniziò a correre verso di noi.

Era così pesante da far tremare il pavimento, di un blu scuro simile ai fondali marini e con delle macchie verdi di muffa, create dal fatto che usciva dall'acqua senza asciugarsi.

Imprecai sommessamente e ci dividemmo: io corsi a sinistra, lui a destra.

Sfortunatamente il mostro scelse proprio la mia stessa strada, seguendomi come meglio poteva e strillando, come se quasi volesse  dirmi "fermati". Improvvisamente cambiò strategia e saltò su sé stesso, facendo appositamente tremare il suolo tanto da farmi cadere in avanti, impossibilitata a fare altro. Mi ritrovai a terra, con il mostro a qualche metro da me gongolante e soddisfatto di avere una marcia in più rispetto a me.

«Ehi!». Ci voltammo verso Dantalian, posizionato dietro il corpo del mostro marino. «Lei è mia!».

Tuonò verso l'orribile creatura, enorme ma magra, che non era possibile paragonare a nessun tipo di animale normale. Le sue zampe magre, ma con la base ampia e squamosa, e la coda sbatterono sul pavimento, mentre si voltava nuovamente e si avvicinava verso di me come se volesse mangiarmi in un boccone.

FatumWhere stories live. Discover now