5.

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«È stato il viaggio peggiore della mia vita».

Rutenis buttò letteralmente i bagagli all'interno dell'auto che avevano affittato per quel periodo.

Per fortuna, grazie al nostro stile di vita, i soldi non erano e non sarebbero mai stati un problema, o non so come avremmo fatto. Solo il volo era costato la bellezza di mille dollari e passa. Un ulteriore fortuna era stato l'amico di Dantalian, che lavorando in accademia ci aveva gentilmente offerto di dormire nelle molteplici stanze che possedeva, visto che molti alunni non restavano lì per la notte essendo molto indipendenti.

I demoni raramente facevano affidamento, nella vita di tutti i giorni, a qualcuno che non fosse loro stessi, neanche i genitori. Sin dai primi giorni ci si abitua a vivere in solitudine.

Ximena strillò. «Il tuo? Hai reso il mio un inferno!».

«Posso capirti». Fulminai il demoniaccio. «Neanche il mio è stato un viaggio a Rio».

Med sorrise e, come sempre, stemperò le acque. «Salite, forza. Prima mettiamo un punto a tutto...».

Si fermò un attimo dal parlare, issando la grossa valigia di Ximena e inserendola nel bagagliaio. Poi sospirò e si voltò nuovamente. «Meglio è».

Mi sedetti dietro, con Ximena a fianco, Erazm di fronte e accanto a lui Dantalian. Rutenis alla guida e Med al suo fianco, come sempre. L'auto era uno di quei furgoni neri laccati lucidi con i vetri oscurati, che erano soliti usare gli umani più famosi. Dopo circa venti minuti l'auto si fermò in una strada che all'apparenza sembrava normale, piena di edifici e grattacieli, ma tra di essi ne era presente uno in particolare che aveva poco di normale.

Dantalian sembrava nervoso, con le mani che non riuscivano a smettere di muoversi, e lo osservai con attenzione. Non capivo quale fosse il suo problema. «Lasciate prima noi?».

Med si voltò e annuì. «Visto che era a passare era più logico fare così».

Io annuii e scesi dall'auto, con il demoniaccio alle calcagna.

Mi sporsi dal finestrino di Rutenis e lui sorrise divertito. «State attenti, se vi succedesse qualcosa ci manchereste come l'aria». Erazm, dietro di lui, gli diede un colpo alla nuca e come al solito iniziarono a litigare.

Med sbuffò. «Andate, ci penso io. Buona fortuna».

Sorrisi, salutandoli con un lieve gesto del capo, e aspettai che la macchina sparisse dalla strada prima di parlare. «Che diavolo ti succede?». Mi voltai.

Il demoniaccio alzò le spalle incurante. «Ho solo l'ansia che confermi il mio sospetto».

«Sarebbe?».

Attraversai la strada, diretta all'edificio che ci avrebbe portato da Astaroth. Era proprio come un normale edificio, abbastanza alto e nero opaco, ma il graffito disegnato sopra era ciò che le creature infernali ormai riconoscevano come "casa": un grosso serpente, simile anche ad un mostro marino, di colore azzurro e bianco, pieno di squame e artigli, si intrecciava attorno ad esso. La coda andava di pari passo, almeno otticamente parlando, con la scala a chiocciola all'esterno.

Un bellissimo murale per gli umani, un richiamo per noi demoni.

Lui, ormai al mio fianco, sospirò. «Che questo sarà solo l'inizio di un viaggio molto più lungo. E ciò significa più bugie ad Azazel, più uscite allo scoperto per Ximena e-».

«Non mi dire che uno come te ha paura». Mi voltai verso di lui e lo guardai scettica.

Sbuffò. «Non ho paura per me». Mi mostrai confusa e alzò lo sguardo al cielo. «Per quanto ti possa sembrare una cazzata, le morti innocenti non fanno per me. Non voglio mettere in pericolo tutti voi per una come Ximena, nulla da dire a lei, che me ne venga».

FatumWhere stories live. Discover now