16.

13.1K 654 244
                                    

Avevo scoperto che mentire ad Erazm, malgrado tutto dentro di me mi spingesse a raccontargli ogni cosa, era più difficile di quello che credevo. E lo stesso valeva per Ximena, che doveva mentire a Rut, con cui pareva aver rafforzato il rapporto con il tempo.

Non erano frequentanti, però amici sì.

Come me e Dantalian la cui tregua, fino ad ora, andava bene: non eravamo amici, ma neanche nemici.

Med, durante la colazione, spostò lo sguardo su di me e sul demoniaccio. «Com'è stato essere davanti al re degli animali?».

Il demoniaccio bussò nella mia mente, tirandomi un pensiero. Sono delle spine nel culo.

Mi trattenni dal ridere e presi un pezzo di pancake, guarnito dallo sciroppo d'acero. «Spaventoso. È proprio come lo descrivono: alto, possente e minaccioso».

Rut ghignò. «Mai quanto me».

«Quindi in sostanza vi ha detto che è venuto a sapere della battaglia, visto che all'inferno non si parla d'altro, e che sarà dalla nostra parte?». Med bevve un sorso del suo caffè, puntandomi con il sguardo.

Troppe domande. Troppo interesse. Nella mia mente era scattato un allarme, ma annuii come se niente fosse. «Come Cola Pesce. Immagino che sappiano che vinceremo noi».

Erazm si stiracchiò, alzando le braccia sopra la testa e liberando un lembo della sua pelle marmorea, con lo sguardo di Med che saettava in quel punto.

«Ovvio che vinceremo. Chiunque sia il nemico, non avrà scampo».

Annuii. «E chiunque si schiererà con lui morirà tra le mie mani». Una minaccia non faceva mai male.

Ximena mi osservò con affetto, come a dire "grazie" in modo indiretto, e poi guardò Rut con pena, o forse sofferenza.

Soffriva nel dovergli mentire tanto quanto soffrivo io con Erazm, mi sentivo in colpa come se lo stesso tradendo. Eppure ero sicura che avrebbe capito, perché se Lorkhan ci aveva detto di non dirlo a nessun altro era perché nessun altro doveva saperlo. Perché era essenziale. Avevo fiducia nelle direttive di persone più potenti di noi, come lui o Astaroth. Azazel sembrava sparito, ma non era una novità.

«Non credo di avervi mai ringraziato, ma grazie. So che siete stati obbligati da mio padre e avreste potuto odiarmi, ma non l'avete fatto».

Rut le tirò un pezzo di biscotto. «Io ti odio». Ghignò. Lei gli fece il dito medio.

«Non hai colpe tu. Siamo tutte vittime qui dentro». Sorrisi, pur essendo una frecciatina ben mirata alla spia che sapevo fosse tra di noi. «Il carnefice è solo uno. E lo troveremo, costi quel che costi».

All'interno dello sguardo di Erazm emerse un luccichio divertito e annuì.

Dantalian mi osservò senza una particolare espressione, Rut annuiva e Med sorrise. Un sorriso gelido.

Cominciavo a non fidarmi di lui.

«È solo questione di tempo, Arya». Assunse la solita espressione allegra.

Concordai con lui. «Questione di tempo».

«Comunque...». Cantilenò Erazm e questo bastò a farmi drizzare tutti i peli del corpo. «State seduti qui perché ho una cosa da farvi vedere!».

Corse fuori dalla cucina, lo sentii aprire il portone per ringraziare qualcuno e poi richiuderlo con un tonfo troppo forte. Tornò dentro con una scatola tra le mani, simile a quelle delle bakery che c'erano in tutta la città.

Strabuzzai gli occhi. «Non hai osato-».

La posò sul tavolo, sotto lo sguardo confuso di tutti, e uscì una torta red velvet, quella classica, per poi poggiarmela di fronte. C'era poggiata sopra, sulla spumosa crema bianca, un'etichetta fatta di qualcosa di simile alla pasta di zucchero, presumevo commestibile, con scritta una frase sopra.

FatumWhere stories live. Discover now