18.

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Oggi mi ero svegliata con un diavolo per capello, letteralmente.

La rabbia per ciò che era successo ieri, per Ade, per i Moloch e per Dantalian mi aveva bruciato dentro tutta la notte e adesso non riuscivo più a spegnerla. Dovevo prendermela con qualcuno e quel qualcuno sarebbe stato Med.

Avevo bisogno di sapere e di zittire quella vocina odiosa che mi sussurrava sempre cose brutte quando stavo con lui.

Non ci avevo messo neanche cinque minuti a salire le scale per andare in camera sua, ma prima mi ero accertata che Erazm non fosse in casa, che Rut stesse addestrando Ximena e che Dantalian fosse molto impegnato a vivere una videochiamata di stampo antico con suo padre.

Spalancai la porta, trovandolo appeso ad una sbarra di ferro per allenarsi, a petto nudo.

Quando mi vede sorrise gentile. «Chi sei?».

Aggrottò la fronte e scese con un balzo. «Arya?».

«Chi sei veramente?». Avanzai di un passo con sguardo gelido, quello che avevo imparato dal principe guerriero. «Chi c'è davvero dietro la tua facciata da bravo e innocente ragazzo?».

Non cambiò la sua espressione gentile. «Non so di cosa parli».

Sorrisi acidamente. «Ade ti manda i suoi più egregi saluti».

Inspirò, strabuzzando gli occhi. Beccato. «Arya, era il mio compito-».

«Il tuo compito? Davvero?». Tuonai. «Ci avresti veramente lasciato morire! Ximena, la tua amica, io, Erazm, il tuo fidanzato! Anche Rut, tuo fratello, potrebbe morire!».

Alzò le mani. «Non avrei mai lasciato che succedesse!».

«Certo e cosa avresti fatto?». Ringhiai. «Ti saresti messo contro di lui e ci avresti difeso?».

Si mostrò confuso. «Contro di lui?».

Storse il naso. «L'ultima cosa che vuole Ade è vedervi morti. Lui desidera solo la pace, per quanto strano possa sembrare».

«Ade?». Stavolta fui io ad aggrottare la fronte.

«Aspetta-».

Annuì. «Ade, il mio capo, e Dio degli inferi». Assunse un espressione divertita.

«È lui il tuo capo?».

«Certo». Era incerto e confuso.

Buttai fuori un sospiro a metà tra il sollievo e la frustrazione. Non era neanche lui la spia. «Allora chi sei? Non capisco. Pensavo fossi sotto comando di Azazel».

Sorrise. «È ciò che crede. Forse dovrei presentarmi per chi sono davvero-».

Fece un inchino ironico e si avvicinò. «Il mio vero nome è Diomede, in greco antico Diomedes, e sono uno dei principali eroi achei della guerra di Troia e guerriero valorissimo».

Emisi un verso sorpreso. «Wow. Dovrei inchinarmi al tuo cospetto o qualcosa del genere?».

Rise. «No, Arya. Siamo amici».

«Allora non sei un demone? Per questo non hai il naso speciale o altre abilità, ma combatti solo con il tuo corpo?».

Sorrise. «Sì».

Annuì. «Allora di cosa parlavi poco fa, quando hai detto che era il tuo compito?».

Sospirò tristemente. «Ho mentito a tutti: sapevo già della realtà della battaglia, che fosse in realtà uno degli armageddon e non un semplice torto personale ad Azazel e a sua figlia. Sono stato mandato da Ade per controllare che tutto andasse secondo i piani, ma la vera natura di Xim ha sorpreso anche noi, non lo sapevamo. E ho fallito, perché Lorkhan vi ha avvisato e io non ho avvisato Ade, quindi verrò punito». Sorrise debolmente. «Ma va bene così. Non volevo mettervi in pericolo».

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