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Canzone consigliata:
Moon - Sleeping At Last

Non avevo mai perso neanche un secondo della mia vita a pensare a come sarei morta.

Forse perché la morte per una creatura infernale o divina era inconcepibile, perché la morte spesso sembrava solo uno dei tanti limiti umani. Invece era l'unica cosa che ci accomunava tutti, ogni creatura esistente a questo mondo, come neanche il cuore sapeva fare.

Il cuore anatomico accomunava gli umani, i demoni, gli animali e le divinità, ma la morte, la morte ci rendeva perfino simili alle piante. Ogni cosa nasceva in questa vita e allo stesso modo prima o poi moriva. Toccava a tutti, nessuno escluso.

Eppure sacrificarsi per chi si amava rendeva la morte meno amara, più umana di quanto già non fosse, seppur comunque crudele. Morire per uno scopo, qualunque esso fosse, sembrava dare un senso ad ogni passo che avevamo fatto nella nostra vita, ad ogni sorriso, ad ogni amore, ad ogni abbraccio, ad ogni lacrima.

Tutto cominciava e tutto finiva, questa era sempre stata la mia unica paura ed ammetterlo adesso, che stava succedendo, era come dover ingoiare mille particelle di vetro che andavano a conficcarsi nelle mie corde vocali e mi rendevano impossibile parlare.

Baal si piegò nuovamente sulle ginocchia per potermi guardare. «Sei pronta a morire, Arya?».

Quella parola, così vicina al mio nome, mi fece fremere di paura.

Io avevo paura.

Mi costrinsi ad abbassare il volto, con i capelli neri e viola che mi coprivano dalla sua vista curiosa e crudele.

Quando una singola lacrima, calda in confronto al freddo gelato che si era posato sulla mia pelle, solcò il mio viso, scivolando sulla mia guancia sicuramente ancora rossa, sorrisi.

Sorrisi perché adesso ne avevo la conferma.

Era la fine, la mia fine.

Non avrei più visto il sole sorgere, non avrei più sentito l'odore del caffè che mi preparava il mio demoniaccio ogni mattina, non avrei più fatto lunghe passeggiate nel bosco, non avrei più sentito il calore dell'abbraccio di Erazm, non avremmo più fatto a gara su chi fosse più veloce, non avrei più aiutato Ximena a vestirsi con cose che la valorizzavano, non le avrei più potuto dare consigli d'amore pur non avendolo mai vissuto, non avrei più litigato con Rut, ma sotto sotto sorriso per le verità che ci eravamo scambiati con fiducia, per essere così simili, e non avrei mai più cantato John Mayer con Med ed Erazm.

Non avrei più sentito il gusto della mia torta preferita portata da un demone incaricato da mio padre il giorno del mio compleanno, non avrei più potuto godere dell'entusiasmo di Nike ogni volta che tornavo a casa, non avrei più potuto fare l'albero di Natale.

Non avrei mai vissuto la sensazione di avere una famiglia e non avrei mai più giocato con la neve come amavo fare nelle giornate in cui quello spettacolo innevava ogni cosa.

La fine sapeva essere crudele come l'ultimo battito di ciglia che il tempo ci concede.

Sbattei le palpebre per tornare in me e alzai lo sguardo lucido su di lui, che mi osservò sbigottito, forse sorpreso dal sorriso che malgrado tutto mi curvava le labbra. «Sai di quel film di cui parlavi all'inizio, la carneficina hollywoodiana?».

FatumWhere stories live. Discover now