15.

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Avevo già detto quanto odiavo i viaggi a fianco del dannato demoniaccio?

Sicuramente, ma non mi sarei mai stancata di dirlo, come lui non si sarebbe mai stancato di darmi fastidio. Trentaquattro ore di torture infernali erano niente in confronto.

«Vuoi smetterla?!». Tuonai, schiaffeggiando la sua mano per la millesima volta.

Ovviamente tornò alla carica poco dopo, attorcigliandosi i miei capelli sul dito, occupato ad osservare il punto in cui il viola si univa al nero.

«Che c'è? Alle donne piace quando noi uomini vi tocchiamo i capelli».

Lo fulminai. «Non a me». Lo spinsi con forza e finalmente si distaccò. «To-gli-ti».

«O-k-ay». Sorrise sghembo.

Alzai gli occhi al cielo mentre lui alzava il braccio per chiamare un taxi, che però non arrivava mai. Mi ritrovai a perdere la pazienza dopo dieci minuti di attesa e decisi di reagire.
«Guarda come si fa a farlo arrivare subito».

Lo spinsi indietro, cercando di non farlo sembrare in coppia con me, e mi abbassai la maglia nera aderente per evidenziare il mio seno, non troppo prosperoso ma che richiamava un certo tipo di attenzione se desideravo riceverle.

Dopo neanche due minuti un taxi si fermò di botto al lato della strada, dal finestrino si sporse un uomo tipicamente spagnolo, con i baffi, la barba ispida e i capelli brizzolati. «Mi dica dove desidera andare, signorina, e la porterò dove vuole».

Più che parlare con me sembrava stesse parlando con le mie tette, visto il suo sguardo fisso solo su di loro.

Mi abbassai, piegando le ginocchia, fino ad incontrare il suo sguardo ammiccante e sorrisi.

«Gradirei la tua attenzione più su, ma d'altronde ho evidenziato le mie tette solo per questo. O stronzo come sei non ti saresti mai fermato».

Il mio sorriso si trasformò nel più inquietante in meno di due secondi e i suoi occhi salirono al mio viso immediatamente.

Entrammo in auto, sedendoci sui scuri sedili morbidi, e la sua voce tremò un po' quando fu costretto a chiederci la via. Sorrisi nello stesso modo di prima.

«Portaci ad Ochate, per favore. Tranquillo, non ti farò del male se tu non ne farai a me, neanche con i tuoi sguardi lascivi».

Incontrò il mio sguardo dallo specchietto retrovisore. «M-ma è una città disabitata, io non-».

«Hai sentito quello che ha detto mia moglie o sei sordo?». Ringhiò Dantalian. «Portaci-ad-Ochate».

Il taxista annuì freneticamente, intimorito da quel mio gesto chiaramente poco umano, e dal fisico più che possente dell'uomo al mio fianco.

Effettivamente incuteva molta paura, con le sue spalle grandi, le mani sempre nascoste nella giacca di pelle, gli stivali che lo differenziavano da tutti gli altri ragazzi e lo sguardo gelido, proprio come il colore dei suoi occhi color ghiaccio. Tutto in lui urlava la sua forza bruta e il suo potere.

Se si fosse scritto "principe guerriero" in fronte forse avrebbe fatto meno paura di ciò che suscitava senza alcun indizio.

Dopo una mezz'ora scarsa arrivammo all'entrata della città, il pallido grigiore era ovunque e la natura si era ripresa la maggior parte degli edifici.

Sembrava un luogo post apocalittico con l'odore di pioggia nell'aria e la cupa tristezza che ti assaliva nel guardarla.

Mi schiarii la voce. «Grazie mille».

FatumWhere stories live. Discover now