22.

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«Ti ho detto che gli ho messo solo del brodo!». Rut si voltò esasperato verso di me.

Allungai il collo verso la ciotola di plastica nera piena di minestra, stranamente gialla. «Allora perché diavolo è gialla?». Ringhiai.

Alzò le spalle. «Che vuoi che ne sappia? Assaggia. Non sarà una minestra a ucciderti!».

Sospirai con esasperazione, desiderando poter unire le mani sul suo collo e strangolarlo. Presi un po' di brodo con il cucchiaio e lo assaggiai.

Poi mi voltai nuovamente verso di lui e gli diedi uno schiaffo sul retro del collo. «Hai scambiato il pollo normale con quello alla curcuma».

Sbuffò. «Non ho mai fatto la chicken soup okay? Potevi farla tu!».

«È da giorni che la cucino!». Urlai. «Scusami se credevo di poterla affidare a te mentre andavo a farmi una doccia rilassante!».

Mi fulminò. «Hai sbagliato eccome, mi hai scambiato per Med per caso? Non sono una nonna come lui, non so cucinare». Esasperato, prese una cucchiaiata della zuppa mista a minestra. «È buono, qual è il problema allora?».

Assottigliai lo sguardo. «Che non so se gli piace la curcuma!».

«Ma è praticamente in coma!». Tuonò. «Cosa vuoi che ne capisca? Potresti dargli della merda e per lui sarebbe comunque cioccolato!».

Med entrò in camera, avvicinandosi a noi con due sole lunghe falcate, e si posò le mani sui fianchi con la fronte aggrottata. «Qual è il problema?».

«Ha fatto la chicken soup con il pollo alla curcuma!».

«Crede che io sia una nonnina che sa cucinare la chicken soup alla perfezione!».

Entrambi ci dedicammo un occhiataccia, mentre Med scuoteva la testa. «Siete proprio due bambini. E le vostre urla stanno disturbando il nostro bello addormentato».

Sbuffai. «Ha fatto la chicken soup con il pollo alla curcuma». Denigrai Rut.

Lui girò la testa verso di me e strabuzzò gli occhi. «Ancora?!». Ringhiò.

Gli sorrisi, pronta a insultarlo. «A m-me piace la c-urc-uma». Mi irrigidii, portando lo sguardo sul letto, in particolare sul corpo massiccio steso su di esso.

«Dantalian?». Sussurrai, avvicinandomi lentamente, quasi temendo fosse un sogno.

Il suo solito sorrisetto impertinente gli allargò le labbra. «So che ti sono mancato».

Rut ridacchiò. «Ad ogni modo la curcuma gli piace, quindi il mio lavoro qui è finito». Ghignò e sparì in fretta nel corridoio.

Accarezzai i capelli di Dantalian, come se non l'avessi fatto maniacalmente in tutti quei giorni, e presi la zuppa con il cucchiaio all'interno. «Ce la fai a mangiare da solo?».

Si tirò su fino a poggiare la schiena sulla testiera del letto. «Sì, mi sento molto bene. Solo un poco più accaldato del solito».

«Direi». Aggrottai la fronte. «Hai avuto la febbre alta fino a ieri mattina».

Prese una cucchiaiata di brodo e sembrò soddisfatto del sapore. «Da quanto sono in questo stato?».

«Una settimana all'incirca».

Strabuzzò gli occhi. «Ci ho messo un bel po' a guarire».

«Senza il mio sangue ci avresti messo il doppio». Mi schiarii la voce anche se non ne avevo bisogno.

Mi osservò criptico. «Mi hai dato il tuo sangue?».
Annuii. «Questo significa che adesso siamo-».

Sospirai. «Legati più di prima, sì». Mi raccolsi i capelli in una coda bassa. «Il ponte che ci collega si è riparato. Adesso è-». Inspirai. «Stabile».

FatumWhere stories live. Discover now