Capitolo nono

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Quando mi sveglio la stanza è rischiarata dalla luce del giorno che entra dalla grande finestra. Deve essere molto tardi. Do un’occhiata all’orologio sul comodino, sono le 10:07. Sono sola nel letto, ma sento del rumore provenire dal bagno. Forse Christian si sta facendo la doccia o la barba. Aspetterò che esca per alzarmi. Mi allungo nel letto per ridare vita ai muscoli delle braccia e delle gambe, sono a letto da troppe ore e sono intorpidita. Non vedo l’ora di fare una doccia rigenerante. Il mio sguardo vaga verso la parete di vetro. Siamo in alto, come isolati in cima al mondo, in quest’attico elegantissimo ed enorme. Tutto è lontano da qui.

D’un tratto, mi accorgo che Christian è di fronte a me, vicino al letto. Mi sorride. Ero talmente immersa nei miei pensieri che non mi sono neanche accorta che è uscito dal bagno. Ha un asciugamani allacciato alla vita, sul torace luccicano le goccioline d’acqua, i capelli bagnati. E mi sorride. È così bello che resto senza parole, ma avverto una specie di fremito in tutto il corpo. Ha ragione: l’attrazione che proviamo l’una per l’altro è qualcosa che non possiamo contrastare. Mi si avvicina, mi accarezza la guancia fino al mento, fa scivolare il pollice sul mio labbro inferiore.

Oh, mio Dio.

Mi sento come paralizzata dal suo tocco e alla vista del suo corpo seducente seminudo così vicino al mio.

Non mi ero accorta di trattenere il fiato. Faccio un respiro profondo, mentre scuoto la testa per riprendermi.

«Buongiorno, Ana. Ho aspettato a letto il più possibile perché volevo rimanere con te, ma è tardi. Non hai fame? Vado a prepararti qualcosa?»

Mi alzo e ci ritroviamo di fronte. Indosso una sua maglietta che mi copre appena il sedere, la tiro verso il basso.

«Buongiorno a te. Ad essere sincera, ho un po’ di fame, ma prima voglio fare una doccia veloce.»

Anche perché voglio allontanarmi subito da lui finché sono in grado di controllare l’impulso di saltargli addosso.

Ma che mi sta succedendo? Non ricordo di aver mai provato un tale desiderio per un uomo.

«Ok. Ti aspetto in cucina. Ah, nella cabina armadio ci sono i tuoi vestiti.» Mi rivolge un sorriso disarmante.

«Grazie, ti raggiungo presto.» Gli sorrido anch’io.

Uscita dalla doccia, entro nella cabina armadio. Mi assale lo sconforto a vedere quello smisurato guardaroba, contiene abiti maschili, da una parte, e femminili, dall’altra. Nell’imbarazzo della scelta opto per qualcosa di semplice, un paio di jeans e una camicetta azzurra, così mi sento più a mio agio che non con qualche vestito elegante. Non riesco a credere che tutti questi indumenti siano miei, così formali, di stilisti costosissimi. Io sono una ragazza da jeans e maglietta. Non mi riconosco in tutto questo lusso. Faccio un profondo respiro per darmi coraggio per affrontare una nuova giornata con Christian Grey, con questo marito di cui non  mi ricordo. E mi avvio verso la cucina.

Mi fermo sulla soglia ad osservare quello che sta succedendo al di là del bancone: un Christian un po’ confuso sta armeggiando con una padella e un cucchiaio di legno per friggere le uova e il bacon. Sul piano di lavoro sembra essere passato un tifone che vi ha disseminato piatti, posate, ciotole, gusci d’uova e forse tutto ciò che è contenuto nelle credenze di questa cucina. Non si è ancora accorto della mia presenza e mi soffermo ancora un po’. È così concentrato, ce la sta mettendo tutta, ma è evidente che non è il suo ambiente, ma nonostante tutto si muove con eleganza. Mi avvicino con l’intenzione di aiutarlo.

Appena si accorge della mia presenza, mi rivolge un sorriso che mi fa accelerare il battito cardiaco e mi fa arrossire, sento le guance in fiamme.

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now