Capitolo venticinquesimo

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Ana è sempre più spaventata, forse è meglio che la svegli... tanto ormai è fatta. Faccio un profondo respiro e mi decido.

«Ana, svegliati. Ana, è solo un sogno...» Le premo leggermente la mano su un braccio e lentamente si risveglia, sulle labbra, appena udibile, il mio nome: «Christian...»

«Ana, sono qui...» Le accarezzo una guancia con la punta delle dita. Il terrore opprime la mia mente, ho paura per come reagirà, ho paura che possa provocarle uno shock da cui potrebbe non riprendersi più. Ha riaperto gli occhi e mi guarda.

«Christian...?»

Poi come se si fosse ricordata qualcosa, di scatto perlustra con lo sguardo la stanza, debolmente illuminata dalle luci della città.

«Ana, sono qui, siamo nella nostra camera... non aver paura... ci sono io qui con te.»

Il suo sguardo ritorna a me, gli occhi ancora velati dalla paura... paura di me? Continuo ad accarezzarla, stavolta su una tempia.

«Piccola...»

«Christian... ho fatto uno strano sogno.» Alla paura si aggiunge la confusione.

«Vuoi raccontarmelo?» Chiedo dolcemente.

«Che c'è?... Hai paura?» Mi chiede studiando il mio volto.

Ma come fai a leggermi dentro in maniera così chiara? Dio! Devo mascherare ciò che provo, non posso lasciare che si accorga di quanto io sia spaventato.

«Paura? Io? No, sono preoccupato per te: eri molto agitata nel sonno...»

«C'eri anche tu... nel sogno c'eri anche tu.» Le faccio un cenno con il capo incoraggiandola ad andare avanti.

«Eravamo entrambi in una stanza con le pareti tutte rosse, una luce tenue, di fronte a me una croce di legno scuro e lucido, un campionario di fruste, frustini, poi... catene, manette, corde che pendevano dal soffitto...»

Si interrompe un attimo e studia il mio sguardo.

Cazzo! Con la capacità che ha di riconoscere ogni mia emozione e ogni mio pensiero... devo sfoggiare una delle mie migliori espressioni impassibili. Spero di riuscirci.

«Mobili in legno scuro e un enorme letto a baldacchino da cui pendevano altre catene... ovunque dominava il colore rosso...» Si blocca, non riesce a continuare. Sembra abbastanza scioccata.

«Ehi, piccola, è solo un sogno.»

«Eppure sembrava così reale...»

«E io cosa facevo?»

«Te ne stavi a guardarmi con una di quelle tue espressioni imperscrutabili... come stai facendo anche adesso...»

Merda!

«E poi cosa è successo?»

«Ho fatto un giro per la stanza... e tu mi sei venuto dietro, mi sono avvicinata ad uno degli strani attrezzi e tu mi hai detto che era un... un... flagellatore... sì, flagellatore. Mai visto prima in vita mia.»

«E poi?»

«E poi tu mi hai ordinato di dire qualcosa e io ho ti ho chiesto: "Sei tu a fare questo agli altri o sono gli altri a farlo a te?"»

«Fare cosa?»

«In quella stanza rossa...  la stanza rossa delle torture... nel sogno ero convinta che tu la usassi per praticare sesso sadomaso...»

«E io cosa ti ho risposto?»

«Mi hai detto che lo fai alle donne che lo desiderano...»

«E tu hai chiesto che cosa ci facevi in quel posto...»

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now