Capitolo 34

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Mi sveglio alle sette con un cerchio alla testa, vado in bagno e lo specchio mi rimanda la mia immagine: sono molto pallida, i segni neri delle occhiaie rendono il mio aspetto ancora più tetro. Stanotte, dopo che Christian è andato via, mi sono riaddormentata piangendo, ho dormito così male, credo di aver avuto anche degli incubi che non ricordo. Come un automa, faccio tutto ciò che devo prima di andare in ufficio: dopo la doccia, mi vesto e mi trucco in modo da nascondere al meglio le occhiaie, ma non è semplice; poi la colazione e pochi convenevoli con Mrs. Jones, mi muovo meccanicamente per casa e poi anche in ufficio, interagisco solo lo stretto indispensabile con i miei colleghi. Per fortuna la revisione di alcuni passi del romanzo di Matt mi distrae per un po' dalla tristezza che mi sento addosso: la visita inaspettata di Christian o... forse l'averlo mandato via, vedere il suo viso bellissimo in quella espressione di delusione e dolore... è così difficile!

Sono pronta ad uscire di casa quando sento il miagolio del nostro Fifty, povero micio, sente la mancanza di Christian, lui giocava con lui, lo coccolava. Io, invece, spesso mi dimentico di lui, un po' perché non posso avvicinarlo più di tanto, un po' perché spesso Gail lo porta con sé nell'ala dell'appartamento che condivide con Taylor, lo fa sempre il sabato e la domenica. Mrs. Jones, quando si accorge che lo sto osservando con preoccupazione, mi informa che sta bene che ha fatto una visita dal veterinario e il richiamo del vaccino. Mi dice che Mr. Grey, non lo ha potuto accompagnare personalmente, però ha seguito passo passo tutta la trafila, interessandosi che si facesse il meglio per il gattino. Un'altra dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, della grandezza d'animo di Christian. Ogni giorno mi rendo conto sempre più di che uomo meraviglioso sia.

La giornata è volata e adesso sono già a casa, è l'ora della telefonata di Christian. Non che avessimo stabilito un orario fisso, ma mi ha sempre chiamato intorno alle sette di sera.

Devo chiamarlo io questa volta? Sarà così arrabbiato da non volermi più sentire? Si aspetta delle scuse? Invece di stare a cercare di immaginare come possa sentirsi Christian, analizzo il mio stato d'animo. Mi sento in colpa per averlo mandato via, senza neanche chiedergli una vera spiegazione. Non sono pentita di averglielo detto, piuttosto del modo in cui gliel'ho detto.

Basta! Non posso più aspettare. Lo chiamo io.

È occupato. Riprovo immediatamente. Ancora occupato. Riprovo ancora e finalmente è libero.

«Ana! Ti ho appena telefonato, era occupato.»

«Perché ti stavo chiamando.» Un attimo di silenzio per renderci conto che abbiamo deciso di sentirci nello stesso momento.

«Come stai?» La mia domanda è preoccupata.

«Meglio, ora che sento la tua voce... E tu?»

«Anch'io.» Il magone mi attanaglia la gola al pensiero che siamo stati male tutti e due.

«Mi dispiace.» Lo diciamo entrambi nello stesso istante e poi silenzio.

«Christian, non avrei dovuto mandarti via in quel modo. Sono stata così dura.»

«E io non sarei dovuto venire, entrando di soppiatto in camera e facendoti spaventare. Mi sono dato del coglione per tutta la notte e per tutto il giorno. Non ho più preso sonno.»

«Neanch'io ho dormito bene.» Osservo travolta dall'ondata di emozioni che provo all'idea di quanto l'ho fatto soffrire. Ancora un lungo silenzio.

«Ana, farò tutto quello che vuoi tu, non prenderò mai più iniziative come quella della notte passata. Ma...» sento un profondo sospiro dall'altro capo del telefono. «... Ma solo... ma vorrei sapere se sarà per un breve periodo... non posso pensare di dover stare senza di te per sempre o per tanto tempo ancora...» Sta quasi singhiozzando. Come devo fare? Come posso fare a dirgli che ho ancora bisogno di stare da sola, senza ferirlo più di quanto non sia già?

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now