Capitolo ventitreesimo

3.6K 85 21
                                    

In ospedale troviamo mio padre nella sua stanza, sta leggendo la pagina sportiva. È su una sedia a rotelle, ma mi ha mostrato come cammina con le stampelle. È in forma, nonostante il gesso, e di buon umore. Christian mi aveva detto che stava bene ma finché non l'ho visto non sono riuscita a tranquillizzarmi del tutto. Appena mi vede mi abbraccia stretta, cosa insolita per lui che è abbastanza schivo e riservato, ma questa volta il pensiero del pericolo che ho corso lo ha commosso al punto di fargli venire le lacrime agli occhi.

«Oh, Annie, piccola mia...» Esclama con voce rotta dall'emozione.

«Papà!...» Non riesco a dire altro, anch'io do sfogo al pianto, un pianto liberatorio con il quale mi alleggerisco di tutta la tensione e la preoccupazione per le sue condizioni.

Ad questo punto Christian esce per andare a parlare con la madre, ma sospetto che l'abbia fatto per lasciarci soli.

Ray mi passa le mani sulle spalle, sulle braccia come per accertarsi che io stia davvero bene fisicamente, quindi mi prende il viso tra le mani e scruta nei miei occhi.

«Come stai, Annie?» È apprensivo.

«Sto bene, papà. E tu?»

«Sono in forma, davvero... solo non vedo l'ora che mi tolgano l'ingessatura...» Gli rivolgo uno sguardo di solidarietà.

«Ma ora che ti vedo sto davvero meglio: sono stato molto in pensiero per te. Come... tu... hai ricordato qualcosa?» Esita, non sa se sta facendo bene a chiedermi una cosa del genere.

«Sono riaffiorati dei ricordi, fatti di poca importanza, ma sono un segno di ripresa, Christian è così contento ogni volta che mi ricordo qualcosa.»

«E lui come sta?»

«È sempre così in ansia per me, è ossessionato dalla mia sicurezza...»

«Tuo marito è un uomo generoso e ti ama moltissimo... quando mi ha chiesto la tua mano...»

«Ti ha chiesto la mia mano? Un gesto d'altri tempi.»

«Sì, l'ha fatto. È stata una mazzata per me: tu sei così giovane. Ho voluto discuterne con te prima di acconsentire, e tu sai come mi hai risposto?... mi hai detto "Lui ama me, io amo lui; non ci sarà mai nessun altro per me" e alla fine hai aggiunto: "lui è il mio e vissero felici e contenti"...» Sento un nodo alla gola a sentire quelle parole, anche Ray mi sta dicendo che ero tanto innamorata di Christian.

Poi mi racconta come trascorre le sue giornate, che ha fatto amicizia con un altro paziente con il quale guarda il baseball in televisione dal momento che tifano per la stessa squadra.

Quando torna a parlarmi di Christian, mi consiglia di trattarlo bene perché è un bravo ragazzo e ribadisce che mi ama moltissimo; ha aggiunto che mio marito sta sostenendo tutte le spese per la sua degenza, compresa la camera singola con tutti i comfort. Sarei rimasta con lui per il resto della giornata, se non fosse stata l'ora del giro di visite e se Ray non mi avesse detto che dopo doveva fare il suo abituale riposino. Ci siamo abbracciati di nuovo e dopo avermi dato un bacio sulla fronte ci siamo salutati con la promessa da parte mia di riguardarmi e di andare a trovarlo prima possibile. Così Christian e io torniamo a casa. Quando usciamo dall'ospedale, piove, è un acquazzone di quelli con tuoni e fulmini, perciò dobbiamo fare una corsa per arrivate al suv sul quale ci aspetta Taylor che per fortuna è in sosta a pochi metri dall'uscita. Appena il tempo di sederci e allacciare le cinture che la pioggia diventa ancora più forte e batte incessante sul parabrezza dove il tergicristalli alla massima velocità non riesce a riceverla. Mi sembra che sia passato un secolo dall'ultima volta che ho visto un temporale come questo. Mentre Taylor si è inserito nel flusso di macchine per condurci a casa, Christian, voltato verso di me, si sporge in avanti e, dopo aver scostato i miei capelli, con un fazzoletto di stoffa asciuga le gocce di pioggia dal mio viso. Mi tratta come se fossi uno di quegli oggetti preziosi in cristallo sottilissimo che si frantumano per un nonnulla, posa con estrema delicatezza il fazzoletto su un tratto della mia pelle, poi come una carezza continua finché non è certo che non ci sia più neanche una goccia. E io... io sono talmente ipnotizzata da quei suoi gesti lenti, misurati, pieni d'amore che mi dimentico di tutto eccetto noi due, eccetto la sua dedizione, il suo amore, la sua adorazione per me. Restiamo occhi negli occhi, i suoi emanano una luce così intensa e brillante che sembrano riflettere il colore del cielo in tempesta.

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now