Capitolo 49

2.8K 75 10
                                    

Siamo stati in ospedale dove mia madre ci ha assistiti durante la visita neurologica. Il dottor Barret ha sottoposto Ana ad un controllo molto scrupoloso e attento, le ha posto delle domande sul suo stato di salute e in conclusione ha sentenziato che è sana come un pesce. Ad una mia domanda ha risposto che il recupero della memoria è di solito definitivo e che non dobbiamo temere che ritorni l'amnesia. Quando siamo usciti dall'ambulatorio, ci siamo intrattenuti per qualche minuto con mia madre che non la smetteva di abbracciare Ana, per tutto il tempo le ha tenuto la mano mentre continuava a ripetere quanto fosse felice. L'abbiamo informata della nostra intenzione di partire per l'Italia ed è evidente che la notizia le ha fatto molto piacere soprattutto perché pensa che per me sia un bene staccarmi dal lavoro e divertirmi, anche se le mancheremo. Però prima di lasciarci andare ci ha fatto promettere che sabato sera saremmo andati a cena a Bellevue per festeggiare sia la guarigione di Anastasia sia la nostra partenza. Poi siamo andati a lavoro e ora che sono le 18,13 stiamo facendo ritorno a casa. Siamo seduti sul sedile posteriore, un po' distanti per via delle cinture rigorosamente allacciate; in effetti Ana avrebbe voluto venirsi a sedere sulle mie ginocchia e Dio solo sa quanto mi sarebbe piaciuto stringerla tra le braccia, ma non gliel'ho potuto permettere. Non può mettere a repentaglio l'incolumità sua e di mio figlio. In questo momento mi sta guardando di traverso facendo il broncio, le sorrido divertito e le stringo la mano, col solo movimento delle labbra le dico "Ti amo" e lei si addolcisce, ma ho la netta sensazione che stia escogitando qualcosa. Per il resto del tempo restiamo in silenzio fino all'arrivo nel parcheggio all'Escala. Entrati nell'ascensore, si adagia sul mio petto e io la circondo con le braccia, mentre insinuo il viso tra i suoi capelli inspirando a fondo.

«Hai cominciato a preparare la valigia?»

«La valigia? Mancano ancora quattro giorni alla partenza, c'è tutto il tempo.»

«Possiamo chiedere a Gail di farlo per te e per me.»

«No. Sono perfettamente capace di farlo da sola.»

«Ok.»

«Ok?»

«Sì, ok!»

«Non ci posso credere che tu me la abbia data vinta così facilmente!»

«Ci devi credere e ti conviene cominciare a farci l'abitudine perché d'ora in avanti sarò un uomo nuovo.»

«Ma io non voglio un uomo nuovo. Io voglio il mio Christian.» Mi rivolge un sorriso malizioso.

«A che cosa dobbiamo quel sorrisetto, Mrs. Grey?»

«Sorrisetto? Che sorrisetto?»

«Non fingere di non capire, furbetta.»

«Ma io non sto fingendo.»

Arrivati nel nostro appartamento, Gail ci informa che la cena sarà pronta appena vogliamo, ma insieme ad Ana decidiamo di rimandare di un'ora circa e per richiesta di mia moglie ci spostiamo nella stanza della televisione e, mentre prendiamo posto sul divano, mi torna in mente qualcosa che intendo farle sapere. Mi scuso con lei, vado nel salone e torno rapidamente da lei. Mi siedo al suo fianco e le porgo una copia del Seattle Times.

«Forse ti interesserà leggere un certo articolo che si trova a pagina otto.»

«Di cosa si tratta?»

«Guarda.»

Appena si rende conto di cosa sto parlando cambia espressione: non saprei se sia più infastidita o divertita mentre comincia a leggere un articolo su di noi, sulla nostra pubblica manifestazione d'affetto di ieri pomeriggio. Si stringe a me e comincia a leggere ad alta voce.

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now