10 - Irrealtà

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Sanem

"Sanem? Cosa succede?"
Alla domanda di Can sento tornare a crescere quella rabbia cieca che mi soffoca  da quando mi sono rea conto che si è preso gioco di me sin dal primo momento.
"Mi chiedi cosa succede CanTe lo dico io cosa succede..."
Sto per dirgli esattamente cosa penso di lui e del suo comportamento quando una voce stridula proveniente dal corridoio arriva ad interrompere qualsiasi cosa stessi per dire.
"Caaaaan?"
Mi giro verso la porta mentre lo sento rivolgersi  con tono severo alla donna appariscente che sta entrando  nel suo ufficio . 
"Huma?"

Vedo una signora matura muoversi decisa verso di lui con il chiaro intento di abbracciarlo ma Can, sempre più cupo in volto, le  gira le spalle per tornare a sedersi alla sua scrivania. Lei non sembra scoraggiarsi e si va a sedere impettita sulla poltroncina di fronte a lui.
"Can tesoro, sono appena arrivata a Istanbul e  ho scoperto che anche tu eri qui, sono venuta subito in agenzia, sono anni che non ci vediamo ormai".

Can alza brevemente lo sguardo che  teneva  ostinatamente puntato sullo schermo del pc portatile  davanti a sé .

"E questo non ti dice niente sul nostro rapporto?"

La donna impassibile sventola  in aria la mano come a minimizzare ciò che ha appena sentito. "Dai Can, è vero che ci sono state delle incomprensioni in passato tra noi, ma tesoro alla fine io sono sempre tua madre ".

Sua madre?
Fatico a reprimere un'esclamazione di sgomento con il risultato di attirare l'attenzione della donna su di me.

Si gira infastidita nella mia direzione poi, chissà perché, concentra la sua attenzione  su di me in un'attenta analisi che parte dalla testa  per finire ai piedi.

"Posso sapere chi è lei?"

Vedo Can alzare di scatto la testa, lasciare la poltrona della sua scrivania per venire vicino a me. Poggia una mano sul mio braccio dicendo.

"Sanem per favore, puoi lasciarci soli?"

Annuisco e mi muovo per lasciare in fretta la stanza quando la voce aspra di quella donna mi blocca sulla porta.

"Signorina, mi porti un caffè, amaro grazie!"

Mi irrigidisco infastidita dal tono insolente con il quale quella donna si è rivolta a me e mi giro brevemente solo per vedere Can lanciarle uno sguardo di fuoco.

"Questo non è un bar signora Huma, è un'agenzia pubblicitaria e se il personale si presta a servire qualche ristoro lo fa per accogliere i clienti e gli "ospiti graditi".
Ora, poichè a quanto so non sei un cliente e per quanto mi riguarda non sei un "ospite gradito",  non c'è bisogno di portar alcun caffè. Ti prego di lasciare il mio ufficio, devo lavorare".

Sono scioccata dal tono di Can, mai l'ho sentito rivolgersi a qualcuno con tanta asprezza, gli lancio un'occhiata esitante e lui mi fa un cenno rassicurante con il capo ad intendere  che posso andare senza preoccuparmi delle richieste di quella donna.

Esco in corridoio turbata dalla situazione, fatico a comprendere un rapporto in cui il figlio tratti con tanta freddezza la propria madre. Devono esserci state ben più che delle incomprensioni in passato tra loro.

Sono combattuta a questo punto se portare o non portare alla donna il caffè che ha chiesto, mi sembra scortese non farlo, ma allo stesso tempo l'ufficio è di Can e se lui vuole che se ne vada è meglio fare come ha deciso che sia.

Passo a lasciare le mie cose nello spogliatoio per  poi dirigermi nella piccola stanza  in cui è stata collocata la fotocopiatrice per iniziare l'enorme lavoro di riproduzione che mi ha assegnato il giorno prima la signorina Deren. Dovrò probabilmente rimanere tutto il giorno lì dentro se voglio riuscire a preparare  le centinaia di copie che mi ha chiesto di fare in tempo per la riunione dell'indomani.

Mi metto al lavoro in modo automatico,  con la mente inquieta che cerca una soluzione al pasticcio che ho causato addormentandomi al capanno e trascorrendo l' intera notte con Can.

Sono così immersa nei miei pensieri che non sento la porta del piccolo ufficio aprirsi e poi richiudersi, so solo che ad un certo punto  vedo braccia muscolose  comparire ai lati del mio corpo e due enormi mani poggiarsi alla fotocopiatrice intrappolandomi tra l'apparecchio ed un  petto massiccio che preme contro la mia schiena.

L'alito caldo di Can  che sussurra nel mio orecchio mi fa correre un brivido lungo la schiena. "Cosa volevi dirmi prima Sanem?"

Fatico a respirare e credo  di aver dimenticato qualsiasi cosa avessi intenzione di dire, i pensieri volati via insieme ad ogni capacità di raziocinio a causa del contatto inaspettato con il suo corpo che non è stato mai così vicino come in questo momento.
Il respiro affannoso, il cuore che sembra impazzito,  stringo forte contro il petto il fascio di carte che ho in mano chiudendo gli occhi. Cosa volevo dirgli?
In un lampo tutto torna: Emre, le bugie, la fidanzata a Londra, il suo doppio gioco.

Mi giro di scatto tra le sue braccia che ancora mi intrappolano contro la fotocopiatrice pronta a tirare fuori tutta la rabbia che provo e mi rendo conto che nel movimento non ho fatto altro che portare il mio viso vicinissimo a quello di Can.
Il suo respiro caldo ora lo percepisco distintamente  sulle mie labbra mentre lui inclina la testa e si avvicina ancora di più a me spingendo il suo corpo contro il mio.
Tra noi ci sono le mie mani che ancora stringono il fascicolo che stavo fotocopiando come a far da scudo,  ma so bene di  non riuscire a rimanere indifferente al suo profumo, a quelle labbra così vicine tanto da sentire la sua barba che mi solletica il mento.

"Io..."  Cerco di raccogliere i pensieri per riuscire a reagire e rispondere alla sua domanda.

Di nuovo il suo respiro caldo sulle mie labbra quando sussurra piano "Tu?..."

Lascio cadere a terra i fogli per poggiare le mani aperte sul suo petto pronta a respingerlo con forza,  ma non appena lo tocco succede qualcosa di imprevisto.
Sento i suoi muscoli forti, il calore della sua pelle attraverso il tessuto della maglia,  ma soprattutto percepisco  il battito  accelerato del suo cuore  che batte impazzito, come  il mio in questo momento.
I nostri sguardi incatenati,  rimaniamo immobili  mentre il suo naso sfiora il mio e le sue labbra si  avvicinano inesorabilmente. Non so far altro che chiudere gli occhi aspettando che succeda. Mi sento del tutto inerme, priva di ogni forza di volontà o di logica, aspetto e bramo  quel tocco e...

La porta che si apre improvvisa ci strappa  dall'irrealtà di un momento carico di tensione erotica,  mi abbasso in fretta facendo finta di  raccogliere i fogli mentre sento la voce di Cey Cey chiedere: "Sanem, sai dov'è il signor Can?... Ah Can bay,  è qui.  E' qui? Che ci fa qui?
Va bene non importa e non sono affari miei, volevo dirle che la signora Deren la sta cercando. Sembra  impazzita perchè sua madre è andata da lei a chiederle di assegnarle un ufficio qui in agenzia e non sa come fare".

Vedo Can ruotare su sé stesso e chiedere brusco.
"Cosa vuol dire assegnarle un ufficio? Ho appena finito di dirle che deve andarsene".

Cey Cey si muove agitato sul posto facendo piccoli passetti da un lato all'altro stringendo forte tra le  mani le sue onnipresenti bretelle.

"Non lo so Can bay. Credo che sia stato il signor Emre a darle il permesso".

Ancora piegata a raccogliere i fogli vedo i piedi di Can muoversi e sparire fuori dall'angusto stranzino mentre lo sento borbottare: " Deve passare sul mio cadavere prima di avere un ufficio in questa agenzia!"

Rimango con il capo abbassato raccogliendo piano i fogli caduti a terra per cercare di riprendere il controllo delle mie emozioni.
Cosa diavolo mi ha preso?
Avrei dovuto urlargli contro tutto il mio risentimento ed invece mi sono comportata come un'adolescente alle prese con i primi approcci amorosi.
Che poi se andiamo ad analizzare i fatti in effetti non sarò più un'adolescente,  ma quanto ad approcci non è che io abbia alcuna esperienza precedente.

Ah Sanem, ah!
Devi parlargli e chiarire la situazione al più presto, cosa stai combinando?
Come puoi avere certi atteggiamenti  con un uomo che ha una fidanzata che lo aspetta stasera a Londra?







Decisioni improvviseWhere stories live. Discover now