26 - Come da tradizione

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Sanem

L'idea che Can sia il mio albatros è riuscita a monopolizzare ogni mio pensiero e ogni mia emozione da quando ho aperto la porta di casa su un sogno che improvvisamente è diventato realtà.
Una virile realtà in carne ed ossa che ora sta salendo le scale accanto a me, tenendomi la mano.
Arrivati sul pianerottolo superiore ho un momento di esitazione, mi immobilizzo nell'improvvisa consapevolezza  che  quel che ci aspetta  una volta varcata quella porta a vetri è  una scelta definitiva  dalla quale non si potrà tornare indietro.
Mi sento tremare, le ginocchia molli e i piedi che sembrano rifiutarsi di fare un altro passo, faccio fatica anche solo a respirare.
La stretta di Can sulla mia mano  si rafforza,  lancio  uno sguardo incerto verso di lui e scopro sul suo volto un sorriso rassicurante.
"Andrà tutto bene Sanem, vedrai".
La sua voce profonda ha uno strano  effetto calmante su di me e, nonostante senta il cuore che continua a battere ad un ritmo impazzito, mi rendo conto che posso farcela, possiamo farcela.
Annuisco e prendendo un respiro profondo gli  restituisco un timido sorriso, ci muoviamo decisi  per  entrare in salotto dove tutti hanno già preso posto e si girano all'unisono verso di noi sorridendo.
Provo un' improvvisa  vampata di imbarazzo nel ritrovarmi al centro dell'attenzione generale, istintivamente tento di sciogliere la mano dalla presa di Can che, sfoggiando un enorme sorriso a beneficio dei  presenti, la trattiene  nella sua guidandomi con decisione verso il divano sotto la finestra.
Mi siedo accanto a lui rigida, ascolto distrattamente le chiacchiere di Can con i miei genitori ed suoi amici mentre la mia mente riesce a concentrarsi solo su un unico pensiero.

"Can è l'albatros ...Can è l'albatros...Can è il mio albatros".

Gli lancio un'occhiata ancora incredula che possa essere vero, che sia proprio lui l'uomo misterioso che ha rubato il mio primo bacio e ogni mio pensiero da quando l'ho incontrato. Sospirando lascio vagare in modo distratto  lo sguardo per la stanza fermandomi ad osservare la figura silenziosa  di Emre che se ne rimane in disparte, su una  poltrona d' angolo, scrutando tutti con un'espressione fredda e distaccata.
Il suo sguardo gelido incontra il mio e posso sentire con ogni fibra del mio essere che sta escogitando qualcosa, sento che  cercherà ancora di danneggiare suo fratello.
Lo guardo con determinazione, voglio che sappia che non glielo permetterò, che so quali sono le sue intenzioni e farò di tutti per impedirglielo.
Distolgo lo sguardo da lui solo per incrociare quello del mio amico Osman che mi sta osservando con espressione preoccupata. Cerco di sorridere per rassicurarlo ma, come richiamato da una forza superiore, vedo spostare la sua attenzione alla mia sinistra e lì rimanere per un tempo interminabile. Mi giro a guardare verso Can e non può essere  ignorato l'inequivocabile messaggio di avvertimento e sfida che il mio "quasi" fidanzato sta indirizzando al mio amico di una vita.
Mi sento morire all'idea di quante bugie ci sono tra noi. Ho fatto di tutto per convincerlo dell'esistenza di un grande amore che mi legava a Osman e ora  è normale che  consideri strana la presenza del mio ex fidanzato alla serata in cui è venuto a chiedermi in sposa.
Come potrò uscire da questa situazione surreale?

"Sanem, vuoi andare a preparare il caffè per i nostri ospiti?"

Mia madre mi distoglie dai pensieri cupi in cui sono precipitata e con questa richiesta da inizio al tradizionale rito del kiz istem, quello che da secoli in Turchia  si ripete sempre uguale per arrivare ad unire due giovani in matrimonio.
Mi alzo abbassando con mani tremanti l'orlo del corto abito rosso che ho scelto per la serata e, senza osare guardare in direzione di  Can, mi avvio verso le scale seguita da Ayhan e Leyla.
Ascolto distrattamente le loro chiacchiere mentre scendiamo in cucina e poi mentre, con mani tremanti,  preparo il caffè seguendo attentamente tutte le raccomandazioni che mia madre mi ha fatto qualche ora prima.
Sono agitata, consapevole della solennità del momento che sto vivendo, pronta a legarmi ad  un uomo che a questo punto mi sembra di non conoscere. E' Can, ma è  anche l'albatros, è il mio capo, ma è anche un uomo che è stato costretto dalle circostanze  a chiedermi in sposa.
"Sanem, che succede? Cos'è quella faccia?"
Ayhan mi si affianca appoggiando un braccio sulla mia spalla. Scuoto la testa senza guardarla in viso, non è il momento di dirle come mi sento e cosa ho scoperto, non ho mai parlato a Leyla dell'albatros e sarebbe lungo e complicato raccontarle tutto ora.
"Niente Ayhan, ho solo paura di sbagliare qualcosa e bruciare il caffè". Le lancio un occhiata fugace e riesco a cogliere la sua espressione  scettica, è chiaro che non crede che sia sincera, ma sa anche lei che non possiamo parlare in questo momento.

Tornando al piano di sopra sento Leyla elencare ad Ayhan le tante virtù del signor Emre e quasi inciampo sui miei piedi, rischiando di rovesciare tutte le tazzine lungo le scale. Vorrei metterla in guardia, dirle che non deve fidarsi nè avvicinarsi a quell'uomo, ma anche quella è una discussione che deve essere rimandata a momenti migliori.
Ora tutta la mia attenzione è rivolta a quel che sta per succedere, a ciò che mi aspetta in salotto e a  Can, seduto proprio di fronte alla porta e l'unico a potermi vedere ferma lì impalata sul pianerottolo in cima alle scale. Mi individua subito, mi osserva per lunghi istanti poi annuisce con il capo e  sorride come ad incoraggiarmi, a voler ribadire ancora una volta che andrà tutto bene ed io mi rendo conto,  quasi con sorpresa ,che voglio credergli, ho bisogno di credergli.
Raddrizzo le spalle ed entro nella stanza con tutta la sicurezza che riesco a simulare quando cuore, mani e gambe non riescono a smettere di tremare.
Servo  Emre, Metin e Akif poi mi fermo davanti a Can indicandogli la sua tazzina e lo sguardo che mi lancia di certo non aiuta a placare i miei tremori, è un'occhiata la sua  allo stesso tempo sensuale e rassicurante.
E' un momento solenne nella vita di ogni giovane quello che stiamo vivendo, ne siamo consapevoli entrambi e la determinazione che leggo nei suoi occhi riesce in qualche modo a infondermi sicurezza.
Rimane con il piattino in mano aspettando che finisca di consegnare il caffè ai miei e a Osman poi, una volta che ho poggiato il vassoio vuoto sul tavolino basso del salotto, attende che mi sia seduta accanto a lui per portare la tazzina alle labbra e ingurgitare praticamente in un unico sorso l'intero contenuto.
Quel che ha appena bevuto deve essere qualcosa di terribile, ho deciso di prendermi una piccola vendetta e  malignamente ho deciso di  mettere ben tre cucchiaini di sale nel suo caffè.
Così impara a non voler ascoltare le mie ragioni!

Lo vedo contenere a fatica un colpo di tosse, tutti scrutano attenti la sua  reazione, ma lui con un gesto elegante porta un pugno davanti alla bocca l'attimo in cui deglutisce e poi, come se nulla fosse,  torna a guardare mio padre come ad invitarlo a  continuare il discorso che aveva bruscamente interrotto aspettando che bevesse il suo caffè.

Tutti sorridono, anche questo passo è stato fatto, la tradizione è stata rispetta e il ragazzo ha dimostrato di essere pronto ad accettare qualsiasi cosa dalla sua futura sposa. Ora è giunto  il momento più importante ed  è Akif a prendere la parola. E' il più grande d'età  tra Emre e Metin e, a quanto pare, a lui che è stato affidato l'incarico di  procedere con la richiesta  di rito.

Prima di iniziare a parlare si schiarisce la gola portandosi a sedere rigido sul bordo del divano sistemandosi la giacca con fare compito.
"Signor Aydin come sapete i nostri ragazzi si sono visti, si sono piaciuto e si  sono innamorati. Quindi com'è d'usanza,  con il permesso di Allah e l'intercessione del Profeta, siamo venuti qui questa sera a chiedere vostra figlia Sanem per nostro fratello Can. La concedete?"

Mio padre se ne rimane rigido e in silenzio per un tempo lunghissimo, tanto che spero, o forse a questo punto temo, che possa essere arrivato alla determinazione di  non accettare. Mi giro impercettibilmente ad osservarlo e mi sembra di notare rughe di tensione anche sul viso di Can che sta aspettando una risposta  con il busto proteso verso mio padre e le mani strette a pugno sulle ginocchia.

Poi in un attimo tutta la tensione si scioglie, il volto di mio padre si apre in un enorme sorriso e annuendo quasi urla: "La concedo!".
Un applauso liberatorio dei presenti accoglie le sue parole, tutti si alzano in piedi applaudendo e facendo a gara per abbracciare per primi i promessi sposi.
Vedo confusamente Can sparire nell'abbraccio virile dei suoi amici e poi di suo fratello Emre mentre io mi perdo nella stretta di Leyla,  di mia madre, di Ayhan e poi in quella rassicurante di Osman che che mi trattiene per sussurrare piano al mio orecchio.
"Se tu sei felice amica mia, allora lo sono anche io. Questa storia è iniziata in modo bizzarro, ma secondo me, a giudicare dallo sguardo di fuoco che mi sta indirizzando il tuo futuro marito, questo matrimonio può funzionare".
Non finisce di pronunciare le ultime parole che sento una mano poggiarsi sul mio fianco e il calore del corpo di Can che, aderendo completamente al mio, mi sottrae con decisione dall'abbraccio di Osman.

Lancia uno sguardo minaccioso all'indirizzo del mio amico mentre mi stringe a sé e   voltandogli  le spalle  si frappone  tra  noi.
 Mi prende tra le braccia e l'espressione ostile che aveva un attimo prima  si distende in un sorriso  pieno di promesse.
" Come ti senti Sanem? Un primo passo è stato fatto". Non oso rispondere, riesco solo a perdermi in quel sorriso e in quello sguardo magnetico che si muove sul mio viso come a volerne memorizzare ogni particolare per un tempo interminabile finché, tenendomi un braccio sulla spalla, mi guida verso sua madre. Le sorride e poi, dopo un inchino e un baciamano, estrae dalla tasca e le consegna un astuccio di velluto rosso.
"Ecco signora Mevkibe...i nostri anelli"

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