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Aprii gli occhi che ero ancora più stanco rispetto a un mio giorno normale dove dormivo al massimo 2h a notte.
La febbre mi aveva dato alla testa.
Non so perchè mi svegliai, non dovevo andare a scuola, ma volevo prendere un po' di aria e non sentirmi oppresso dall'aria di casa, nonostante fosse un posto molto sicuro per me.
Una figura bussò alla porta, ma ne entrarono due.

<< Ma come è possibile che state sempre in mezzo ai coglioni voi due? >> Guardai quei pezzenti ridere, nascondendo un sorriso vero che mi stava spuntando sule labbra.

<< Siamo venuti a vedere come stavi! >> Rispose Felix provando a fare un broncio, fallendo quando si unì alla risata sonora di mamma.

Mamma finalmente smise di ridere e venne verso di me per poi appoggiarmi una mano sulla fronte come solito fare.

<< La temperatura non è più alta, ma a scuola non ti mando. >> E menomale. Niente Minho e gruppo vario.
Meglio no? Si.

Probabilmente me la gufai.

Controllai l'ora notando fossero le 8:00, e Lix doveva andare a momenti, stessa cosa per mia madre.

<< Voi due non dovreste scappare? >> Amavo la loro presenza, ma nello stesso tempo mi metteva una colpa assurda sapere che stessero sprecando tempo per me.

E forse avevo pure bisogno di stare da solo.

<< Tu non uscire okey? >> Mi impose mia madre, ma non avevo intenzione di prometterglielo.

Dovevo uscire, e dovevo pure dare le polpette al cane del vicino... ironica come cosa.

Ci salutammo velocemente, mamma mi stampò un bacio in fronte e Felix mi diese un veloce abbraccio confortante, anche se io restai immobile.

Appena sentii il portone chiudersi annuii a me stesso e mi alzai, alzando subito la manica della felpa nera che usavo come pigiama, per controllare le bende.
Come mi aspettavo.
Mi sentivo tutto umidiccio, infatti erano completamente ricoperte di un mare rosso.

Che piacere questo vedere, è come un'opera d'arte astratta, tutto rosso. Ne crei altre del medesimo colore? Con il tuo corpo grosso le tele vengono anche meglio!

Andai in bagno, togliendomi le bende, provando disgusto verso quel prato di segni. Provavo vergogna, mentre un'altra parte di me provava solo soddisfazione e piacere.
Vivevo di questo, era una sensazione strana; non mi portava alla rabbia, o almeno non spesso, poche volte mi faceva piangere, alla vocina faceva sorridere, ma mi tratteneva costantemente a terra, con lo sguardo fisso al pavimento o mirante a una qualsiasi cosa davanti a me.
Uno sguardo vuoto e incolmabile, che tentava costantemente di rievocare ricordi che volevo toccare con le dita, più che con la mente.

Scossi la testa per evitare i miei pensieri, e stringendo tra di loro i denti, rivestii i segni pieni di sangue secco con una benda, non prima di avegli dato una leggera sciacquata, giusto per far aderire meglio le bende, coprendoli dagli occhi umani.
E dai miei.
Non ne ero fiero.

Io sì.
Non disinfettarti i tagli, non te lo meriti.

Feci un respiro profondo, andando in stanza per prendere qualcosa di comodo per andare a fare un giretto. Misi una semplice tuta nera e una felpa grigia, insieme alle mie converse.
Non avevo voglia di prendermi cura di me stesso o provare ad apparire carino agli occhi umani. Tanto ero ormai abituato ad essere definito lo scarto della imanità.

Ed è anche un complimento per te.

Rideva di me.

Mi misi le cuffie e presi lo zaino pieno delle mie cose. Quello zaino era il riflesso della mia anima
Sigarette, libro... e le polpette.
Uscii da casa con la scatola piena della mia cena, fiero di me che il mio stomaco era vuoto da un bel po'.
Mi avvicinai a quel lapbrador malefico.
Per la morte del cielo, stupendo eh, ma perchè la notte non poteva stare zitto mentre componevo musica? Aveva rotto in cazzo di abbaiare, e quella pazza della padrona appresso a lui.
Quasi mi veniva la voglia di strozzarlo.
Dal cancello gli passai polpetta per polpetta, praticamente imboccandolo. Potevo pure odiarlo la metà delle volte, ma era un patatone.

Finii il mio lavoro, felice di vedere il cagnolone felice che scondinzolava, beccandosi pure qualche carezza attraverso le sbarre del cancello.
Iniziai a camminare in direzione del parco naturale a distanza di circa 10 minuti, non prima di esser spinto in avanti, facendomi quasi cadere.
Mi girai di scatto, già stressato dalla mattina, per poi beccarmi quella faccia di merda di Daeshim.

Faccia di merda non si può dire, è almeno 10 volte più bello di te.

<< Ei frocetto, dove vai di bello, saltato scuola oggi? >> Guardai nelle sue spalle dove stava Jiyoung, mentre Minho stava continuando a camminare come se non fosse successo nulla. Cosa gli prendeva?
Feci per attraversare la strada e superarli, ma venni bloccato dal polso, stretto con violenza.

<< Cazzo lasciami! >> Gli sbroccai contro ormai incazzato, poco prima che iniziai a tremare.

<< Non ti ricordi quella famosa cosa che dovevamo terminare ma che qualcuno ha interrotto? Sicuramente tu mi hai fatto cadere, e mo la ripagherai e anche il doppio. >> Iniziò ad avvicinarsi sempre di più a me, mentre continuava a tenersi tra le sue mani il mio polso, e io provavo ad allontanarmi, ormai superato il gradino, fermo poco dopo l'orlo della strada.

<< Allontanati da me cazzo! >> Provai a spingerlo con l'altra mano libera, ma la sua figura mi sovrastava, mentre sentivo la risata di Jiyoung in sottofondo.

In un attimo il frastuono del rumore di una macchina in sottofondo arrivò alle mie orecchie, facendomi pensare il peggio.
Pur di fuggire dalla sua stretta ero ormai finito in mezzo alla corsia, Daeshim invece riusciva a salvarsi tranquillamente.

Il baccano della macchina sicuramente costosa e dal buon motore, me lo sentivo dietro l'angolo; massima velocità. Correva tutta sbandata.

Un urlo.

Io a terra.

Daeshim dall'altra parte.

Minho in piedi davanti a me.

<< Stai bene? >> Ero ormai in posizione fetale, mentre mi stringevo la testa tra le mani e provavo a fare respiri profondi.

<< Cazzo Minho, ma potevi prendere solo me!? >> Urlò Daeshim, mentre Jiyoung lo stava facendo alzare.

<< Come cazzo facevo a salvare solo te se quel coglione in quella macchina vi si stava schiantando contro, e tu tenevi Jisung come se fossi un leone con la sua preda! >> Gli urlò contro.

Vidi fossero distratti, mi alzai e corsi.
Corsi più che potei.
Non si accorsero di me, concentrati a urlarsi contro.
Ero ormai arrivato con il fiatone al parchetto verde, circondato solo dal cinguettio degli uccelli e delle foglie che cadevano.
Caddi contro un albero, guardando il mio polso destro, per fortuna quello che era senza una benda enorme a coprirlo totalmente.
Ci era stampato sopra il segno delle sue sporche dita.
Il mio polso sottile era contornato da una linea continua che variava tra il rosso e il viola, poco più sopra la forma del suo pollice.
Mi sentivo violentato...

trust me -minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora