2. ALASKA

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Mi ero ripromessa di non rivolgerle più la parola. Mai più avrebbe sentito la mia voce fino al compimento dei diciotto anni.

Giorno in cui le avrei detto le testuali parole: "Cara mamma, vaffanculo." e me ne sarei andata via da quel buco di merda disperso nel globo terrestre. Però, mi aveva provocato per tutto il viaggio in aereo e alla fine ero esplosa in un uragano incarognito appena arrivata in aeroporto.

Notai un tizio, un signore sui cinquant'anni, prestante e ben tenuto per la sua età che scrutava con attenzione tutti i turisti presenti in sala d'attesa. Aveva ancorato il suo sguardo su di noi appena eravamo entrate nella saletta. Cercai di ignorarlo, sperando che non fosse un molestatore. A dire il vero, era impossibile passare inosservate perché eravamo le uniche impegnate in un'accesa discussione davanti a un'imbarazzata assistente del banco informazioni.

Diedi una nuova sbirciata verso il tizio per capire se si fosse allontanato o se, almeno, si fosse concentrato su altro. Lo beccai che stava studiando mia madre. Mi diede fastidio come è ovvio che fosse perché era mia madre, dopotutto, e non volevo che fosse la vittima di fantasie perverse di un debosciato.

Però capivo che mia madre era una bella donna e che fosse normale che venisse notata. Anche in quel periodo difficile per la sua vita, rimaneva una donna attraente con la sua giacca scura e i jeans chiari aderenti come una seconda pelle alla sua figura longilinea. I capelli, biondo dorato, erano legati alla meno peggio in una coda di cavallo. E un filo di trucco le nascondeva le occhiaie e il volto stanco.

Sapevo di assomigliarle. Avevamo lo stesso profilo delicato e regolare, ma i miei capelli erano scuri. Li avevo tagliati corti poco prima di partire, in segno di protesta visto che sapevo bene come lei li amasse lunghi. Per se stessa e per me.

Ora, invece, lambivano il collo ed erano molto odiati dalla Signora Madre. E un po' anche da me, fermo restando che non lo avrei mai ammesso.

La nostra discussione era così concitata che di sicuro non si capiva, dall'esterno, cosa ci stessimo urlando in faccia.

Lo vidi avvicinarsi e mi prese un po' il panico. Cazzo voleva questo, adesso? Immaginai un rude approccio con mia madre, ma lui non assecondò la mia fantasia e ci superò fermandosi davanti all'assistente del banco.

«Buongiorno, mi scusi dovrei chiederle un'informazione.» Lo sentii dire.

L'assistente apparve molto sollevata di potersi occupare di lui.

Mia madre interruppe all'improvviso la sua invettiva contro di me per voltarsi verso il tizio e l'assistente.

«Mi scusi, ma ci siamo prima noi!» disse inviperita.

«Mi perdoni» Le rispose lui guardandola. «era così impegnata nella sua discussione che pensavo aveste già fatto.»

«Come può pensare che avessi già fatto se stiamo davanti al banco?» ribatté lei.

«Lascia perdere, mamma.» le mormorai all'orecchio.

«No, nel modo più assoluto. » rispose lei risoluta con gli occhi stretti in due fessure sottili.

L'assistente stava di nuovo morendo per l'imbarazzo.

Avevo perso del tutto la mia verve astiosa e anch'io stavo mentalmente preparandomi per scavare la buca della vergogna e sotterrarmici.

Mi aveva rimbeccato per tutto il viaggio. Nei giorni precedenti al volo ero stata io ad attaccar briga. A malincuore, alla fine, mi ero dovuta arrendere ed ero partita con lei per questo folle viaggio. Però, ero stata decisa, fin dall'inizio, a vender cara la pelle. Avevo creato ogni tipo di ostacolo e intoppo possibile per poter perdere il volo.

Alaska, Amore & Orsi Mannariحيث تعيش القصص. اكتشف الآن