15.1 SOLI NEL CUORE DEL PERICOLO

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Tornammo a casa con la coda tra le gambe. Stanchi, feriti, delusi e terrorizzati per tutto ciò che avevamo appena vissuto. Mia madre ci accolse con occhi spaventati e mani tremanti. Appena aveva sentito armeggiare alla porta di ingresso, di sicuro si era immaginata il peggio.

Il suo volto raffigurava in pieno ogni pensiero che le stava passando per la mente, ma nessuno di essi era piacevole. Le sopracciglia aggrottate e gli occhi stretti riflettevano la preoccupazione e l'ansia che la stavano travolgendo. Le labbra serrate e le guance tese rivelavano il timore che la situazione si stesse facendo sempre più pericolosa. Era evidente che la sua mente era in subbuglio, costantemente alla ricerca di risposte e soluzioni, ma al tempo stesso travolta dalla paura di poter fare nulla. Il suo sguardo, di solito luminoso e vivace, era ora offuscato da una luce cupa e tormentata, mentre vagava nel vuoto. Era come se un'ombra si fosse posata sulla sua anima, offuscando la sua naturale serenità e lasciando spazio solo a una tempesta di emozioni contrastanti.

«Oh mio Dio! Siete tornati! Siete feriti?» Chiese guardando uno per uno.

«No, siamo solo spaventati.» Rispose Ethan, cercando di mantenere la calma e di tranquillizzarla.

Gli regalai un sorriso di gratitudine che lui raccolse ricambiando.

Mia madre fece subito accomodare gli uomini nel soggiorno, dove cercò di medicare alcune escoriazioni e ferite superficiali. Nel frattempo, Ben rabbioso batté un pugno sul tavolo e disse: «Domani mattina, perdiana, andrò nella cittadina di Copper Center per parlare con la polizia locale. Dobbiamo fare qualcosa, prima che ci scappi il morto.»

«Vengo con te.» Si propose inaspettatamente mia madre.

La fissammo tutti sorpresi.

«Rimarremo a vivere in Alaska, questo è ormai deciso. Però, penso che sia meglio per me ed Emma trasferirci in una località più civilizzata. D'altronde, abbiamo approfittato dell'ospitalità di Ben ed Ethan anche per troppo tempo. E poi, Emma così potrai andare a scuola e i pericoli saranno più limitati.» Spiegò con fermezza.

Ethan mi guardò preoccupato, ma io gli sorrisi cercando di rassicurarlo. Una decina di miglia di distanza non mi avrebbero impedito di continuare a frequentarlo.

«Ma questa decisione, mamma, cosa c'entra con te che te ne vai a Copper Center con Ben?» Chiesi.

A me questi due non me la raccontano giusta.

«Scrocco un passaggio.» Mi rispose ridendo. «Così, guardo un po' la cittadina e vedo di capire se può fare al caso nostro.»

«E così sia.» Intervenne Ben, poi rivolgendosi a Ethan: «Ma voi due dovrete stare qui e non avventurarvi in giro, soprattutto di notte. State in casa o nei pressi della casa, capito?»

«Sì, papà. Afferrato il concetto.» Rispose Ethan. «Giocheremo a morra cinese no stop.»

«Abbassa il livello del sarcasmo, ragazzo.» Lo ammonì Ben.

La mattina seguente, con il sole appena sorto, Ben e mia madre si prepararono a partire. L'elicottero era pronto per il decollo. L'ansia e il terrore erano palpabili nell'aria.

«State attenti e tornate il prima possibile.» Dissi stringendo la mano di mia madre.

Lei annuì con gli occhi lucidi. «Fate attenzione voi piuttosto. Vi prego non fatemi preoccupare.»

Ethan si avvicinò e mise un braccio intorno alle mie spalle. «Staremo bene e loro torneranno presto.» Mi sussurrò all'orecchio. Rabbrividii, percependo il calore del suo respiro sulla pelle.

L'elicottero si alzò in volo, portando via mia madre e Ben, lasciandomi sola con Ethan nella quiete della casa.

«Che facciamo adesso?» Chiesi guardando Ethan.

«Morra cinese no stop.» Rispose lui ridendo davanti alla mia espressione di disappunto. «Loro ci hanno vietato di andare in giro, ma non ci hanno vietato di indagare qui.» Aggiunse poi con un sorriso furtivo.

«Quindi continuiamo a cercare indizi su questi fantomatici orsi mannari?» Chiesi con un sorriso complice.

«Esatto!» Rispose Ethan trionfante. «Ci sono cose accadute stanotte che mi hanno dato molto da pensare.»

E così, mentre l'elicottero svaniva all'orizzonte, noi eravamo già presi dalle nostre elucubrazioni mentali.

Passammo l'intera mattinata tra perlustrazioni intorno alla casa e altre nella zona circostante il capanno degli attrezzi, dove erano già state trovate tracce di impronte e di graffi diversi giorni prima. Discutevamo ad alta voce davanti alla cartina dell'area, evidenziando i luoghi in cui erano stati avvistati animali uccisi o segni di devastazioni sospette.

«È davvero strano.» Esclamò Ethan frustrato, sfogliando la cartina con un'espressione perplessa. «Tutti sembrano trovare i danni già compiuti, ma nessuno ha visto la bestia in azione. Non può essere invisibile! Dovrebbe esserci qualche traccia tangibile, soprattutto se i fatti accadono in pieno giorno.»

«Potrebbe essere che l'orso abbia avuto tutto il tempo di allontanarsi, soprattutto nel caso del vecchio Samuel è palese che sia andata così.» Suggerii, cercando una spiegazione razionale. «Lo sappiamo, è un po' lento a correre, e l'orso ha avuto il vantaggio di fuggire senza essere visto. Gli altri testimoni? Beh, dovremo parlare con ognuno di loro per avere una visione completa della situazione.»

Ma Ethan sembrava essere arrivato a una conclusione diversa. Il suo sguardo enigmatico mi colpì. «E se stessimo cercando la bestia sbagliata?» Chiese.

Potevo in quel momento immaginarmi i suoi ingranaggi mentali lavorare senza sosta.

«Che vuoi dire?» Domandai incuriosita.

«Pensaci, Emma.» Rispose Ethan: «Tutti hanno sempre pensato che si trattasse di un orso mannaro, la leggenda è affascinante e si presta molto. Però nessuno l'ha mai visto fisicamente. E se fossimo stati tratti in inganno?»

«Potrebbero essere stati i lupi che abbiamo visto?" Chiesi seguendo il filo del suo ragionamento. «Tutti siamo concentrati su queste figure mitologiche e, invece, sono animali normali.»

Le sue parole mi avevano fatto riflettere, dandomi la scossa che mi serviva. C'era, in effetti, la possibilità che fossimo stati tutti ingannati dalle leggende locali.

Così, con una nuova luce di speranza negli occhi, decidemmo di continuare le nostre indagini, pronti a sfidare i pericoli e ad affrontare la verità, fosse essa mito o realtà.

«Cosa pensi di fare?» Gli chiesi sorseggiando il caffè.

«Stanotte si riparte.»

«Non avevamo promesso di rimanere buoni buoni a giocare a morra cinese?» Chiesi ridendo.

«Lo faremo adesso fino all'imbrunire, come promesso. Poi non hanno specificato che dobbiamo rimanere chiusi in casa anche di notte. Non hanno detto proprio nulla sugli orari.» Rispose lui con un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra.

Le ombre della notte si allungavano e noi ci preparavamo ad affrontare da soli l'oscurità. Ethan si era organizzato con le armi che aveva in casa e sembrava Rambo pronto per affrontare una guerriglia. Glielo feci notare deridendolo.

Lui sorrise, ma la preoccupazione nel suo sguardo era palpabile. «Io andrei anche oltre i lupi.» Affermò lasciandomi sbalordita. «Se fossero stati normali lupi, li avremo riconosciuti subito dalle tracce lasciate. Siamo abituati a convivere con lupi e orsi comuni. Questa è una bestia diversa.»

«Non riesco più a seguirti.» Ammisi confusa. «Prima dici che non può essere un orso mannaro. Sono d'accordo con te. Poi, ora, dici non può essere un branco di lupi, né orsi. Quali altri animali possono fare simili danni?»

«L'uomo.»

Alaska, Amore & Orsi MannariWhere stories live. Discover now