11. SAMUEL ANDERSON

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«A me sembrate due matti invasati. Mi spiegate che c'entra una stupida leggenda con i presunti attacchi che ci sono stati? Come potete pensare che sia una pista attendibile da seguire quella che porta a degli orsi mannari?» Ci chiese Ben e il suo tono sbalordito ci fece sentire molto stupidi. «Ethan, mi stupisco di te!»

Io non l'avevo stupito, notai tra me e me mordendomi la lingua. Ipotizzai sconsolata che avesse davvero un'altissima considerazione di me.

«Orsi mannari!» Continuò Ben passeggiando nervoso avanti e indietro per la strada, ignaro dei miei pensieri. «Fa ridere già a dirlo!»

«Ma poi al tramonto dove pensate di andare voi due?" Rincarò la dose mia madre. «Mica è una cittadina di campagna questa.»

Dopo essere rimasta in vergognoso e imbarazzante silenzio, rannicchiata su me stessa, ebbi un moto di orgoglio, estratto fuori da chissà quale remoto angolo di me stessa, e controbattei alle sue parole: «E cosa dovremmo fare? Rimanere qua ad attendere passivi qualcosa di peggio di due impronte di unghie o di invasioni nel capanno? Al limite potremmo farci una scorpacciata di storielle da rivenderci sotto Halloween. Non abbiamo nulla da perdere nel provarci.»

Mia madre aprì la bocca, ma da essa non uscirono suoni. Ethan prese parola al suo posto e fissando suo padre con determinazione disse: «Lo so che sembra strano, papà, ma ci sono eventi, altrettanto bizzarri, che accadono qui e che non possiamo ignorare. Gli attacchi, le testimonianze degli abitanti... Qualcosa di inquietante sta succedendo e dobbiamo capire la verità che sta dietro tutto questo caos.»

Ben scosse la testa con un sorriso scettico. «Figlio mio, l'immaginazione può giocare brutti scherzi. Non puoi credere a ogni racconto che circola da queste parti. Lo sai che qua amano fare a gara su chi la spara più grossa. Dovremmo concentrarci su cose più realistiche, come proteggere la nostra comunità da eventuali pericoli reali.»

Presi un profondo respiro e mi rivolsi a mia madre, ignorando di proposito gli altri due: «Mamma, io mi sono fidata di te quando siamo partite lasciando tutto. Prova a farlo tu con me. Ci sono storie e leggende che circolano da generazioni qui in Alaska e potrebbero contenere un briciolo di verità. Vale la pena, verificarle.»

Mia madre alzò un sopracciglio, guardandomi con uno sguardo scettico. «Non mi hai seguita con calma serafica, non dimenticare che hai tentato una fuga durante la tormenta. Ma... stai sul serio credendo a queste storie? Non possiamo basare le nostre decisioni su mere leggende e superstizioni. Dobbiamo pensare alla nostra sicurezza e al nostro benessere.»

Mi sentii frustrata e stanca di discutere. «Mamma, non puoi ignorare del tutto ciò che sta accadendo intorno a noi. Ci sono prove tangibili che qualcosa di strano sta succedendo. Dobbiamo investigare, cercare risposte.»

«Vi siete fatti prendere troppo dalla sindrome di Sherlock Holmes e noi abbiamo sbagliato a darvi corda.» Intervenne Ben. «Basta indagini. Siete due adolescenti, fate gli adolescenti. Ethan devi riprendere gli studi. Non puoi perdere l'anno correndo dietro alle leggende.»

«Giusto.» Concordò mia madre. «Tra l'altro, ci sta già pensando lo sceriffo che è di sicuro più competente di voi due. Emma, dobbiamo pensare seriamente alla scuola anche noi. Dovremo vedere quella di zona...»

«Qua non ci sono scuole vicine.» La interruppe serio Ben. «Per questo motivo, i ragazzi della comunità studiano a casa per conto loro. A volte in gruppetti.»

«Ah, io andavo alla scuola di una cittadina... non ricordo come si chiama...» Commentò mia madre sorpresa.

«Di sicuro quella di Copper Center. Però hanno chiuso le classi corrispondenti alla nostra età per mancanza di alunni.» Spiegò Ben.

Alaska, Amore & Orsi MannariWhere stories live. Discover now