8. RICORDI

401 55 169
                                    

Quella fu una notte agitata per tutti, ne ebbi la conferma la mattina seguente quando incrociai i loro volti stanchi e frustrati. Solo Ethan sembrava aver conservato un pizzico di buon umore, nonostante tutto. Lo vidi comparire nella sala, mentre stavo per iniziare a fare colazione. La luce del sole filtrava dalla finestra dopo aver penetrato gli alberi che circondavano la casa, gettando un'aurea dorata sulle pareti della stanza e creando un'atmosfera magica e misteriosa intorno a noi.

Ethan si avvicinò al tavolo con passo sicuro, i suoi capelli neri scompigliati donavano al suo aspetto un tocco di ribellione. I suoi occhi azzurri erano vivaci e brillanti, emanavano una profondità misteriosa che catturava l'attenzione di chiunque li fissasse. Il suo sorriso, che sfiorava appena le labbra, era un invito all'avventura e al mistero. Era un ragazzo affascinante, con lineamenti decisi che conferivano al suo volto un'aria magnetica.

«Emma, che ne dici se facciamo un giro dall'altra parte della foresta? Voglio mostrarti un angolo speciale che ho scoperto di recente.» Mi propose.

Mi guardai intorno, cercando di nascondere la mia inquietudine scatenata da quella proposta, cercai supporto nello sguardo di mia madre che, però, non arrivò. La vidi sorridere sognante, chissà che fantasie si era già fatta su me e Ethan.

«Ma è una splendida idea!» Commentò gioiosa, confermando così le mie ipotesi.

«Sinceramente, sono un po' titubante.» Dissi smorzando l'entusiasmo di entrambi. «Dopo quello che abbiamo sentito riguardo agli attacchi, ho paura di incontrare orsi o lupi lungo il percorso.»

«Capisco, ma è ancora presto per vedere orsi in giro e i lupi di solito si tengono alla larga dagli esseri umani, giusto pa'?» Commentò Ethan rivolgendosi a suo padre che nel frattempo si era limitato a sorseggiare il caffè, imperturbabile.

«Mah,» rispose poi. «ci ho pensato molto stanotte. Ho notato che questi attacchi sono circoscritti a un'area precisa e, secondo me, con molta probabilità sono stati causati da persone che cercano di creare confusione nella comunità e provocare disagi. Non tutti qui vanno d'accordo tra loro, purtroppo. Ci sono storie di piccoli rancori reciproci che durano da anni.»

Annuii, sentendomi un po' rassicurata. Tuttavia, una traccia di inquietudine rimase dentro di me.

«Ma cosa potremmo fare se ci trovassimo di fronte a una situazione pericolosa?» Chiesi dando voce a quella sensazione spiacevole.

Ben arricciò il naso pensieroso, ma rimase in silenzio. Mia madre lo fissava, pendeva letteralmente dalle sue labbra. Ethan, dopo un attimo di esitazione, sorrise e indicò un enorme borsa sportiva a tracolla blu abbandonata sul divano.

«Lì dentro ho messo un fucile da caccia, solo per sicurezza. Spero di non doverlo mai usare, ma serve proprio per affrontare le situazioni pericolose.» Poi notando il mio scetticismo, aggiunse: «Sono abile con le armi da fuoco e so come proteggerci, vero pa'?»

Ben gli diede una pacca sulla spalla con evidente orgoglio. «Qua in Alaska i ragazzi imparano a maneggiare le armi fin da piccoli. In queste zone, è importante sapersi difendere. Lui ha una mira eccezionale, ti puoi fidare.»

Mi sentii subito sollevata nel sapere del fucile e ascoltando le loro parole. Anche mia madre aveva ripreso il suo colorito e la sua espressione beata.

«Grazie, Ethan. Sono più tranquilla, adesso.»

Mi sentivo lusingata da come era cambiato l'atteggiamento del ragazzo nei miei confronti rispetto a quando ci eravamo incontrati la prima volta sotto la bufera di neve.

Durante la passeggiata, camminammo fianco a fianco, immergendoci nella bellezza incontaminata della natura che ci circondava. Mi lasciai trasportare dai racconti di Ethan su quei luoghi. Dalle sue parole si percepiva magia e spensieratezza, ma anche tanta nostalgia.

«Cosa ti manca di quei giorni?» Gli chiesi. «A parte i sei anni di età e la bocca sempre sporca di cioccolata?» Aggiunsi ridendo.

«Mia madre.» Mi rispose asciutto.

Ebbi una fitta al cuore. Rimanemmo un po' in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Poi lui iniziò a raccontare come se lo facesse più a se stesso.

«In realtà, è sciocca come risposta quella che ti ho dato perché io non ho mai conosciuto mia madre. È morta partorendomi. Un parto particolarmente difficile e in queste zone te la cavi bene se i parti sono facili.»

«Non ci sono ospedali?»

«Qua vicino no. Ti devono trasportare con l'elisoccorso. A volte fanno in tempo e a volte no.»

«Mi dispiace moltissimo, Ethan.» Mormorai.

«Tranquilla. Come ti ho ho detto non la conoscevo. Solo che mi manca.» Rise. «Mi manca l'idea che sia esistita e non l'ho potuta conoscere. Mi manca dai racconti che mi faceva mio padre quando ero piccolo. Poi, man mano che crescevo, ha smesso di parlarmene. Come se adesso, io non ne abbia più bisogno.»

«Hai provato a dirglielo?»

«No, qua non siamo abituati alle confidenze. Anzi, è strano che io lo stia facendo con te adesso.»

«Grazie per avermi dato questa fiducia.» Gli dissi con un sorriso.

Ci fermammo per un momento per osservare il paesaggio maestoso che si stendeva davanti a noi.

«Mi fa piacere parlare di queste cose con te, Emma.» Mi disse Ethan ignorando il mio sguardo e arruffandosi i capelli, in evidente imbarazzo.

Sorrisi teneramente, mi sentivo fortunata ad aver trovato qualcuno con cui poter condividere i propri pensieri più intimi anche in quelle zone desolate.

«Sono grata di averti incontrato, Ethan. È come se il destino ci avesse fatto conoscere in questo luogo selvaggio e magico proprio quando entrambi ne avevamo più bisogno.»

Ethan mi prese la mano, stringendola con delicatezza.

«Un modo dolce e romantico di vedere le cose. Io, da quando ti conosco, ho dovuto reprimere il desiderio di strozzarti almeno una decina di volte.» Confessò ridendo.

Mio malgrado risi anch'io. «Eh, in effetti anche tu mi hai messo a dura prova.»

Mi lasciò la mano e all'improvviso mi sentii privata del suo calore. Nella fretta di uscire, entrambi avevamo dimenticato i guanti nella baita. Pensai che il freddo che mi invase, non appena la sua mano smise di stringere la mia, fosse proprio a causa di quella dimenticanza.

O forse no...

Continuammo a camminare, lasciando che la bellezza della natura ci avvolgesse, mentre i nostri cuori si aprivano sempre di più. Ci trovavamo in un luogo incantevole e l'emozione della scoperta ci legava sempre di più.

Iniziai a confidargli pezzi della mia vita precedente al mio arrivo in Alaska, svelando frammenti del mio passato, di mio padre e di come mia madre mi avesse trascinato via da tutto in una fuga disperata. Le parole fluivano dalla mia bocca, portando con sé i ricordi e le emozioni che le accompagnavano. Mi sentivo vulnerabile, ma allo stesso tempo protetta dalla sua presenza, come se condividere quei segreti con lui potesse alleviare il peso che avevo portato con me fin dall'inizio. Ethan ascoltava attentamente, i suoi occhi azzurri riflettendo una comprensione silenziosa mentre il vento sibilava tra gli alberi, come se la natura stessa partecipasse al nostro intimo dialogo.

«Tua madre ha di sicuro agito in modo impulsivo, ma al tempo stesso è stata incredibilmente coraggiosa. Se le donne di queste parti conoscessero la sua storia, le riserverebbero un grande rispetto.» Commentò ridendo.

Camminando insieme, provavamo un senso di sicurezza reciproca. Era da molto che non mi sentivo così. Gli ultimi eventi accaduti nella mia vita mi avevano spezzato in due. Il comportamento di mio padre, in particolar modo, mi aveva fatto perdere la fiducia negli altri, specie di sesso maschile. Però con Ethan sentivo che avevo trovato una connessione speciale che si stava formando, una promessa di qualcosa di più profondo e significativo. Era come se l'universo stesso ci invitasse a scoprire il potere di un'amicizia che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più.

Mentre il sole si abbassava all'orizzonte, colorando il cielo di sfumature dorate, proseguimmo il nostro percorso come se fosse infinito. Come se non avessimo più voglia di tornare indietro.

Alaska, Amore & Orsi MannariWhere stories live. Discover now