5.3 CHE CI FAI QUA?!

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Mentre ero intenta a osservarli, immersa nei miei confusi pensieri, una voce improvvisa, proveniente dalle mie spalle, mi fece sobbalzare. «Sono allegri stamani, eh?».

Il cuore balzò in gola, mentre mi voltavo rapida. Scoprii un ragazzo alto e affascinante in piedi tre scalini sopra di me.

Indossava un paio di jeans scoloriti e una felpa blu leggera che metteva in risalto la sua figura slanciata. Mentre lui sembrava essere molto a suo agio, mi resi conto con imbarazzo di essere ancora in pigiama e con le pantofole pelose a forma di cane ai piedi.

I nostri sguardi si incrociarono e l'atmosfera si riempì di una strana tensione. Sentii un brivido correre lungo la schiena mentre cercavo di nascondere le pantofole al suo sguardo. La mia mente corse rapida all'incontro della notte precedente, alla voce di quel giovane che mi aveva salvato durante la bufera. Erano voci simili. Uguali.

Era la stessa persona!

La luce del sole filtrava debole dalle finestre, illuminando la scena e mettendo in evidenza la differenza di abbigliamento tra noi. Mi sentii vulnerabile e fui presa dal desiderio di scusarmi per il mio abbigliamento non consono. Tuttavia, mantenni una certa compostezza e cercai di mascherare la mia vergogna con un sorriso incerto.

«Buongiorno,» Sussurrai per non farmi sentire da mia madre e da Ben. «Mi dispiace per l'aspetto. Non mi aspettavo di trovarti qui. A proposito, ma che ci fai qua?»

Il giovane inclinò un po' la testa, studiandomi con uno sguardo intenso. I suoi occhi, di un colore vivido, sembravano scrutarmi come se volessero leggere la mia anima. Era evidente che quel ragazzo aveva una presenza magnetica, questo lo rendeva ancora più affascinante.

«Ci vivo qua.» Rispose pungente. Poi aggiunse: «Volevo fare colazione e mi sono imbattuto in questa scena piuttosto interessante.»

Vive qua! Sotto il mio stesso tetto? Ma da quando?

«Non è possibile.» Bisbigliai. «Io e mia madre siamo ospiti qua e non ti avevo mai visto prima.»

«So come evitare i turisti che mio padre ospita occasionalmente.» Rispose lui. «Certo, se questi si fiondano di notte sotto la bufera come degli idioti e mio padre mi chiede di aiutarlo a recuperarli, mi tocca riemergere dal mio nascondiglio.» Aggiunse pungente.

Mio padre? Il figlio di Ben mi aveva salvato la vita!

Mi sentii arrossire e abbassai lo sguardo d'istinto.

«Dunque sei tu che mi hai salvato stanotte?» Chiesi con un filo di voce. «Grazie, davvero.»

Lui fece le spallucce e rimase in silenzio.

«Però, non sono un'idiota.» Dissi offesa e alterata. «Odio questo posto. Voglio andarmene.»

«Ehi voi due che ci fate sulle scale!» Ci sentimmo apostrofare. Mi voltai e vidi Ben e mia madre sorridenti che ci fissavano.

«Buongiorno Emma.» Mi salutò il padrone di casa allegro. «Ti presento mio figlio Ethan, ma so che l'hai già conosciuto stanotte.» Aggiunse ridacchiando.

Già! Pensai arrabbiata soprattutto con me stessa. Mi vergognavo terribilmente di essere tornata nella casa trasportata come un sacco di patate congelato sulle spalle di quel ragazzo che mi aveva, poi, buttata sul divano e coperta con una mezza dozzina di plaid. Una scena di sicuro comica e memorabile per tutti, meno che per me.

Alaska, Amore & Orsi MannariOnde as histórias ganham vida. Descobre agora