23.1 PROVE IN VIAGGIO

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Era l'alba quando Ben e Marta iniziarono a preparare le ultime cose per il viaggio di ritorno a Copper Center. Il sole cominciava a illuminare il cielo, tingendolo di calde sfumature arancioni. I due erano pronti ad affrontare di nuovo il viaggio in elicottero per portare le copie delle nuove prove raccolte alla polizia locale. Come era ovvio che fosse, infatti, Ben aveva consegnato i documenti originali allo sceriffo, ma prima si era fatto delle copie.

«Meglio non fidarsi di quello.» Si era giustificato, prendendo le copie dei documenti e mettendole in una busta. «Non si sa mai cosa potrebbe succedere.»

Annuimmo tutti, pensai a come ci aveva liquidato lo sceriffo. Era meglio essere prudenti, soprattutto considerando la situazione delicata in cui ci trovavamo.

Li accompagnammo davanti alla stazione degli elicotteri.

«Ragazzi, dobbiamo darci da fare. Non abbiate fretta, state attenti e non fate imprudenze, ok?» Disse Ben con tono severo ma premuroso.

«Prometto che faremo attenzione, papà.» Rispose Ethan.

Mia madre mi si avvicinò e mi prese delicatamente per le spalle: «Stai a sentire, cara, tu e Ethan dovete prendervi cura l'uno dell'altro mentre noi non ci siamo. Non voglio che succeda nulla di male, capito?»

«Capito, mamma.» rispose Emma con un sorriso.

Ben si avvicinò ad Ethan e lo abbracciò. «Mi raccomando, fallo mangiare e fai in modo che non faccia troppi danni con il suo modo irruente. So che puoi gestirlo.»

Risi e lo rassicurai: «Non ti preoccupare, lo terrò a bada.»

«So badare a me stesso. E non mi fido della cucina di questa cittadina.» Brontolò ridendo Ethan.

Con un ultimo sguardo preoccupato, ci salutarono e si allontanarono lungo la strada che li portava verso un tizio con un berretto in testa che al centro della pista li stava aspettando. Ipotizzai fosse il pilota.

Appena furono saliti, i motori dell'elicottero iniziarono a ronzare, impazienti di ripartire verso Copper Center.

Immaginai la vista che avrebbero avuto dei paesaggi dell'Alaska durante il loro breve viaggio. Pensai alle montagne ancora innevate, I fiumi che serpeggiavano tra la vegetazione e il cielo infinito. Un panorama selvaggio e spettacolare visto da una posizione privilegiata. Li invidiai molto.

Il sole splendeva alto nel cielo e per ingannare la noia decidemmo che era giunto il momento per me di imparare a sparare a un orso mannaro. Ci trovavamo di fronte alla casa, circondati dal paesaggio selvaggio dell'Alaska. Avevamo entrambi afferrato uno dei fucili conservati nell'armeria privata di Ben e ci eravamo sistemati di fronte al tronco di legno, a una distanza ragionevole. Sul robusto supporto avevamo sistemato con cura alcune bottiglie di vetro e barattoli di latta, che avrebbero fatto da bersagli per la nostra sessione di addestramento al tiro.

Ethan era un abile cacciatore e conosceva bene l'uso delle armi da fuoco. Con pazienza, mi aiutò ad imbracciare il fucile e mi spiegò come impugnarlo correttamente. Mi stava a un palmo dal viso, il suo caldo respiro sul mio collo non faceva che aumentare l'imbarazzo di quella vicinanza.

«Allora, tieni il calcio del fucile contro la spalla, afferra la calciatura con la mano sinistra e con la destra impugna la canna. Sì, brava.» Mi incoraggiò Ethan mentre poneva attenzione a ogni suo movimento.

Mi sentivo un po' insicura, ma la presenza rassicurante di Ethan mi tranquillizzava. Le mie mani erano leggermente tremanti all'inizio, ma grazie alla pazienza e alla guida attenta di Ethan, iniziai a sentire sempre più sicurezza e controllo sull'arma man mano che passavano le ore. La sua voce calma e le istruzioni precise mi incoraggiavano a concentrarmi sulla mira, a respirare regolarmente e a premere delicatamente il grilletto. Era strano, ma sentivo che tra noi c'era una connessione speciale, come se quella sessione di tiro ci stesse avvicinando ancora di più. Non potevo fare a meno di notare quanto fosse vicino, la sua figura solida e sicura a fianco alla mia mentre si assicurava che tutto procedesse nel migliore dei modi. La tensione tra noi non la percepivo solo io. Ero sicura che così lo fosse anche per lui, ma Ethan cercava di romperla con qualche battuta ironica sulla mia mira, facendomi sorridere anche mentre mi concentravo. Era un momento di intimità diverso dai soliti, ma sentivo che mi stava aiutando non solo a migliorare il tiro, ma anche a superare alcune paure e ansie. Non c'erano più solo fucili e bersagli, c'era una connessione profonda tra di noi, una complicità che rendeva tutto speciale.

«Ora prendi la mira.» Disse Ethan, avvicinandosi un po' di più per aiutarmi. «Guarda attraverso la tacca di mira e allinea il mirino con il bersaglio. Respira profondamente e poi, quando ti senti pronta, premi il grilletto delicatamente.»

Eseguii le sue istruzioni con attenzione, cercando di concentrarmi sulla mira e ignorando la sensazione di formicolio lungo la schiena per via della vicinanza con Ethan. Era una sensazione nuova per me, una miscela di imbarazzo e eccitazione.

«Non ti preoccupare, ci vuole un po' di pratica.» Disse Ethan con un sorriso ironico. «Se non colpisci il bersaglio subito, non ti preoccupare, nessuno nasce esperto.»

Mi sforzai di prendere la mira, ma il primo colpo andò un po' storto, colpendo il tronco di legno vicino al bersaglio. Mi sentii un po' delusa, ma Ethan mi incoraggiò a continuare.

«Va bene, va bene. Ricorda, ogni tiro è un'opportunità di migliorare.» Mi disse sorridendo. «Prova di nuovo, e questa volta respira profondamente e rilassati.»

Seguii di nuovo il suo consiglio alla lettera e mi concentrai sul bersaglio, cercando di dimenticare per un momento il mio imbarazzo per la vicinanza con Ethan. Presi la mira e premetti il grilletto.

Il fucile scattò tra le mie mani e il proiettile colpì una delle bottiglie di vetro, facendola esplodere in mille pezzi. Esclamai un gridolino di gioia e mi voltai verso Ethan con un sorriso di trionfo.

«Hai visto? Ce l'ho fatta!» Dissi entusiasta.

Ethan mi diede una pacca sulla spalla, con orgoglio. «Brava, davvero brava! Vedrai, con un po' di pratica diventerai un'ottima tiratrice.»

Mentre continuavamo a sparare la mia mira migliorava. La tensione tra noi rimaneva costante, invece. Più di una volta mi sorpresi a fantasticare su come sarebbe stato baciarlo, e gli occhi spesso si posarono sulle sue labbra, lasciando correre la mente verso sentieri oscuri e proibiti.

«Ehi, ma attenta a non colpire me, eh!» scherzò Ethan, fingendo di evitare i proiettili che sparavo.

Il resto della giornata sarebbe proseguita così, con noi impegnati a sparare e ridere, ma Ethan decise prendere, con delicatezza e attenzione, una pistola .50 Action Express dal suo foderino. Con un sorriso curioso, propose: «Prova questa, adesso. Fa attenzione, ha un...».

Prima che potesse finire la frase, il fragore assordante di uno sparo riempì l'aria, seguito da un potente rinculo.

Rimasi con lo sguardo incollato sulla pistola, vidi il muso dell'arma alzarsi all'improvviso verso l'alto, come se volesse liberarsi dalla sua presa. I miei polsi furono percossi da una vibrazione intensa, mentre il rinculo si propagava attraverso le sue braccia. Un istante di sorpresa attraversò il mio volto, ma la presa rimase salda sulla pistola.

Quando il fragore e il rinculo si placarono, abbassai piano la pistola, una miscela di emozione e adrenalina scintillante dentro tutto il mio corpo.

«...potente rinculo.» Terminò la frase Ethan.

Alaska, Amore & Orsi MannariWhere stories live. Discover now