28. EPILOGO

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Il sole si stava abbassando all'orizzonte, tingendo di sfumature arancioni e rosa il cielo sopra di loro. Lo sceriffo, con il suo vice al seguito, si allontanò camminando con passo deciso, tenendo sotto braccio il fascio di prove raccolte durante le indagini. Mia madre e Ben li seguirono, visibilmente sollevati per il buon esito della loro cooperazione.

Mi accoccolai nell'abbraccio di Ethan, ci guardammo negli occhi e nei suoi vi lessi la mia stessa emozione che ci pervadeva dopo aver contribuito a portare alla giustizia coloro che avevano messo a repentaglio le nostre vite. Camminammo lungo il sentiero che conduceva a casa, mi sentivo libera e felice e sapevo che anche Ethan si sentiva così.

Mentre percorrevamo il sentiero, un leggero brivido mi percorse la schiena. All'improvviso mi sentii osservata e scrutata, ma non riuscivo a individuare da dove provenisse questa sensazione. Cercai di scacciare il pensiero e mi concentrai su Ethan, che parlava animatamente dei loro progetti futuri.

«Senti, adesso che è finito tutto possiamo pure convincere tua madre a mollare sta storia del trasloco. Mica possiamo prendere un elicottero ogni volta che vogliamo stare un po' insieme...» Diceva sorridente.

Non riuscivo a seguire i suoi discorsi. Mi sentivo a disagio. Poi, dai folti cespugli sulla sinistra, vidi a un tratto degli occhi rossi, scintillanti come fiamme infernali, che emergevano dall'oscurità come spettri affamati. Le pupille sembravano bruciare con malevola intensità, gettandomi addosso una luce sinistra che mi paralizzò dalla paura. Si intravedevano appena, ma il loro bagliore malato mi perforò l'anima, facendomi rabbrividire fino al midollo. La loro presenza nascosta nella penombra evocava il terrore di qualcosa di antico e inspiegabile. Un'entità che si nascondeva, ma che di sicuro non ci aveva mai perso di vista.

Mi fermai un attimo, cercando di focalizzare quello sguardo, vidi lo scintillio di un bagliore luminoso in quelle pupille nere, per un secondo, ma bastò per riportarmi alla mente la stessa luce potente che ci aveva resi temporaneamente ciechi quella volta. Tirai la giacca di Ethan per chiamarlo, ma i misteriosi occhi scomparvero. Era come se l'essere che ci osservava si fosse dissolto nell'oscurità del bosco.

«Ethan...» Sussurrai, cercando di attirare la sua attenzione senza sembrare allarmata. Lui si voltò verso di me con aria stupita e preoccupata.

«Cosa c'è?» Chiese, notando la mia espressione turbata.

«Niente, forse è solo la mia immaginazione. Probabilmente ho visto un animale selvatico.»

«Oh, devi abituarti perché qua è pieno di animali selvatici. È normale.» Disse e poi mi diede un rapido bacio a fior di labbra, cercando di rassicurarmi.

Continuammo a camminare, ma non riuscivo a scacciare quella strana sensazione di inquietudine. Mi voltai ancora una volta a guardare nella direzione della boscaglia in cui avevo visto gli occhi rossi, ma non vidi nulla.

Raggiungemmo gli altri e mi feci coinvolgere nelle loro risate.

Nonostante ciò, permase in me la convinzione che il mistero dell'orso mannaro non fu risolto in quelle settimane, anche se tutti ne furono convinti. E di sicuro neanche negli anni che seguirono.

Forse gli orsi mannari non esistono, ma ciò che vidi quel giorno non lo dimenticai mai. Quegli intensi occhi rossi mi portarono a credere alla leggenda e a fantasticare sulle creature misteriose che ancora si nascondevano tra le ombre del bosco dell'Alaska. Nel corso degli anni, passai molte nottate senza riposo. E quelle notti insonni mi videro immaginare avventure, intrighi e segreti custoditi da creature selvagge e mistiche, anche se razionalmente sapevo che erano solo il frutto della mia fervida immaginazione. Eppure, in cuor mio, rimaneva un filo di incertezza, una scintilla di dubbio che alimentava la mia passione per i misteri e le leggende.

Ethan, d'altra parte, era convinto che tutto si fosse risolto. Il suo spirito pragmatico lo portava a considerare l'intera vicenda come una serie di coincidenze e malintesi. Aveva messo il caso dietro le sbarre e la sua mente razionale aveva finalmente trovato pace.

Ma io, da parte mia, non riuscii mai a mettere a tacere quella sensazione inquietante che avevo provato nel cuore del bosco. Era stato come se qualcosa mi stesse sfuggendo, qualcosa di impalpabile, spaventoso e misterioso che non sono mai stata capace di spiegare con la sola razionalità.

Così, mentre la vita seguiva il suo corso e i giorni, i mesi e gli anni trascorsero sereni, portai per sempre con me il segreto di quegli occhi rossi e della presenza inquietante nel cuore del bosco.

Forse, un giorno, pensai una mattina alzandomi prima del solito, troverò il coraggio di indagare ancora una volta, di sfidare l'ignoto e di scoprire la verità che si nasconde oltre le ombre e i miti della leggenda dell'orso mannaro.

Alaska, Amore & Orsi MannariWhere stories live. Discover now