9. LA MINACCIA

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Facemmo ritorno a casa dopo molte ore di passeggiata nella foresta. Mentre ci avvicinavamo, percepimmo subito un cambiamento nell'atmosfera che ci circondava. Il clima gioioso e spensierato che ci aveva accompagnati durante il nostro tragitto si trasformò all'improvviso in qualcosa di inquietante e allarmante.

Ci scambiammo uno sguardo confuso, notando i nostri genitori, Marta e Ben, agitati e armati, perlustrare la zona circostante la casa con espressioni tese di preoccupazione. La luce del sole stava lentamente svanendo, lasciando spazio a un crepuscolo incerto e sinistro. Raggiunsi mia madre correndo e cercando di nascondere l'ansia che pervadeva il mio cuore.

«Cosa sta succedendo? Perché state perlustrando la zona e siete armati?»

Mia madre mi fissò con occhi carichi di apprensione e voce allarmata, come un faro di preoccupazione nella notte, disse: «Emma, è successo qualcosa di terribile. Abbiamo scoperto segni inequivocabili della presenza di qualcuno vicino al capanno degli attrezzi. Qualcuno ha tentato di intrufolarsi lì. Non sappiamo chi o cosa sia, ma ignorare questi segnali non è un'opzione».

La tensione si fece densa nell'aria, mentre Ethan si avvicinava a Ben, scrutando il suo volto in cerca di indizi sull'origine di quella minaccia imminente. Curiosa, mi avvicinai silenziosamente cercando di cogliere qualche parola della loro conversazione. Riuscii a sentire distintamente la voce di Ethan che, con un leggero tremito, chiedeva a Ben: «Papà, cosa pensi possa essere? Non abbiamo mai affrontato una situazione simile qui»

L'uomo annuì con determinazione, stringendo saldamente la sua arma tra le mani. Guardandolo seriamente, rispose con voce decisa: «Non posso affermarlo con certezza, ma qualcuno vuol terrorizzare la nostra comunità. Gli attacchi di cui abbiamo sentito parlare sembrano essere reali, e ora che la minaccia ha toccato così da vicino la nostra casa, dobbiamo essere pronti ad affrontare qualsiasi pericolo che si presenti».

Il vento sussurrava tra gli alberi, portando con sé un senso di minaccia imminente. Sentivo uno strano nodo allo stomaco, l'ansia stava aumentando a ogni secondo che passava.

«Cosa dobbiamo fare, Ethan? Come possiamo proteggerci?» Chiesi aggrappandomi allarmata al suo braccio.

Ethan mi prese la mano cercando di trasmettere calma e coraggio.

«Dobbiamo stare insieme, Emma. E non farci prendere dal panico. Sicuramente c'è una spiegazione logica per tutto.» Poi rivolto al padre chiese: «Hai già parlato con lo Sceriffo?»

«Sì, l'ho chiamato con la radio. Mi ha detto che è in giro a perlustrare le zone segnalate. Farà una capatina anche qua da noi appena gli sarà possibile.»

«Cioè mai.» Borbottò Ethan.

«Di sicuro viene, ma sì, con molta calma.» convenne.

«Se la situazione è questa, Emma deve tornare subito a casa.» disse mia madre risoluta.

Vidi Ben annuire serio.
«Cosa? Come ripartire? Per andare dove, poi?» chiesi con voce più stridula di quanto avessi desiderato. «E poi cosa vuoi dire che Io me ne devo andare? Da sola?»

«Non puoi stare in mezzo a una situazione così pericolosa. Da madre non posso permettere che ti accada qualcosa. Tornerai a casa, almeno fino a quando non si sarà risolta tutta questa strana faccenda. Ho fatto un errore enorme a portarti con me.»

«Quale casa? E tu, poi? Che farai tu?»

«Rientriamo dentro, parliamone in camera.» mi disse mia madre con tono grave.

«No! Parliamone qua! Io mi sono rotta dei tuoi capricci, mamma. Mi hai portato via dalla mia vita e sapevi che l'Alaska è un luogo pericoloso. Non è una novità per nessuno. Mi hai detto che sarebbe stata una bella avventura formativa per me. Adesso, rimaniamo qua e lottiamo per la mia bella avventura formativa!»

«Emma! Se ti accadesse qualcosa non me lo potrei mai perdonare. Ho sbagliato a portarti qua, lo so bene. Avrei dovuto lasciarti al sicuro da tuo padre.»

«Lasciarmi da uno che non mi vuole?» Le chiesi con le lacrime che bruciavano il mio viso.

«Per favore, entriamo un attimo dentro. Devo parlarti.» Il tono non ammetteva discussioni e la seguii.

Si sedette sul divano del salotto, e i suoi movimenti tradivano una chiara agitazione. «Non ti ho detto molte cose di me.» Mi disse, evitando il contatto visivo.

«Tipo che ti stai prendendo una cotta per Ben?» Suggerii con un sorriso malizioso.

Lei scoppiò in una risata franca. «Ma no, no. Stiamo diventando solo buoni amici. L'amicizia tra un uomo e una donna può esistere. E credimi, è bellissima.»

«E allora, cosa?» Chiesi curiosa.

«Le motivazioni che mi hanno portato qua.» Fece una pausa e poi riprese con voce grave: «Emma, io ci sono nata tra questi boschi e queste montagne. Niente di tutto ciò che vedo adesso mi è nuovo.»

«Cosa?» esclamai più forte di quanto avessi voluto. «Ma che diamine stai dicendo? Tu sei nata in California!»

«No, lì è nato tuo padre. L'ho conosciuto in una bellissima spiaggia californiana, mentre ero in vacanza studio. Una vacanza che mi regalò tuo nonno e che mi cambiò la vita.»

«Un nonno che non ho mai conosciuto. Dimmi che non mi hai detto una balla pure sul di lui?» Le chiesi risentita.

«No, su di lui ti ho detto la verità. Tutti e due i nonni sono morti prima che tu nascessi.»

«Perché non me l'hai mai detto?» Chiesi stupita.

«Mah!» Rispose sospirando e passandosi una mano tra i capelli. «Quella vacanza studio fu una fuga, in realtà. Fuggivo da un ex fidanzato manesco, da una madre dispotica, da un padre che stava morendo... Scappai e decisi che non avrei più parlato dell'Alaska e del mio passato.» Mi guardò con un sorriso amaro. «Hai ragione quando dici che scappo sempre.»

Presi la sua mano tra le mie. Era gelata.

«Perché hai deciso di tornare?»

«Perché quando tuo padre mi ha tradito, il mondo che mi ero costruita è crollato come un castello di sabbia. L'unico mio pensiero, oltre te, è stato tornare alle origini. Nella mia terra, come se solo qua fosse stato possibile ritrovare una dimensione di vita sicura, una parvenza di equilibrio, e ricominciare a vivere. Solo che a quanto pare, non è così sicuro.» Concluse ridendo. «Non puoi stare qui. Devi andare da tuo padre.»

«Perché non vieni con me?»

«Questa è la mia terra. E poi, non ho voglia di scappare. Lo faccio sempre. Voglio provare a combattere senza fuggire.»

«Voglio rimanere con te.»

«Che madre sarei se te lo lasciassi fare? Ho già fatto troppi errori con te.»

«La mia. Saresti semplicemente la mia mamma.» Le dissi con la voce strozzata.

Mi abbracciò forte.

Rimango. Rimaniamo.

Alaska, Amore & Orsi MannariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora