12. TRA LE OMBRE DEL MISTERO

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Camminammo in silenzio attraverso i boschi con il buio della notte che avvolgeva ogni angolo intorno a noi. I rami degli alberi nudi scricchiolavano sotto il peso della neve, mentre il gelido vento ci sferzava il viso. Osservavo il paesaggio notturno con occhi spalancati, stupita dal freddo e dalla bellezza inquietante di quei luoghi.

«Non riesco a credere che tu stia prendendo sul serio tutte queste storie sugli orsi mannari.» Disse Ethan scrollando le spalle, innervosito. «Sono solo vecchie leggende, niente di più. Su questo i nostri genitori avevano ragione, abbiamo fatto un buco nell'acqua. La verità è che ci sono animali pericolosi che abitano queste terre e probabilmente è solo quello che ha causato gli strani avvistamenti e gli attacchi.»

«Ma cosa dici, Ethan? Anche tuo padre ha detto che non possono essere gli orsi in questo periodo. E i segni che abbiamo visto? Come te li spieghi? E poi hai sentito del cane del vecchio Samuel sbranato? Non può essere solo una coincidenza. C'è qualcosa di oscuro che si sta avvicinando alla nostra comunità.» Contestai con veemenza.

«Ma dai Emma! Pensi davvero che i lupi o dei comuni orsi non attaccano i cani? Sai quante volte ci hanno ucciso il bestiame? La verità è che abbiamo perso tempo a dar retta a queste favole.»

«Ethan, ascolta. Non è solo una mia impressione. C'è qualcosa di strano che sta accadendo qui. Per esempio, sento dei rumori inquietanti anche adesso.»

«È solo il vento tra gli alberi, Emma. Ti sei fatta suggestionare.»

«Non puoi negare quello che abbiamo visto e sentito. Siamo lontani dalla civiltà, in mezzo a questa immensa foresta.»

«Senti, tu sei al tuo primo inverno qua, ma credimi che ogni anno è così. L'unica cosa da fare è stare attenti e non farsi prendere dal panico per ogni piccola cazzata.» Rispose Ethan spazientito.

Mentre parlavamo, i rumori pesanti si fecero sempre più vicini.

«Ma non li senti? Non può essere la mia immaginazione!» Dissi allarmata.

«Non lo so.» Ammise preoccupato. Per un attimo lo vidi titubante. «Ma dobbiamo stare all'erta. Prepariamoci a difenderci, non importa cosa sia. Sentii il calore della sua mano afferrare stretta la mia.

La paura si fece strada dentro di noi, mentre ci preparavamo a fronteggiare l'ignoto. I rumori si avvicinavano sempre di più, lasciandoci senza fiato.

Continuammo a muoverci con cautela, i nostri occhi scrutavano ogni ombra e movimento tra gli alberi. Il buio e il silenzio della notte sembravano essersi fusi in un'unica entità inquietante. Non riuscivamo a vedere chi o cosa ci stesse braccando, ma potevamo sentirne i passi pesanti che si avvicinavano sempre di più. A un tratto, un ramo si ruppe con un sinistro crack, facendoci sobbalzare entrambi. Ci voltammo di scatto, cercando di individuare l'origine del suono. Ma non c'era nulla, solo la densa oscurità dei boschi. Continuammo a camminare, ma l'ansia cresceva dentro di noi come una tempesta che minacciava di esplodere.

«Ethan, li senti questi passi? Sono sempre più vicini...» Sussurrai con la voce tremante. «Dobbiamo correre.»

«Muoviamoci, ma lentamente. Dobbiamo trovare un posto sicuro dove poterci nascondere.» Rispose lui, la sua voce un misto di apprensione e determinazione. «Non azzardarti a correre se no diventi una preda e attaccherà.»

Camminammo ancora per qualche minuto, ma la sensazione di essere braccati si faceva sempre più intensa. Il respiro affannato mi riempiva le orecchie, mentre l'aria fredda ci pizzicava il viso. Ogni tanto, sembrava di intravedere delle sagome sfocate tra gli alberi, ma si dissolvevano nell'oscurità prima che riuscissimo a vedere chi fosse.

Il panico mi stringeva il cuore, eppure dovevamo mantenere la calma. Non potevamo permettere che la paura ci paralizzasse. Dovevamo continuare a muoverci, cercare un rifugio, mantenere viva la speranza di farcela.

«C'è un vecchio rifugio non lontano da qui. L'ho scoperto un paio di anni fa, quando ero in giro con mio padre.» Ricordò Ethan.

«Va bene, andiamo lì. Facciamo presto, non so quanto ancora aspetterà prima di attaccarci.» Risposi, stringendo ancora di più la sua mano.

Ci avviammo verso il rifugio, sperando che dentro fosse ancora in buone condizioni. Ogni passo sembrava durare un'eternità, mentre l'angoscia mi avvolgeva come una morsa. Il rumore dei passi si faceva sempre più vicino e la sensazione di essere seguiti si faceva sempre più opprimente.

Finalmente, riuscimmo a scorgere la sagoma del rifugio tra gli alberi. Era una costruzione trasandata e malridotta, ma in quel momento sembrava un'oasi di sicurezza. Ci precipitammo all'interno, chiudendo la porta alle nostre spalle.

Il cuore mi batteva forte nel petto, ma finalmente avevamo messo un minimo di distacco di legno tra noi e colui che ci stava braccando. I rumori sinistri sembrarono attenuarsi, come se l'oscurità dei boschi ci avesse lasciato in pace per un attimo. Ci sedemmo a terra, cercando di riprendere fiato e cercando di capire cosa ci avesse braccato.

«Che cosa diavolo era?» Sussurrai, cercando di far tacere il mio respiro affannato.

«Non lo so. Penso che volesse solo controllarci, se avesse voluto attaccarci lo avrebbe fatto. Neanche un capanno lo avrebbe fermato, invece sembra che si sia allontanato. A ogni modo, non possiamo permetterci di abbassare la guardia.» Rispose Ethan, guardandomi con determinazione.

«Non possiamo passare la notte qua.» Dissi. «Mia madre sarà preoccupatissima.»

«Prova a chiamare con il cellulare, ma non credo che prenderà campo in questa zona. Non verranno a cercarci di notte, mio padre non è stupido. Aspetteranno la mattina per chiamare lo sceriffo.»

«Quello che non interviene mai?» Chiesi con vena polemica.

«Quello che interviene seguendo i suoi tempi, non le ansie tue e di tua madre.» Ribatte lui.

«Vuoi litigare?» Chiesi innervosita.

«La notte è lunga. Decidi tu.» Ribatté con aria di sfida.

Rimasi in silenzio. Non volevo sparargli in faccia la mia frustrazione, però mi infastidiva comunque il suo atteggiamento. Convenni però che la notte sarebbe stata lunga.

«Meglio riposare.» Conclusi con tono asciutto alla fine.

Restammo lì, nel buio del rifugio, con il cuore carico di ansia e la mente piena di domande senza risposta. Continuavamo, di tanto in tanto, a sentire dei rumori sinistri fuori dalla porta, come se qualcuno o qualcosa ci stesse aspettando. A volte sembrava come se stesse raspando la porta. Sbuffando. Ma non sapevamo chi o cosa fosse, e questa incertezza era forse la cosa più spaventosa di tutte.

Alaska, Amore & Orsi MannariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora