cap XXX Colazione

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Arrivati a casa, ci cambiammo velocemente per andare a dormire.

Il silenzio tra noi due mi stava bucando i timpani. Mi ricordò tantissimo di quando stavo con Josh, stavamo sempre zitti nelle brutte serate.

Non volevo questo, provavo un certo senso di colpa, forse avevo ingigantito troppo la situazione?

Infilai il pigiama mentre Charles era in bagno, poi quando lui uscii, entrai io per lavare i denti.

Una volta a letto, Charles si girò con la schiena dal lato opposto al mio, non mi abbracciò, non mi disse nemmeno "buonanotte", semplicemente spense la luce e si mise a dormire.

Avrei dovuto farlo anche io, ma i i pensieri erano troppo tormentati nella mia testa e dormire fu l'ultima delle mie preoccupazioni. Analizzai ogni dettaglio di quella giornata, per capire cosa avessi sbagliato, cosa fosse andato storto.

Ovviamente non trovai risposta. Dovevo accettare il fatto che non fosse colpa mia, eppure, nel mio profondo, sapevo che qualcosa di storto avevo combinato.

Pur conoscendo Charles da poco, sapevo che era una persona molto calma, che si arrabbiava raramente, per fargli perdere la pazienza la dovevi veramente combinare grossa, come con gli ingegneri durante il gran premio di Monaco. Sapevo che era successo qualcosa, che era scattato qualcosa in lui. Continuò a sembrarmi tutto troppo strano.

Guardai il telefono, mi aveva scritto Emy.

Scusa per Tomas, è un vero coglione

Tranquilla bionda, non è colpa sua, e nemmeno tua

Domani mattina colazione insieme?

Ci sto

Poi ci demmo la buonanotte, io mi rigirai in continuazione nel letto, infine caddi in un sonno veramente leggero, il mio cervello non aveva intenzione di fermare il processo di analisi della situazione con Charles.

Eppure, la mattina dopo, mi sembrò tutto passato.

Mi svegliai con calma, Charles era già sveglio, vestito sportivo, doveva andare a correre.

"Buongiorno chéri" disse quando entrai in cucina.

Lui era in piedi, sorseggiava il caffè appoggiato al piano cottura, scorreva il telefono.

Stavo per dirgli della colazione con Emy, aprii leggermente la bocca e presi fiato per pronunciare qualche parola, ma lui mi interruppe:

"Io vedo Cécile, ci vediamo dopo" mise il telefono in tasca, prese le chiavi di casa e uscì, senza dire nient'altro.

Rimasi ancora un po' con le labbra leggermente schiuse, cercando di elaborare quello che era appena successo.

Mi stava evitando.

E tutta la maturità del mio monegasco preferito? Era svanita tutto a un tratto?

Scrissi a Emy:

Tra mezz'ora al solito bar

Mi preparai, poi uscii di casa e inizia a camminare.

Emy mi stava aspettando, seduta a uno dei tavolini di fuori. Mi sedetti anche io, quasi senza nemmeno salutarla. Misi i gomiti sul tavolo e le mani nei capelli.

"Qualcosa non va mora?" disse la ragazza dopo qualche secondo di silenzio.

"Non va nulla" dissi, affondando le dita nella testa

"Che cosa ha combinato Charles?"

Emy era la mia migliore amica da anni, capiva subito chi e quale fosse il problema, come in questo caso;

"Da ieri sera è cambiato qualcosa"

"Spiegati meglio..."

"È da ieri sera che non parla nemmeno, stanotte non sono riuscita a dormire per il pensiero che avessi combinato qualcosa, e stamattina mi ha completamente evitato"

"Cécile, si è reso conto che gli piaci, e non poco"

Rimasi un attimo in silenzio, alzai la testa, mollando la presa delle dita, guardai Emy con occhi spalancati, aveva detto una cosa impossibile, ma che in quel momento era perfettamente sensata.

"Non capisco..."

"Céci, non c'è nulla da capire, gli piaci e se n'è reso conto. Non sa che fare, e, mentre ordina i pensieri, ti evita, così non fa casini o cose di cui si potrebbe pentire"

"Ha perfettamente senso, ma allo stesso tempo mi appare impossibile"

Emy mi guardò con aria soddisfatta, sapendo di avere ragione:

"Non c'è nulla di impossibile, è la semplice verità"

Rimasi in silenzio. Emy chiamò un cameriere di passaggio e ordinammo la colazione. Presi un cappuccino e un croissant.

Poco dopo arrivò il nostro ordine. Ero silenziosa, stavo cercando di capire tutto quello che la mia amica mi aveva detto.

Emy iniziò a sorseggiare il caffè che aveva ordinato, poi mi rivolse un'altra domanda:

"E tu?"

"Io cosa?"

"Tu ricambi?"

Il peso di quella domanda mi piombò addosso in maniera aggressiva e violenta. Mi mancò un secondo il fiato.

Ripensai a le farfalle nello stomaco, alla meraviglia che provavo quando vendevo Charles, agli occhi con cui mi guardava, e ai nostri abbracci.

Una fitta al petto mi opprimeva il respiro: stavo dimenticando Josh? Lo stavo lasciando andare? Ma soprattutto, stavo facendo la cosa giusta?

Nuovamente, non dissi nulla.

"Credo proprio di sì" intuii lei, dal mio silenzio.

Continuammo a consumare la colazione, io offuscata da quei pensieri opprimenti, Emy soddisfatta di aver fatto centro con tutte le sue supposizioni.

Ti amo da qui a Maranello Where stories live. Discover now