"Non si è mai troppo grandi per tornare bambini"

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Jackson non vuole saperne di raccontare il suo cartone preferito in un breve tema, insiste nel dire che vuole guardarlo piuttosto che raccontarlo.

"Ma qui non abbiamo il televisore e se fai il bravo e finisci i compiti in tempo, ti darò il mio telefono per vederlo..."

"Davvero?" mi chiede con quegli occhioni grandi, color cioccolato, come la sua pelle. Ha otto anni ed è arrivato in Italia, con la sua famiglia, da dodici mesi. Si sono trasferiti per lavoro e, siccome non hanno nessuno a cui lasciarlo, si sono rivolti, come molti, alla casa comune della parrocchia. Aiuto Cristina, la catechista, ad occuparsi di loro. "Certo..." trovo fortunatamente un compromesso e basta quell'accordo per fargli svolgere tutti gli altri compiti.

"Brenda tu li guardi ancora i cartoni" quella domanda mi fa sorridere.

"Certo che li guardo!"

"Ma non sei troppo grande?" mi chiede mentre è intento a scrivere sul quaderno.

"Non si è mai troppo grandi per tornare bambini..." non so da dove mi esca quella frase, probabilmente proviene da una mia consapevolezza, oltre che da un rituale: a volte sentivo il bisogno di circondarmi di qualcosa di familiare, di qualcosa che mi facesse ricongiungere con una parte di me, una lontana me, come guardare i film della Disney e proiettarmi in quei pomeriggi trascorsi tra sogno e...sonno. Solo in quel modo tornavo a sentirmi in pace con me stessa, come se, crescendo, non dimenticassi chi fossi stata.

"Finito!"

"Tieni, come promesso" manca poco alla fine del mio turno, per cui mentre lo lascio guardare il suo cartone dal mio cellulare, sfilo un libro dalla borsa e mi immergo nel Novecento inglese.

"Ehi Brenda" Cristina bussa "ti disturbo?"

"No, vieni" dico sorridendole.

"I suoi genitori sono in ritardo, nessuno dei due può uscire prima da lavoro, chiedono se puoi accompagnarlo ad atletica."

"Certo, allora è meglio che ci incamminiamo Jackson."
"D'accordo" dice senza fare storie. Afferro lo zaino di scuola e la sacca già pronta per l'atletica con una mano, mentre Jackson mi stringe l'altra e non la lascia neanche per un secondo lungo il tragitto.

"È difficile la tua scuola?" mi chiede.

"Difficile no, impegnativa sì" rispondo divertita.

"Fate anche alla tua scuola le divisioni?" scoppio a ridere.

"Non più... diciamo che..."

"Brenda!" mi volto sentendo chiamare il mio nome. E' Manuel, ma prima che realizzi che sia davvero lui, fa in tempo a raggiungerci. Diciamo che l'imprevedibilità del caso mi ha spiazzata abbastanza...

"Ma tu giochi con il Raven Club?!" chiede Jackson che lo guarda come fosse davanti ad un'apparizione divina. Lui annuisce divertito. Il suo abbigliamento e il borsone - d'altronde - non lo smentiscono.

"E conosci Brenda?" continua a chiedere con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.

"È la mia compagna di classe" dice inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza. Non ignoro lo sguardo che non manca di riservarmi e che mi scalda di nuovo. Profondo, enigmatico, divertito.

"Brenda, lui è famoso. Viene dalla serie A!"

"Non dirgli che è famoso, poi ci crede" scherzo. Manuel scoppia a ridere.

"Mi accompagni anche tu al campo?" sto per dissuaderlo quando vedo Manuel porgergli la sua mano che, ovviamente, Jackson non esita ad afferrare. Ci guarda estasiato ed è un tuffo di tenerezza nel cuore.

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now