"Ti porto a casa"

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Prima di mettermi a studiare, decido di chiamare Mario per chiedergli di anticipare l'appuntamento, visto che sento la caviglia decisamente sgonfia e pronta per riprendere gli allenamenti.

"Ok, puoi venire Bren. Ma non credo per togliere la fasciatura. Il tempo minimo era di due settimane, se, come dici, oggi hai sforzato la caviglia tanto da improvvisare una corsa, dubito che la potremo togliere" il suo tono tradisce del rimprovero. Ha ragione, forse mi sono lasciata un po' troppo trascinare dall'entusiasmo e ho finito per far degenerare la situazione. Sbuffo sul libro di biologia e tutti gli apparati da studiare. Faccio per alzarmi dalla sedia, incastonata nella scrivania della mia camera, per scendere a prendere dell'acqua, quando sento il telefono squillare. È Chiara.

"Chi..."

"Bren, andiamo a cena questa sera?" la sua voce non mi sembra pimpante come quando l'ho ritrovata alla fermata del bus. Non è da Chiara nascondermi il motivo dei suoi sbalzi di umore, e, in realtà, nemmeno trattarmi nel modo che ha fatto questa mattina.

"Se non intuissi dal tono di voce che hai disperatamente bisogno di uscire questa sera, eviterei volentieri. Sono stanchissima..." ammetto.

"Tu sarai stanchissima per essere andata al mare questa mattina con Manuel? Be' io voglio dimenticare..." si interrompe improvvisamente.

"Cosa?" la incalzo curiosa.

"L'interrogazione di storia..." aggiunge, anche se mi sembra una risposta alquanto improvvisata. Sospiro. Non ho voglia di interrogarla per telefono.

"D'accordo. Devo passare da Mario e poi devo studiare greco con Manuel..."

"Ehi a proposito! Prima che quel ragazzo ti distolga completamente dalla retta via, ricordati che ci sono anche io! Sono una povera anima che rischia di naufragare spiaggiata lontana dalla promozione e dall'ammissione alla maturità per le versioni di greco!"

"Sei drastica Chi!"

"Be' tu pensami così... sola e depressa per essere stata bocciata se la mia migliore amica non mi aiuterà!" protesta.

"Non verrai bocciata, hai una media alta in tutte le materie..."

"Eccetto in greco, che sarà materia di seconda prova" mi cade l'occhio sull'orologio della cucina. È tardi per finire il cronoprogramma che mi sono prefissata, soprattutto se aggiungo la cena con Chiara.

"Ok, ne parliamo dopo. Comunque, ti ho già dato la mia parola. Organizzeremo un gruppo studio io, te, Stefano e Manuel. Tranquilla. Ci vediamo alle otto al White Wild" mi accorgo, dopo aver chiuso la telefonata, di averla interrotta ma, di qualunque cosa si fosse trattata, ne avremmo potuto parlare questa sera. Dopo aver preso l'acqua, risalgo in camera per rimettermi a studiare. Io e gli apparati. A noi due.

***

Il suo volto è inespressivo.

"Allora?"

"Ancora una settimana" sentenzia.

"Come avevamo già previsto..." dico rincuorata dal fatto che non ho commesso ulteriori danni.

"Ma non dovrai fare sforzi, quindi niente uscite, niente di niente, casa e scuola..." mi rimbecca.

"Nella proibizione rientra anche il non andare a cena?" azzardo "in fondo sarei seduta ad un tavolo..."

"Meglio evitare Bren, è solo una settimana. Non di più" ribadisce mentre mi avvolge in una nuova fasciatura. Mi sollevo e salto giù poggiando prima un piede, poi l'altro.

"Sei venuta da sola?" chiede mentre è di spalle.

"Con il bus..."

"Manuel dovrebbe aver finito proprio adesso" finge indifferenza e disinteresse ed io arrossisco. Non capisco se il mio imbarazzo sia dovuto all'aver sentito il nome di Manuel o al pensiero che possa averci visti la volta precedente sul lettino.

"O..Ok" commento balbettando.

"L'ho incontrato mentre venivo da te, gli ho detto che saresti passata e lui mi ha chiesto di avvisarti che gli avrebbe fatto piacere accompagnarti a casa, visto che state studiando insieme, giusto?" annuisco timidamente.

"Sono contento che abbia trovato un'amica come te. Non è un bell'ambiente quello che deve vivere sul lavoro. In squadra ci sono molti adulti, lui sa cavarsela, ma è diverso dagli altri. È più maturo e non si fa mettere i piedi in testa. Questo... non piace" conclude strizzandomi l'occhio.

Avevo intuito che anche il nervosismo, a fasi alterne, di Manuel doveva essere dovuto al trasferimento, alla nuova squadra, la nuova scuola, insomma una nuova routine a cui abituarsi – e anche in fretta. Per quanto lui si sforzi di non far pesare a nessuno il cambio di vita, deve essere difficile per lui riuscire a coordinare e gestire tutto.

"Grazie Mario" mi limito a rispondere, senza porre domande per cui devo mordermi la lingua, affinché non le faccia uscire dalla mia bocca.

Di qualunque problema si tratti, devo lasciare che sia lui a parlarmene, non altri. Spetta a lui decidere quali persone coinvolgere nei suoi problemi personali. Io ci sono. Ma questo lo sa già. O almeno così credo. Devo ancora capire io stessa che ruolo voglio ricoprire per Manuel. Un'amica? Una compagna di classe? O qualcosa di più? A quel pensiero sento di nuovo il brivido farsi vivo e scuotermi. Mi passo una mano sul petto, un gesto istintivo che interpreto come un modo per calmarmi.

"Ci vediamo tra una settimana" lo saluto e mi dirigo verso l'uscita. Lo trovo lì. Di spalle, appoggiato ad una delle due colonne ornamentali dell'edificio in cui si trova la palestra e lo studio di Mario e dei suoi collaboratori.

"Sei stanco? La giornata non è ancora finita" mi posiziono davanti a lui.

"Qualcosa mi dice che tu sia stata abbastanza imprudente da aver prolungato la guarigione della distorsione..."

"Non hai proprio tutti i torti, sono stata imprudente sì, ma non ho prolungato nulla per fortuna. Mario dice che manca ancora una settimana, solo... niente uscite, niente serate, niente di niente. Casa e scuola" dico aprendo le virgolette con le dita. Lui, con le braccia intrecciata al petto, il cappuccio della felpa che gli avvolge il capo, sorride, scuotendo la testa.

"Vieni, ti porto io a casa."

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now