Una missione

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"Bren...Bren" non sono in grado di distinguere se sia un sogno o se qualcuno mi stia chiamando sul serio. Nel dubbio, apro gli occhi e per far luce nel buio della mia stanza allungo la mano verso l'abat-jour e la accendo. Vedo il volto di mio fratello, nel panico.

"Leo" mi sollevo "che succede?"

"Ho scoperto che ho il compito di italiano domani... cioè oggi" non capisco. Ma che ore sono?

"Aspetta" mi stropiccio gli occhi "quando ce l'hai il compito? E perché me lo dici ora?" prendo lo smartphone. L'una passata.

"E perché sei sveglio a quest'ora?" impreco cercando di tenere la voce, per quanto possibile, bassa.

"Stavo giocando..."

"Leo, devi smetterla di giocare fino a tarda notte, mamma lo scoprirà o prima o poi dovrò dirglielo io se questo inciderà sulla scuola!"

"Lo so, è che non mi sono reso conto. Prometto che da oggi non giocherò più la sera. Ho visto la notifica che mi ricordava del compito e non sono preparato."

"Ok... su cosa sarebbe il compito?"

"Sui Promessi Sposi" ricado sul letto. No, i Promessi Sposi all'una di notte no!

"Passami il primo libro sul quadrante alla tua sinistra" ricordo a memoria la sua posizione sullo scaffale, è il primo libro che mi "guarda" ogni volta che sollevo la testa dalla mia scrivania.

"Quali capitoli?"

"Il nove e il dieci" sussurra mentre mi consegna il libro.

"Quelli sulla monaca di Monza..." lui annuisce.

"D'accordo vediamo..." ho ancora gli appunti ai margini del testo, la professoressa del biennio è la stessa che ha insegnato a me e ricordo perfettamente il suo metodo di verifica. Alzo le coperte per farlo infilare accanto a me, e tutta la notte ripassiamo i due capitoli su Gertrude, che lo appassionano anche, finché, sfinito, non chiude gli occhi e io con lui.

La mattina seguente, quando mi specchio, per la prima volta mi spavento davvero. Sono pallida, con due borse - letteralmente intese - sotto gli occhi che potrebbero volentieri ospitare tutto ciò di cui una donna ha bisogno nell'arco di una giornata. Mi cade lo sguardo sulla trousse con i cosmetici a cui ricorro di solito quando esco il sabato sera o nelle festività. Ma quella mattina è necessario coprire i postumi di una nottata in compagnia dei Promessi Sposi, dopo un pomeriggio intenso a studiare greco - fatto che non va ignorato.

Dopo essermi passata un filo di matita nera sul contorno occhi, un po' di fondotinta e - perché no - un po' di rossetto sulle labbra, mi dirigo verso l'armadio per scegliere cosa indossare. Felpa e jeans, senza pensarci troppo. Quello è il mio outfit generico e comodo per affrontare le giornate scolastiche. Quando scendo per fare colazione, mia madre si sta complimentando con mio fratello.

"A cosa sono dovuti questi elogi?" chiedo mentre mi preparo il mio latte e caffè.

"Bren, ho preso sette al compito di latino!" esulta. Gli do il cinque.

"Bravissimo! Sapevo che sarebbe andato bene!"

"Perché ti sei truccata?" chiede mia madre mentre legge il giornale, simulando una certa indifferenza.

"Non ho dormito molto e volevo evitare che qualcuno vedendomi, questa mattina, si spaventasse" io e mio fratello ci scambiamo un'occhiata fugace, lui però sembra alquanto vispo. Forse vedere il voto caricato sul suo registro elettronico deve averlo incoraggiato.

"Incubi o sogni affascinanti e romantici?"

"Smettila di fare allusioni" la intimo scherzosamente. Non faccio a meno di notare quel raggio di sole che entra dalla finestra. Chiudo gli occhi mentre assaporo la mia colazione, rilassandomi con il tepore della tazza bollente che stringo tra le mani. Non vedo l'ora che arrivi la primavera, che inizino ad allungarsi le giornate e che la scuola finisca una volta per tutte. Ho bisogno di ricominciare daccapo, di conoscere nuovi posti, vedere nuovi volti.

"Bene, io approfitto per andare a piedi, visto che sono in anticipo. Buona giornata" le do un bacio e, quando passo accanto a mio fratello, gli scompiglio i capelli.

Non ho percorso neanche venti metri quando sento qualcuno, dietro di me, attirare la mia attenzione. Di solito non do retta a nessuno quando cammino, soprattutto se sono sola - infilo le cuffiette e mi concentro sul mio tragitto - ma quella voce è inconfondibile e ha fatto breccia su di me sin da subito - cosa di cui non ne vado molto fiera, ma è evidente e non posso mentire a me stessa, semmai ammetterlo e cercare di controllarmi.

"Ehi"continua e quel punto sono costretta a voltarmi.

" Buongiorno Manuel, come mai qui?" dico, fingendomi sorpresa. Alla mia ironia, ride apertamente. Mi stupisce vederlo da quelle parti, visto che, da quando è arrivato non l'ho mai colto a intraprendere questa strada.

"Sali" propone mentre rallenta per procedere al mio passo. Con quel sorriso che mi rifila dovrei accettare su due piedi, ma qualcosa dentro di me, forse istinto salvavita e soprattutto salva-lucidità-mentale, mi spinge a rifiutare.

"Preferisco camminare, sono un'atleta ricordi?" lo provoco.

"Dai, devo farmi perdonare per ieri, quando ti ho sporcata con la panna" sebbene abbia ancora presente il momento, sentir pronunciare da lui quelle parole fa materializzare nella mia mente immagini del tutto differenti dalla realtà e soprattutto improponibili alla mente e alla disciplina di chi dovrebbe affrontare una giornata di scuola. Scuoto la testa come per rimuovere quel pensiero osé.

"Come se non fosse successo" lo rassicuro, in realtà è più rivolta a me quella rassicurazione che a lui.

"Ok" quando penso di aver schivato, almeno per ora, il pericolo, lo vedo accostare sulla destra e parcheggiare. A metà strada tra casa mia e la scuola. Lo guardo accigliata.

"Se non vuoi che ti accompagni in macchina, lo farò a piedi. Sono un atleta anch'io..." dice sfoderando quel suo sorriso irresistibile. Mi mordo il labbro inferiore, per trattenere un sorriso, divertito e compiaciuto dal suo gesto.

"In realtà sei un calciatore" preciso.

"Appunto... devo tenermi sempre in forma e poi non è del tutto disinteressato il mio gesto" dice a braccia aperte, mentre è in attesa che lo raggiunga "voglio approfittare di te per ripassare, ovviamente!"

"Ah ecco, questo è sfruttamento. Non è previsto dal contratto, anzi, dagli ordini ricevuti dalla Del Fuoco... direi che almeno nel tragitto casa-scuola vorrei dimenticare di essere stata scelta per un compito molto importante. Far promuovere con un voto decente un calciatore di serie A in prestito alla serie B..."

" Meriteresti un premio alla fine dell'anno se ci riuscissi."

" Come, come? Se ci riuscissi? Medina non sono contemplati se, devi prendere un voto degno del mio tempo impiegato ad aiutarti. Mi sembra equo, o no?" lo avverto.

"Ok, adesso mi fai paura" dice con occhi sgranati, ma non riusciamo a restare seri e scoppiamo a ridere.

Sui gradini all'ingresso centrale della scuola, sotto il porticato, ci sono Stefano e Chiara che mangiano un cornetto. Mi siedo accanto a Chi.

"Ehi bro!" Stefano si alza ad abbracciare Manuel "siete venuti insieme?" osserva.

"Abbiamo fatto un po' di riscaldamento" risponde Manuel, riservandomi uno sguardo complice che mi fa nuovamente percepire quella scarica elettrica che mi spinge ad alzarmi. Chiara fa lo stesso.

"In che senso?" chiede Stefano con espressione perplessa, guardando ora me, ora Manuel, che ancora ha gli occhi puntati su di me.

"Camminare, abbiamo camminato" si affretta ad aggiungere. Avverto qualcosa nella pancia, qualcosa che mi fa sentire improvvisamente e incredibilmente bene, con i piedi ben saldi a terra, ma la mente evasa in un universo accessibile solo a chi le prova e chi le scatena - le farfalle.

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now