Rivali

67 3 2
                                    

"Professoressa, posso aiutare Manuel a prepararsi, visto che verrò a recuperare. Non mi peserà studiare con lui" ma il suo sguardo di sfida, anziché essere diretto all'insegnante, piomba ancora su di me. Chiudo le mani in pugni e resto in apnea finché non mi passa l'irritazione.

"Oh no, credo che tu abbia troppi impegni per aiutare un tuo compagno nello studio e in quello che ti rimane devi usarlo per te e cercare di non rovinare il tuo profitto, Natalia" la professoressa parla senza guardarla, occupandosi di riordinare i compiti e di registrare i voti.

"E poi chi ha detto che Manuel ha bisogno di aiuto?"

"Grazie" aggiunge lui che, con quella risposta, suscita una risata da parte di tutta la classe.

"Manuel ha ottimi voti in inglese, piuttosto, Manuel" fa una pausa "vorresti parlarci di qualcosa a tuo piacimento? Magari l'ultimo argomento affrontato prima di arrivare qui, giusto per conoscerci" ora la prof distoglie lo sguardo dallo schermo per guardarlo dritto negli occhi con piena fiducia. Manuel non esita ad alzarsi e raggiungerla. Dopo aver chiarito di cosa avrebbe parlato, inizia ad esporre l'argomento in un inglese scorrevole e perfetto, con tanto di interesse e ammirazione da parte della professoressa che asseconda ogni parola.

Quando conclude l'esposizione, la Lindsey lo applaude e noi la imitiamo. Lui china la testa, imbarazzato, e quando la solleva i suoi occhi mi incontrano o, meglio, sembrano cercarmi. E io, di parte mia, non ho smesso di guardarlo dal momento in cui ha iniziato a parlare, la sicurezza e la naturalezza che ha dimostrato mi hanno catturata subito. Avverto l'esigenza di inumidirmi le labbra, la bocca, la gola. Ho bisogno di bere. Afferro il mio termos e l'avidità con cui mi sto dissetando mi vale una battuta di Stefano all'orecchio:

"Vacci piano o se ne accorgeranno anche i muri... anzi... è troppo tardi" scherza, ma lo ignoro. All'ora di ricreazione io e Chiara ci rifugiamo sulla scalinata antincendio, a gustarci il nostro caffè e un cornetto al cioccolato.

"Non glielo dirò mai, ma ci ha fatto un favore a dircelo un mese prima..." esulta Chiara, ma io non ho idea di cosa stia parlando, dal momento che nella mia mente prende forma solo l'immagine di Manuel, la sua T-shirt bianca - come fanno i ragazzi a non sentire mai freddo d'inverno? Non me lo spiego ancora - che aveva lasciato scoperti i muscoli definiti delle braccia, la sua padronanza della lingua, che mi aveva trasportata in esotici viaggi mentali in cui godevamo di tutti i posti del mondo insieme.

"Bren" sussulto.

"Cosa?"

"Ma a chi stavi pensando?" a chi?

"A nessuno..." mento nascondendomi nell'involucro di carta in cui affondo il volto per addentare il cornetto.

"Quindi era qualcuno..." mi stuzzica con la sua aria birichina.

"Torniamo a parlare di quello di cui stavamo parlando" propongo.

"Cioè..." mi invita con la mano a proseguire, ma so che è un tranello.

"Ok, non ti stavo ascoltando..." ammetto.

"La festa a tema... dobbiamo essere le più belle, il che significa le più a tema" dice colpendo con la mano serrata in un pugno il palmo dell'altra, come se avesse messo a punto il suo piano o avesse trovato la tanto agognata soluzione a un problema. La guardo incuriosita, ma anche preoccupata. Quando Chiara si mette in testa una cosa c'è poco da fare. Il problema è assisterla nel processo di raggiungimento del suo scopo, fase in cui diventa insopportabile e impegnativa, troppo impegnativa.

"Inizierò questa sera stessa con le mie ricerche e ovviamente lo farò anche per te" continua con espressione seria e convinta di quello che sta dicendo, come fosse una questione di totale importanza "e allora Alessandro non potrà non voler tornare con me..." dice con aria sognante "e in più daremo finalmente una lezione a Natalia, la oscureremo" aggiunge agitando una mano nell'aria.

"Ti ringrazio, ma non so neanche se ci verrò... se penso che l'idea è mia e lei si è limitata, come sempre, ad appropriarsi di qualcosa di mio...mi fa venire la nausea..."

"Ma non lo capisci che quella è invidiosa marcia di te? Non potrà mai essere come te..." dice Chiara appoggiandosi sulle mie ginocchia. Le prendo le mani.

"E dimmi Chiara, in cosa dovrebbe essere invidiosa? Come se le mancasse qualcosa..." rispondo sorridendo. Non mi sono mai sentita in competizione con lei, ma, da quando ha chiaramente puntato Manuel, sento che non me ne starò con le mani in mano. Mi piace? Non lo so, ma di certo quello che provo in sua presenza non l'ho mai provato con nessuno e quello sì... quello mi piace.

"Oh eccovi qui" fantastico, proprio nel momento in cui sto pensando a lui, Stefano irrompe insieme a Manuel, prendendo posto accanto a noi. Alcuni in cortile - su cui abbiamo un'aperta visuale - stanno improvvisando una partita di calcio con un pallone realizzato dagli involucri assemblati delle colazioni.

Qualcuno deve essersi accorto di Manuel - che non passa poi così inosservato, sia per altezza e sia per essere ancora il volto fresco e nuovo della scuola, oltre che ad essere un ragazzo di bell'aspetto, tanto da far rigirare qualsiasi ragazza gli passi accanto - perché a gran voce iniziano a chiedergli di scendere, ma lui, con un sorriso, che deve essere visibile anche a distanza, sfoderando quella dentatura bianca che svetta e illumina il volto dalla carnagione olivastra, declina educatamente. Il freddo è pungente sulla scalinata e mi costringe a infilare le mani nella tasca della felpa.

"Se avessi indossato la mia sciarpa non sentiresti freddo..." mi ammonisce divertito.

"Chi ha detto che ho freddo?" le sue mani entrano nel mio tascone e sfiorano le mie.

"Le tue mani..." in quel momento - forse per una combinazione di elementi, il suo profumo che ormai mi gioca brutti scherzi, la sua presenza così vicina, la sua attenzione, la sua provocazione, per non parlare del contatto delle nostre dita - ogni brivido scompare, è come se il freddo si sia attenuato, per lasciar posto a un invadente e inebriante calore che inizia a corrermi per il corpo. I nostri occhi non riescono a staccarsi, più lo guardo, più non riesco ad oppormi - come la forza attrattiva di due calamite - a distogliere la mia attenzione dalle sue labbra che, ogni volta che le osservo, mi rievocano il nostro primo, violento, inaspettato e sorprendentemente interessante bacio.

"Noi... noi dobbiamo andare a controllare se..." percepisco la voce di Chiara lontana, come se tutto intorno a me, a noi fosse ovattato.

"Oh sì, l'acqua..." e anche la voce di Stefano sortisce lo stesso effetto.

"Dei rubinetti" davanti a quella stranezza entrambi ci voltiamo verso di loro sospetti. Che scuse sono quelle? Ma non facciamo in tempo ad obiettare che fuggono dentro.

Un amore da serie ADonde viven las historias. Descúbrelo ahora