Piccole trasgressioni

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Per quella mattina, dico sì.

"E questa dove l'hai presa?" dico mentre Manuel si infila il casco che fa da cornice al suo sorriso sornione, per poi sollevare il sedile della Vespa, prenderne un altro e allacciarmelo. Il contatto delle sue dita, stranamente calde, sul mio volto freddo, mi provoca un piacevole brivido che mi scuote e mi fa tremare.

"Ci sono tante altre cose con cui potrei stupirti Brenda" e il tono con cui pronuncia quelle parole mi fa dimenticare cosa stiamo facendo, dove stiamo andando e quale direzione stia prendendo.

Dopo che la malizia della sua voce ha abbandonato i miei pensieri, intorbiditi dalle immagini che ha scatenato la profondità del suono di quelle parole, mi accorgo che siamo al mare. Sembra ormai primavera, l'inverno rigido si sta sempre più attenuando, lasciando il passo alla successione ciclica delle stagioni e la primavera sembra proprio voler rivendicare il suo momento.

Non appena ferma la Vespa, mi slancio verso l'immensa e quieta distesa, tinta di un azzurro tenue che invita a svegliarsi, a risvegliarsi dal torpore invernale. Dimentico la scuola, dimentico Chiara, dimentico la caviglia, dimentico gli impegni, i progetti, le tensioni.

Sento Manuel raggiungermi, mi volto verso di lui sfoderando un sorriso colmo di gratitudine. Lui, con quello sguardo furbo irrimediabilmente sposato al sorriso malizioso e sornione, mi risponde rivelandomi ancora la sua smagliante dentatura. Torno a respirare perdendomi nuovamente nel mare, il mio porto sicuro. È qui che ogni cosa torna al proprio posto. Mi basta un'ora, tra me e lui, per ricordarmi di quanto tutto sia passeggero e per questo di quanto sia importante vivere ogni cosa a pieno.

Torno a guardare Manuel, che, riverente, rispettoso del momento che mi sto prendendo per me, se ne sta in silenzio. Mi avvicino a lui, mi alzo in punta di piedi e per la prima volta, di mia iniziativa, lo bacio, affondando le mie mani nelle tasche del suo giaccone.

"Grazie" dico guardandolo negli occhi, perché capisca che sono sincera. Avrei voluto aggiungere anche il motivo, ma non ne è uno solo. Il mio non è un grazie per avermi portata al mare in un momento in cui non mi sono resa conto di averne bisogno, il mio è un grazie per avermi regalato qualcosa – non so bene cosa, forse ho ancora bisogno di tempo per scoprirlo – dal primo momento in cui è entrato nella mia classe, tracciando da subito un confine netto tra tutti quegli anni che ci sono stati prima di lui.

Non so perché ho sentito il bisogno di baciarlo, né perché l'ho fatto visto che mi sono espressa chiaramente in questo senso. Non vorrei ci sia alcun tipo di rapporto intimo tra noi, eppure non mi sembra di poter fare altro che unire le mie labbra alle sue.

Manuel non dice nulla, si limita a sfilare le sue mani dalle tasche per prendermi il volto, guardarmi dritta negli occhi e baciarmi ancora più intensamente. Lo lascio fare, non posso impedirlo. Sembra qualcosa di vitale, come l'aria, come l'acqua, ne ho bisogno, senza un motivo specifico se non perché mi serve per vivere meglio, ma anche perché è essenziale per vivere.

Non aggiungiamo altre parole, lui mi prende per mano intrecciando le sue dita alle mie e iniziamo a camminare, con i piedi scalzi, affondati nella sabbia, noncuranti dei dodici gradi che non sono poi l'ideale per privarsi di indumenti, ma, forse, entrambi abbiamo bisogno di sentirci liberi e di lasciarci cullare e guidare dagli istinti più naturali – e forse anche irrazionali.

"Perché sei uscito dalla scuola?" chiedo ad un tratto. Lui sorride, probabilmente pensando alla reazione che lo aveva spinto a lasciare l'istituto, china il capo e continua a camminare. Percepisco la stretta della sua mano farsi più intensa. Non è la prima volta, forse è una reazione istintiva che lo fa calmare e fa assopire la sua tensione.

"Una discussione..."

"Con chi?" non faccio a meno di incalzarlo.

"Compagni di squadra" liquida la conversazione.

"Non sarà forse il ragazzo ubriaco che..."

"Sì" interrompe il mio discorso. Decido di non voler aggiungere altre domande, dal momento che intuisco sia abbastanza restio a rinnovare il ricordo di quell'ora. Il suo breve silenzio mi fa ricordare dell'atteggiamento di Chiara, non si è mai comportata con me in quel modo.

"Hai fame?" la sua domanda mi distoglie dai miei pensieri, che mi hanno lievemente incupita. Mi dispiace non essere accanto a lei durante l'interrogazione di storia e, per un attimo, sento il senso di colpa affiorare e farsi largo nel momento di spensieratezza che sto vivendo.

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now