Attese

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Siamo in attesa che Stefano e Chiara ci raggiungano a casa di Manuel e lui ha suggerito il modo migliore - a detta sua - per passare gli ultimi istanti che ci dividono dal pomeriggio di studio. Mi ha sfilato le scarpe con delicatezza, per poi distendermi lentamente sul suo letto. Come fa a rendere ogni gesto intenso? 

"Sei comoda?" sussurra mentre dissemina baci sul mio collo "perché ormai è anche casa tua..." 

"Manuel" lo fermo "ma sono io che, da quando ho smesso di essere romantica, mi immagino l'inizio di una relazione con i piedi di piombo o cosa?" dico sarcastica.

"E da quando hai smesso di essere romantica?" mi deride.

"Da quando ho smesso di leggere romance e vedere teen drama" ammetto sorridendo a quella domanda.

"Ossia prima che incontrassi me, il principe azzurro" dice facendomi sdraiare nuovamente.

"Dunque è vero che le cose belle arrivano quando meno le si aspetta" assecondo il suo spirito di seduzione.

"E io ne sono la conferma" aggiunge con un ghigno illegale che scava una fossetta accanto all'angolo della bocca, angolo che provvedo a baciare, scatenando il fuoco con cui cosparge il mio corpo.

"Dobbiamo studiare" riesco a dire quando le sue mani, che perlustrano il mio corpo, fino a fermarsi sul ventre, si frenano. Lo osservo anelante e famelico, so che fatica a trattenersi ma non sento sia il momento giusto. Non sono abbastanza libera di mente da godermi la nostra prima volta. Lui mi comprende e, il solo fatto di non pretendere nient'altro da me che non assecondi anch'io, aumenta il desiderio che ho di lui.

Aumenta... l'amore che provo per lui. Credo di essere innamorata. Me ne sono resa conto nel momento in cui la notte, prima di andare a dormire, non posso fare a meno di pensare a lui, altrimenti non riesco a prendere sonno. Me ne sono resa conto quando mi sembra di essere in apnea finché non lo vedo entrare in classe e allora sembra tutto più sopportabile. Me ne sono resa conto quando, mentre mi reco al campo di atletica, non mi concentro più sul mio allenamento, ma sull'attesa che arrivi il momento di incontrarlo. Me ne sono resa conto, quando conto le ore che mancano perché arrivi il momento di studiare con lui. Me ne sono resa conto perché mi sento diversa, adulta e viva sotto la luce del suo sguardo.

Ci siamo trasferiti nel salone e, nell'attesa che arrivino, cerco di dissuadere più volte Manuel dallo stuzzicarmi con i suoi giochetti di seduzione, come far cadere la matita ai miei piedi, chinarsi a raccoglierla e avvicinarsi pericolosamente al mio corpo. All'ennesima tortura mi ribello e, cogliendolo di sorpresa, mi siedo a cavalcioni su di lui trattenendo le mani sul suo ventre.

"Hai intenzione di finirla?" tuono.

"Mi dispiace informarla che in questo modo mi eccita ancora di più, signorina Levi" ribatte con sguardo languido che mi fa oscillare tra dovere e piacere e, senza accorgermi del mio momento di debolezza, è lui ad afferrare le mie mani per bloccarle dietro la mia schiena. E per me potremmo fare l'amore anche così, con gli occhi intrecciati tra curiosità e desiderio, tra volere e non potere, tra ragione e spensieratezza. Il campanello ci distrae. Seppur restio, dopo una scarica elettrica emanata dal suo sguardo che mi scuote, mi lascia andare. Vado ad aprire, approfittando per riprendere aria.

"Siamo arrivati!" esordisce Chiara. Stefano è dietro di lei con l'aria assonnata e annoiata di chi è costretto a fare quello che deve fare.

"Coraggio Stef, pensa che Manuel è nella tua stessa situazione" scherzo.

"Non sei simpatica" puntualizza sarcastico il giocatore a cui faccio un occhiolino.

 Io e Chiara trascorriamo il pomeriggio ad aiutarli – a incoraggiarli e a non farli distrarre più che altro – finché non ci proponiamo di andare a prendere qualcosa da mangiare.

"Certo che di soldi ne ha ..." commenta Chiara.

"A chi ti riferisci?" chiedo distratta, mentre cerco di scegliere qualcosa che soddisfi il mio languore.

"A Manuel" risponde come fosse ovvio.

"Oh" non ho mai pensato a quello. Lui non ha mai provato a conquistarmi con il suo portafogli.

"I suoi gli hanno affittato una casa in cui vive da solo... dimmi se non è da ricchi!"

"Non ci ho pensato Chi... e comunque lo fanno perché non sono molto d'accordo sulla sua carriera da calciatore..."

"Oh be' certo... e viene dalla seria A, in prestito alla serie B. Non stiamo parlando di promozione o eccellenza..."

"Chiara non sono discorsi che ci riguardano" sono abbastanza perentoria da convincerla a non andare oltre.

"Ok, scusa. È solo che..." esita a finire la frase e, con lo sguardo, la invito a procedere, arresa.

"Vorrei anch'io poter vivere già da sola o che i miei genitori mi sostengano..." la sua voce e la sua espressione si sono improvvisamente incupite.

"Pensa che l'anno prossimo saremo all'università" cerco di incoraggiarla.

"Non so se posso andarci all'Università o, meglio, non potrò andare a Milano a studiare fashion e design. I miei litigano tutti i giorni e credo che sia anche per il mio futuro..." ammette a testa china, come si sentisse in colpa.

"Ehi Chi, puoi chiedere la borsa di studio e magari trovare un lavoro poco impegnativo per mettere qualcosa da parte, come farò io, e poi andremo a lavorare come al solito in qualche chalet questa estate. Insieme" le dico stringendole le mani.

"Anche se Manuel ti chiedesse di tornare con lui a Milano e di passare le vacanze con lui?" sussulto. Non ho ancora incluso Manuel nel mio futuro, sebbene stia diventando una presenza costante, urgente anche, nel mio presente. Forse lo do per scontato o forse semplicemente ancora non mi abituo all'idea di lui, di un noi.

"Questa sarà la nostra estate Chi e andremo all'università insieme come abbiamo sempre detto" la rincuoro. 

Come Stefano e Chiara, raccolgo le mie cose per tornare a casa, ma Manuel, recalcitrante a lasciarmi andare, mi stringe a sé.

"Dove credi di andare?" intima cingendomi la schiena con un braccio. Lo guardo arresa.

"Sei proprio un impertinente..."

"E io e te abbiamo lasciato qualcosa in sospeso... come te seduta su di me" sussurra con voce intrisa di torbida sensualità.

"D'accordo vi lasciamo soliii" ci deridono Stefano e Chiara dall'auto, Manuel chiude la porta dietro di me, tenendomi come fossi un ostaggio.

"Devo tornare a casa per cena" gli ricordo, ma è più un ammonimento rivolto a me stessa. Ho un emotivo freno a mano tirato, che non ho intenzione di abbassare.

"Posso essere io la tua cena" ribatte di tutta risposta mentre mi sfila il cappotto, mi prende per le gambe e mi porta in camera sua. Mi stende prontamente sul letto, sento la sua mano farsi strada su di me.

"Non dobbiamo fare nulla Bren" dice sottovoce come se mi avesse letta nel pensiero. Mi stringo a lui. Non ho voglia di parlare in questo momento, sarebbe come umanizzare qualcosa che non ha nulla a che fare con gli esseri mortali. 

"Se non vuoi aspettarmi ..." senza farmi finire, silenzia le mie parole superflue baciandomi in modo violento, urgente, come se non potesse fare altrimenti. I miei battiti accelerano, i nostri movimenti sono spontanei, istintivi e senza rendermene conto mi sfilo la maglietta lanciandola a terra. Manuel non riesce a staccarsi, come fossi fonte del suo nutrimento. Quando lo attiro a me, allontana le sue labbra.

"Non esiste una relazione a senso unico, Brenda. Per quanto ti desideri dal momento in cui sono stato catturato dai tuoi occhi verdi, dalle tue lentiggini, dalle tue gote che arrossiscono quando ti imbarazzi, non me ne frega niente di aspettare. Anzi..." aggiunge intrufolandosi nella cavità del mio collo, facendomi sussultare "scommetto che l'attesa contribuirà a rendere il nostro momento ancora più speciale e indimenticabile."

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now