"Sei sporca qui..."

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"Sei sporca qui" e prima che mi appresti a colpire la faccia per far scomparire qualsiasi cosa ci sia, lui avvicina la sua mano al mio volto, insinuando le dita lunghe e inspiegabilmente calde nel mio collo, mentre accarezza il mio labbro superiore con il suo pollice. Resto incantata a guardarlo, il suo sguardo intenso è fisso sulla mia bocca che, con il dito, ancora continua ad accarezzarmi ed io, del tutto inconsciamente, schiudo le labbra come a volerlo accogliere.

Manuel si ferma, orienta i suoi occhi nei miei. La sua mano è ancora sul mio collo, tra i miei capelli, ed io avverto un innato bisogno di piegarmi su quella mano. Lui continua ad accarezzarmi con più intensità, diffondendo un tepore che rilassa il mio corpo intorpidito dal freddo, riscaldandomi come fosse una fonte di calore umana. Poi si porta l'indice alla bocca, proprio quello che era sul mio labbro fino ad un secondo prima.

"Cioccolato" asserisce con un sorriso divertito, come se il sapore fosse stato di suo gradimento. Deglutisco e percepisco addensarsi un calore nel basso ventre, ma prima che possa dire o fare qualcosa, qualcuno tuona alle mie spalle.

"Be' ancora qui state! Forza, che la campanella è suonata e le lezioni sono cominciate!" è Gaetano. Ci guardiamo intorno e in effetti non si vede più nessuno in cortile, né si sentono voci provenienti dai corridoi della scuola. Ci scambiamo un'occhiata complice, ma velata di imbarazzo ed entriamo dentro.

Io e Chiara ci sediamo sempre alla scala antincendio opposta a quella che si trova nei pressi della nostra aula, proprio perché non ci va mai nessuno dei nostri. Poiché il nostro piano ha una struttura a ferro di cavallo, dobbiamo percorrere il corridoio più lungo, per raggiungere l'ala est.

"Bren!" sento Maria chiamarmi mentre le passiamo davanti "questa mattina avete ordinato i caffè e poi non li avete presi. Vieni, ve ne offro uno" mi ricorda. Sto per rifiutare quando mi accorgo che la professoressa ancora non è entrata in classe, perché scorgo la sua figura in presidenza, attraverso la finestra che ridà proprio all'interno dell'ufficio del dirigente - un livello di intimità impeccabile.

"Ma non dovremmo rientrare?" chiede Manuel quasi nervoso. Gli indico la finestra e da lì può accorgersi da solo che non rischiamo alcun rimprovero. Mi posiziono come al solito dietro al bancone, accanto a lei.

"Allora, cosa posso prepararle?" scherzo con Manuel, che ha gli avambracci posati sul bancone e Maria che sorride sotto i baffi al mio fianco, mentre passa la spugna sulle macchinette.

"Un caffè macchiato..." risponde divertito, mentre apre il giornale e lo sfoglia con aria da intellettuale. Si ferma su una pagina in cui mi pare di riconoscere che il ragazzo la cui foto spicca al centro dell'articolo, che occupa tre colonne, sia proprio lui. Non lo interrompo, sembra pensieroso, mi concentro sulla preparazione del caffè che, una volta finito, gli porgo. A quel punto solleva il capo, mi lancia uno sguardo di sfida, e, mentre lo sorseggia, non mi toglie gli occhi di dosso neanche per un istante.

"È buono... non immaginavo" mi schernisce.

"Ah ah... uomo di poca fede..." lui sorride e si accinge ad uscire.

"Grazie Maria, ma ora è meglio che rientriamo, non vorrei rischiare di essere cacciato anche dalla scuola..." anche dalla scuola? Perché rischia di essere cacciato dalla squadra? La curiosità inizia a mordermi dentro e ho il presentimento che una risposta potrei trovarla nell'articolo. Mentre mi appresto a seguirlo, improvviso una scusa per tornare indietro.

" Ho dimenticato il cellulare sul bancone, tu vai, ci vediamo in classe..."

"No, ti aspetto. Sbrigati" dice. Mi volto, cercando di trascurare quel moto di piacere che mi ha scosso nel sentirgli dire che mi avrebbe aspettata. Maria mi guarda sospetta mentre sfoglio, come una disperata, il giornale. Non voglio mi scopra, qualora torni indietro. Finalmente, nella sezione delle notizie sportive, vedo l'articolo. Prendo quel foglio, lo piego in quattro, poi in due fino a inserirlo nella tasca posteriore dei jeans.

"Farò finta di niente" chiosa Maria e, senza una parola, torno da lui. Quando raggiugiamo l'aula, la porta, con nostra grande sorpresa, è chiusa. Ci scambiamo un'occhiata carica di sensi di colpa e quando faccio per avanzare la mano per abbassare la maniglia, lui mi precede ed entra.

"Buongiorno" esordisce una volta dentro. La Del Fuoco si trova a braccia conserte davanti alla cattedra, noto il banco accanto al mio - che è quello di Stefano - vuoto e, dopo aver abbracciato con lo sguardo l'aula, lo vedo al posto di Manuel. Lui mima un scusa con le labbra rivolto a Manuel. Entro e saluto anch'io. Manuel non impiega molto a capire che deve sedersi accanto a me e, quindi, davanti alla professoressa. Chino la testa, in attesa di una sgridata o, peggio, che ci dica di restare fuori dall'aula. Preferirei che mi interroghi e lasci Manuel fuori dalla questione, ma da come ci guarda probabilmente sta riflettendo su come punirci.

"È colpa mia, non trovavo l'aula docenti, dovevo parlare con l'insegnante di educazione fisica per accordare il giorno della valutazione e Brenda mi ha accompagnato" mente Manuel e mi sento in colpa, mi sta palesemente coprendo. La professoressa non sembra essere interessata alle scuse.

"Manuel, vediamo se studiare con la tua compagna sta dando i suoi frutti" ci siamo visti un solo pomeriggio, non può aver dato subito i frutti. Decido di intervenire.

"Professoressa, scusi se la interrompo, ma, come lei sa, per dare i frutti la terra ha bisogno di tempo..." dalla classe si leva una fragorosa risata, come se avessi fatto una battuta e dalla sua espressione dardeggiante sembra proprio che abbia peggiorato la situazione.

" Brenda adesso ti metti a fare il giullare?"

" Non volevo fare il giullare, è che non può pretendere che recuperi o si metta a pari dalla sera alla mattina..." replico e non mi importa se pensi che le stia mancando di rispetto.

"Che c'è adesso avete formato un'associazione a delinquere? Vi difendete a vicenda? Non voglio sentire una parola di più... Manuel avanti, traduci le poche righe che erano per oggi e poi parliamo dell'Ellenismo. Questo sarà il tuo primo voto" gli rivolgo uno sguardo rammaricato, nonostante mi fidi di lui e sappia che farà la sua onesta figura. E, probabilmente contro le aspettative di tutti - e anche della professoressa, per via della sua espressione sorpresa - Manuel va egregiamente. Non tentenna su nulla, né mostra incertezze, né divaga.
È padrone dell'argomento, proprio come ha dimostrato di esserlo all'ora di inglese, e io non riesco a reprimere la soddisfazione che si manifesta con un velo di calore che tinge le mie gote. Quando conclude, la Del Fuoco torna a sedersi con un sorrisetto compiaciuto, ma non si spreca in complimenti, come al solito.

"Bene, andiamo avanti allora" in quel momento sento la mano di Manuel insinuarsi sotto al mio banco per cercare la mia, che stringe con vigore. Io non ho nessuna voglia di respingere la sua, anzi, la stringo ancora di più.





Love on the brain, Rihanna

Un amore da serie AWhere stories live. Discover now