Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 4

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L'inferno. Ezra lo aveva sempre immaginato come un luogo buio e tetro, pieno di fiamme scure pronte a bruciarti dall'interno per strapparti la pelle dalle ossa e con gli occhi dei suoi genitori nascosti dietro ogni angolo a perseguitarlo per l'eternità.

Eppure, quella sveglia che lo costringeva ad aprire gli occhi ogni mattina da due settimane a quella parte e che continuava imperterrita a strillare le stesse due note tutto il giorno, si avvicinava ancora di più al concetto di inferno che Ezra, alla fine, fu costretto a rivisitare preferendo forse la sua prima versione.

Victor, infatti, dopo quella riunione in onore di Noel, non aveva fatto altro che premere lo stesso identico tasto per ogni minuto che passava in casa, lasciando che la nota solitaria si librasse nell'aria e penetrasse le orecchie di Ezra al solo scopo di farlo impazzire. Quel giorno, però, a tirarlo giù dal letto l'ennesima volta prima della sveglia abituale, fu l'insieme stonato di suoni provocati dalla testa di Victor che doveva aver appena sbattuto contro la tastiera.

Ezra sbadigliò e si nascose per alcuni secondi con la testa sotto al cuscino dopo aver aperto gli occhi, per poi tirarsi fuori dalle coperte con un sospiro. Si guardò intorno con gli occhi appena socchiusi, cercando di distinguere qualcosa dentro quella buia stanza completamente sigillata e poi allungò le mani sul suo comodino, afferrando tabacco, cartine e filtri, prima di trascinarsi in cucina.

Le due note ripresero a strillare con lo stesso lamentoso andamento di ogni giorno, dopo la testata di Victor, e fecero da sottofondo al flebile suono della caffettiera che Ezra aveva messo sul fuoco. E poi il miracoloso odore di caffè, accompagnato dal suo borbottio sommesso, fece cadere l'intero appartamento in un silenzio che portò quasi dolore alle orecchie di Ezra per quanto piacevole fosse.

Pochi secondi dopo, la porta della stanza del coinquilino si aprì e ne uscì l'immagine di un Victor devastato dal sonno e dallo stress, che camminava in silenzio, strisciando le sue ciabatte grigie come avrebbe fatto uno zombie affamato in piena apocalisse ed Ezra guardandolo pensò che gli sarebbe bastato sollevare le braccia per farne una perfetta imitazione.

Lo studiò in silenzio mentre appiattiva il tabacco sulla cartina, chiedendosi se avesse intenzione di morderlo per trasformarlo in uno di loro, poi sorrise appena di quelle occhiaie scure che allungavano l'ombra delle ciglia fino a conferirgli l'aria di un panda in fin di vita.

«Sei davvero terribile. - commentò osservando il segno rosso sulla fronte di Victor, unica traccia di colore sul suo viso - Io invece no, sono sempre bellissimo, ma dovrei rifarmi la tinta. - continuò poi con un sospiro - Vorresti aiutarmi?», domandò Ezra passando la lingua sulla cartina, mentre osservava con attenzione il viso di Victor in cerca di una minima reazione.

Il ragazzo, però, non gli diede alcuna soddisfazione e si sedette al tavolo, in silenzio, allungando verso di lui una tazza vuota. Ezra alzò un sopracciglio e sorrise nell'afferrare la caffettiera per versarsi del caffè in una seconda tazza, ignorando volutamente la tacita richiesta del coinquilino e catturando finalmente il suo sguardo.

«Devono averti fatto il lavaggio del cervello in quell'incontro di anime peccatrici.», mormorò mentre Victor stringeva le palpebre versandosi da solo il suo caffè.

«Vogliono che suoni una canzone per Noel al Festival.», disse dopo un lungo sorso e un sospiro sconsolato. Non moriva di certo dalla voglia di confidarsi con Ezra, ma al momento era sul punto di sfogarsi perfino con quegli orrendi quadri appesi al muro.

«E non hai idee. - concluse Ezra studiando i suoi capelli spettinati - Sì, effettivamente non mi sembri uno pieno di fantasia.», commentò poi bevendo un sorso di caffè e aspirando il fumo della sigaretta che si era appena acceso.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now