Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 11

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Non così distante la pioggia appariva a tutti quegli studenti che correvano da un edificio all'altro per cercare di sfuggire alla tempesta e arrivare a lezione con un minimo di decoro. E, non così distante, apparve a Victor che, temerario, aveva deciso di sfidare la natura e uscire di casa.

Erano giorni che provava uno spartito che Ezra gli aveva dato, minacciandolo che non avrebbe toccato un tasto fin quando non l'avesse imparato a memoria, fin quando non avesse iniziato a suonarlo con la stessa facilità con la quale tirava lo sciacquone - testuali parole - e non si fosse sentito sicuro come a casa nel sentirlo. Così Victor si impegnò, suonò ogni sera dopo lezione, con Ezra che di tanto in tanto gli lasciava qualche suggerimento urlato dall'altra stanza.

Non era male come insegnante e non era male neanche come coinquilino, dopo aver superato quell'iniziale astio che li aveva tenuti separati fino al momento in cui vide le sue lacrime per la prima volta. Ezra era egoista, pigro, arrogante e superficiale, ma per quanto Vic avesse potuto disprezzarlo, doveva ammettere che con la musica sapeva fare miracoli. E sarebbe stato tutto quasi perfetto, se non avesse dovuto stare ai suoi tempi.

Quindi, vedendolo raramente prima di mezzogiorno, Victor si rese presto conto che si era attaccato all'idea di riuscire nel suo ruolo per il Festival così tanto da dimenticare di avere una vita universitaria da portare avanti. Così tanto ossessionato dall'idea di non riuscire a redimersi da quelle parole che aveva rivolto a Noel - "Vai" - da dimenticare di avere delle lezioni da seguire e con queste degli esami da sostenere.

Dunque, mentre Ezra passava le sue ore a dormire chiuso in camera, Victor approfittava della sua assenza per cercare di studiare. Tuttavia, quel giorno, l'odore, il rumore della pioggia e la noia mortale dell'argomento che avrebbe dovuto affrontare lo portarono a sollevare lo sguardo dal libro più del dovuto.

Victor sospirò e si portò le mani al viso, strofinandosi la pelle nell'inutile tentativo di portare via quell'apatia che aveva nei confronti del mondo. Si chiese come sarebbe stato se avesse iniziato a provare interesse verso qualcosa o qualcuno, ma il solo atto di amare lo confondeva.

Avrebbe dovuto avvicinarsi a qualcuno per poter dire di amare e il solo pensiero sembrava portargli via quelle poche energie che era riuscito a conservare. Alzò ancora una volta gli occhi sulla finestra, osservando la silenziosa gara che le gocce facevano sfidandosi l'un l'altra in velocità e, improvvisamente, gli vennero in mente le parole maliziose che Julian gli aveva rivolto a Teatro.

Pensò a lui, al modo in cui si comportava con gli altri, agli sguardi che si lanciava intorno e a quelli che attirava su di sé e gli venne da chiedersi se lui sapesse cosa volesse dire amare. Ma, per quanto Julian fosse famoso per l'amore che portava sotto le lenzuola, Victor era sicuro che di quell'altro tipo d'amore non ne sapesse nulla.

Forse, quel giorno si era avvicinato a lui perché avevano alcune cose in comune, perché aveva visto in lui lo stesso sguardo che Julian aveva quando non era in compagnia. Tanto per cominciare, erano entrambi soli - si ritrovò a sollevare le dita, mentre elencava - e nessuno mai si sarebbe sognato di pensare a loro con un moto di tenerezza, Victor non era nemmeno convinto che qualcuno potesse mai ricordarsi di lui se sparisse improvvisamente. Inoltre, mancavano di totale fiducia nel lavoro che stavano cercando di portare a termine, in quelle capacità che utilizzavano solo per inerzia e delle quali non sapevano realmente che farsene.

Victor tornò a guardare quel libro sul quale ormai aveva poggiato il braccio e sospirò, ancora, alzandosi in piedi e infilandolo nello zaino. Era anonimo, era un'ombra, era ignorato, ma non per questo avrebbe lasciato che, ancora una volta, una richiesta d'aiuto gli sfuggisse di mano per il suo totale disinteresse verso la vita. E, quello di Julian, era un vero e proprio grido di aiuto.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now