Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 26

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L'acqua gli solleticò la pelle, all'ennesima bracciata le braccia iniziarono a dolergli e i polmoni iniziarono a bruciare, non più allenati a trattenere il fiato al quale adesso si aggrappavano con gli affilati artigli.

Grayson riemerse dall'acqua, dopo aver sentito la liscia superficie del bordo vasca contro le dita, e spalancò la bocca lasciando entrare aria fresca, aria nuova. Alcune gocce d'acqua gli scivolarono sulle labbra e caddero sulla lingua dove il fastidioso sapore di cloro iniziò a propagarsi, mentre tentava di riprendere fiato.

Si aggrappò poi alla pedana e si tirò su a sedere, sollevò gli occhialini ed esplorò ancora un'ultima volta la grande piscina divisa in corsie dove aveva passato l'infanzia e l'adolescenza, tra gare, applausi e fiati sospesi. Sorrise, nostalgico, come se stesse guardando quel ragazzino scivolare con leggerezza sull'acqua e fermarsi all'arrivo prima di tutti gli altri, come se stesse guardando la madre e il padre lì seduti con sorrisi soddisfatti sui volti e Noel e Kimberly annoiati che, però, si sforzavano di mostrarsi interessati.

Si alzò e, sentendo l'aria sfiorargli la pelle bagnata, rabbrividì prima di rifugiarsi all'interno dei caldi spogliatoi al termine delle ore che aveva prenotato, come quasi tutti i fine settimana. Si fiondò sotto la doccia, sapendo di essere probabilmente in ritardo, ma non riuscì a fare a meno di bearsi di quell'acqua calda che spazzò via l'odore di cloro. Si vestì e si asciugò i capelli con cura, sentendo il cuore ballargli nel petto come dopo una maratona.

Poi uscì con lo zaino in spalla, dopo essersi guardato un'ultima volta al lungo specchio che decorava la parete. L'ingresso della piscina che occupava una gran parte della piazza a nord della città aveva quello stesso odore di un ricordo felice e, presto, le merende passate seduto al tavolino davanti alle grandi vetrate gli solleticarono la mente ancora una volta.

L'aria era congelata e si preparava a spingere le famiglie accanto al camino per Natale, a stare più vicini per godere del calore dei corpi e dei sorrisi delle persone più care. Era infatti il suo ultimo giorno ai dormitori del Campus, avevano più soltanto una riunione del Comitato Organizzativo prima che le vacanze di Natale li separassero come le palline di un biliardo al primo colpo: il giorno successivo ognuno avrebbe preso la propria strada, fino a gennaio.

Alzò lo sguardò, lasciando che il colletto del cappotto si sollevasse a coprirgli il collo e, finalmente, la vide. Lo stava aspettando, poco più avanti, con il cellulare tra le mani guantate, un lungo cappotto beige e una pesante sciarpa di un dolce panna che richiamava il colore delle scarpe seminascoste dai jeans. Intorno a lei la vita cittadina scorreva come sabbia all'interno di una clessidra.

Lui e Janette avevano deciso di incontrarsi in città, di passare il loro tempo insieme nel mezzo di quelle mille persone che mai avrebbero perso il loro tempo per far caso a loro, al contrario degli occhi insistenti che al Campus seguivano ogni loro passo come avvoltoi in cerca di una preda come soggetto di nuove chiacchiere.

Di lui avrebbero detto che era sleale prendersi ciò che era appartenuto al defunto fratello, calcando le sue orme e cancellando le sue ombre, di lei avrebbero detto che stava soltanto cercando un ripiego, che non voleva altro che i loro soldi, la loro vita o qualsiasi cosa avrebbe potuto prendere, dopotutto a distinguere i due gemelli c'era veramente poco o, almeno, questo è quello che si pensava. La verità, però, era che Janette non era mai appartenuta a nessuno, non avrebbe certo iniziato adesso, e non voleva altro che essere finalmente amata da qualcuno, da Grayson.

Nessuno sarebbe stato clemente nel giudizio, considerata la superficialità e l'egoismo con i quali le persone sputavano sentenze sulle altre, le parole avrebbero iniziato a viaggiare in fretta, più di quanto avrebbero potuto fare loro e non sarebbero più stati in grado di raggiungerle.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now