Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 27

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Victor chiuse la porta dell'appartamento a chiave, con addosso lo sguardo pesante di Ezra. Era in piedi dietro di lui, con le mani nella tasca del pesante giubbotto scuro e l'orecchino appeso al lobo sinistro che oscillava svogliatamente ogni volta che spostava il capo.

Quando si voltò verso di lui, l'angolo delle labbra di Ezra si sollevò appena, gli occhi gli brillarono di quel divertimento puro che spesso attribuivano ai bambini e che su di lui assumeva un tono appena più inquietante.

I capelli erano ritornati di quel bianco candido con il quale si era presentato la prima volta e anche le radici avevano perso ogni traccia scura del suo colore naturale, lasciando sembrare che avesse una morbida nuvola legata attorno alla nuca.

Guardandolo, la mente di Vic gli ripropose il ricordo invadente di quando, entrando in casa, lo trovò nel bagno alle prese con mille prodotti dai nomi impronunciabili e lo trascinò con sé in quell'avventura fin quando non si ritrovarono seduti sul divano a sperare di aver fatto un bel lavoro. Quel giorno festeggiarono mangiando della pizza per cena e finendo una vecchia vaschetta di gelato di fronte a un noiosissimo film di fantascienza.

Era soltanto uno degli episodi passati a studiare Ezra come fosse una creatura mitologica, eppure fu forse proprio in quel caso che Victor capì quanto stimolante e quasi intrigante fosse la convivenza con lui.

Ezra cambiava idea su qualsiasi cosa, avrebbe potuto parlare per ore di un qualunque argomento uggioso rendendolo avvincente in modo quasi fastidioso, lasciando con il fiato sospeso a ogni sua frase senza alcuno sforzo ed era in grado di scovare quella minuscola scintilla di emozione che il viso inespressivo di Victor tendeva a nascondere, aggrapparcisi e tirare il più forte possibile fin quando non iniziava a formarsi la prima piega all'angolo delle sue labbra.

Contro ogni sua previsione, grazie a lui Victor riuscì ad avere un netto miglioramento con le proprie capacità al pianoforte e ad abituarsi, poco per volta, alla sua presenza fino a sentirla quasi...giusta.

Ezra si alzava tardissimo, mangiava poco e ancor meno si occupava della casa, ma a modo suo riuscì a dare a Victor quella che più si avvicinava a una boccata d'aria fresca, un assaggio di vita del quale a volte non riusciva a fare a meno. Lo aiutò a lasciare che quella tecnica scolastica - l'unico ostacolo alle vere abilità di Victor - facesse da sfondo al suo vero potenziale, lo aiutò a trasmettere le sue emozioni su quei semplici tasti, una per ogni nota, fin quando il cuore non tornò a battere al ritmo delle sue melodie.

Man mano che le vacanze iniziarono ad avvicinarsi, però, notò uno strano mutamento nel comportamento di Ezra. Iniziò a svegliarsi presto, ad andare a lezione e, di tanto in tanto, lo sentì addirittura suonare. Era come se si stesse preparando per una vita che non gli apparteneva.

«Dovremmo andare alla Residenza. - lo informò Victor - A quanto pare i ragazzi di teatro non ci vogliono più lì per le riunioni.», disse infilando le chiavi in tasca e raggiungendo il fianco di Ezra. Si aspettò di vederlo ridere o di sentire un qualche commento di scherno, ma quel giorno sembrava particolarmente tranquillo, forse troppo per evitare di insospettirsi.

«Uh uh.», mormorò Ezra guardandosi intorno con studiato disinteresse.

Un'altra curiosa differenza tra l'Ezra che Victor aveva imparato a conoscere e quella strana parodia con cui stava camminando era che circa un mese prima aveva iniziato a fumare molto meno e, adesso, l'odore di fumo era quasi interamente svanito dal loro appartamento.

«Ti prego, comportati bene.», mormorò Victor lanciandogli un'occhiata d'ammonimento. Ezra lo ignorò, con quel sorriso malizioso sulle labbra che sembrava l'unico suo particolare a voler tenere ben stretto, l'unico che permetteva ancora a Victor di riconoscerlo.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now