Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 23

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La notte non rimase in eterno e, fuggendo con la loro vigilanza, si tirò dietro quell'alba luminosa, il cui sole elevandosi bussò alla finestra della camera di Janette come un disperato amante e le illuminò il volto, facendole stringere le palpebre e svegliandola con un caldo bacio.

Sentì un leggero mal di testa mentre si tirava su a sedere e il lenzuolo scoprì il suo corpo nudo e arrossato. All'improvviso, le cadde addosso la consapevolezza di tutto ciò che aveva fatto la sera prima, del bacio con Grayson, delle sue preghiere, dei loro corpi incatenati e il calore iniziò a colorarle il viso.

«No...», sussurrò in un soffio, guardandosi intorno e scoprendo il letto vuoto.

Fece cadere lo sguardo sul pavimento, ma incontrò soltanto il suo vestito, nessuna traccia di Grayson. Janette sospirò, in parte sollevata e in parte ferita, ma la sua attenzione fu attirata dallo squillante suono che annunciava una nuova notifica. Non lo riconosceva, non le era familiare e, voltando il capo, vide un telefono sul comodino che chiaramente non le apparteneva.

Lo prese e lesse il nuovo messaggio.

"Mitch: Bro, dove hai preso il mantello??? Era davvero figo!"

Aggrottò le sopracciglia e lasciò che gli occhi scorressero sullo schermo a prendere nota delle dieci chiamate senza risposta da parte di Kimberly e del suo messaggio abbandonato sotto quello di Mitch.

"Kimmy 😊: Grayson, Cristo, dove cazzo sei finito."

Janette deglutì e si alzò in piedi, si vestì in fretta con i primi vestiti che riuscì a trovare nell'armadio e corse alla porta d'ingresso. Aprì e notò quel mantello che era ancora rimasto sul gradino in cemento, come un cadavere dopo un omicidio, lo raccolse guardandosi intorno e si chiuse nuovamente la porta alle spalle.

«Cazzo.», sussurrò portandosi le mani al viso e stringendo poi i capelli con le dita.

Si sentì sul punto di piangere, senza riuscire a capirne il motivo. Perché si era lasciata tentare? Che fine aveva fatto Grayson? Aveva dimenticato il suo cellulare? Perché la infastidivano quei sentimenti che le bruciavano nella bocca dello stomaco? Perché i suoi genitori non avrebbero mai potuto accettare un altro Sanford? Perché le stavano programmando una nuova vita, su misura, una vita che avrebbe dovuto accettare e indossare come un orrendo regalo di Natale, una vita in cui Grayson non esisteva, in cui lei non aveva la mente incasinata e avrebbe sposato un ragazzo per bene? Avrebbe urlato, se fosse stata in grado di far uscire un singolo suono dalle sue labbra.

Janette aveva accettato quel patto con Noel soltanto per evitarla, quella vita, aveva finto di essere perfetta, aveva perfino accettato di studiare moda come i suoi genitori avrebbero voluto, pur di stare lontano da quei matrimoni combinati che soltanto nella storia antica avrebbero accolto.

I suoi genitori avevano voluto la figlia perfetta e, proprio per questo, era riuscita a capirsi immediatamente con Noel, ma anche lui da lei si era aspettato la fidanzata perfetta e, quando tutto iniziò a starle fin troppo stretto, a toglierle il fiato, Janette mollò. Mollò la vita ricca e felice che aveva dipinto insieme a Noel, mollò la sua determinazione nel non lasciare che sua madre vincesse, mollò tutto e Noel ne pagò le conseguenze.

Aveva pensato di non avere nulla in comune con i suoi modi burberi, con quella rabbia che gli serpeggiava nelle iridi, ma lei e Noel non erano altro che due facce della stessa medaglia. Uguali, insoddisfatti, spaventati.

Avrebbe dovuto pensarci, avrebbe dovuto fingere ancora, difenderlo da quelle voci, ricostruire la sua immagine e invece lo aveva lasciato da solo. Adesso, come se non bastasse, era piuttosto convinta di essersi innamorata del suo gemello.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now