➸𝑪apitolo trentadue

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1 anno dopo ...

Camille Leclerc

Pannolini, ciucci, ancora pannolini sporchi e biberon sono diventati ormai da due mesi a questa parte la mia routine. Inaspettato, vero? Eppure se prima potevate paragonare il mio cuore ad una scatoletta di ghiaccio, ormai quest'ultimo si è totalmente sciolto davanti agli occhi acquamarina di Hervé Leclerc, il più piccolo ma anche il più viziato con questo cognome. Quando Laneo mi aveva chiesto di diventare la sua ragazza, nell'euforia del momento avevo accettato, eppure per le pagine di gossip ci è voluto poco per scoprire della nostra rottura. Dovevo dirglielo, per forza,  non potevo più attendere nonostante una parte di me volesse godersi quella pace che solo lui sapeva trasmettermi.

"In che senso incinta? Io, cazzo ho ventuno anni e tu nemmeno diciannove"

Quante volte ho ripensato al suo sguardo spaventato, la sua paura l'aveva iniziato a schiacciare fino a fargli prendere la decisione più difficile della sua vita.

"Ci ho pensato, davvero ho cercato un qualsiasi scenario dove io facessi il padre. Non mi sento pronto, so che nemmeno tu lo sei, ma io non ci riesco"

Le lacrime avevano inondato entrambi i nostri volti, portandoci a stringerci forte l'uno all'altro. Non lo accuso di nulla, ad essere sincera. Certo nessuno nasce genitore, però ha preferito essere onesto con me e con la mia famiglia. Lorenzo aveva dato di matto alla notizia, mentre mia madre mi aveva stretto in un abbraccio commosso. Il piccolo miracolo così è stato soprannomina la creatura che per nove mesi è cresciuta nella mia pancia, dato che fino all'ultimo non ho voluto sapere il sesso.

Se Lanso non si sentiva pronto a prendersi cura del bambino, ha fatto l'impossibile per non farmi mancare nulla, prendendo aerei su aerei per accontentare anche ogni mio piccolo capriccio. Non stiamo più insieme, non riusciamo a combaciare questo aspetto eppure mi è rimasto accanto fino a quando nella sala da parto abbiamo sentito il primo vagito del mio piccolo bambino.

Gliel'hanno passato in braccio ed è scoppiato a piangere fino a ridursi a pezzi a causa di un brutto attacco di panico. Se tu cerchi di andare contro te stesso, il corpo ti farà capire sempre quali sono il tuo limite. Sono due mesi infatti che non vedo più i suoi occhioni identici a quelli del piccolino che nonna Pascale ora tiene tra le mani. Sono almeno quattro mesi che non seguo più Charles in giro per il mondo e ammetto che l'ari del paddock mi manca più che mai, ma per fortuna una volta all'anno si corre a Monaco, permettendomi di partecipare senza sottoporre il piccolo a lunghi viaggi che potrebbero destabilizzarlo.

"Come vuoi chiamarlo?"

Charles, quello che si è proposto di andare all'anagrafe ad ufficializzare la nascita del piccolo, mi guarda o meglio ci guarda con occhi sognanti mentre mi pone questa domanda. Non mi ero mai soffermata a pensare al nome, eppure mi basta perdermi nel suo volto per capire che non c'é bisogno di rimuginarci su.

"Hervé, Hervé Leclerc"

Il singhiozzo di mia madre mi fa capire di aver fatto la scelta giusta, portandomi a sorridere dopo quelle dodici ore strazianti di spinte che sembravano essere infinite.

"Dammi la peste"

Arthur ovviamente ogni qual volta ha la possibilità di stare a contatto con mio figlio non perde l'occasione di rapirlo, quindi non mi sorprendo che quando siamo pronti per uscire evita di metterlo nel passeggino per tenerlo in mano. Zio Cha gli ha procurato una maglietta rossa Ferrari con il suo nome sopra, anche se lo zio acquisito Lewis avrebbe voluto dargliene una lui. Sono cambiate un po' di cose dall'anno scorso, come ad esempio l'ennesimo campionato dominato da Max e il passaggio di Lewis in Ferrari.  I manca non vedere spesso il mio spagnolo preferito, ma bisogna anche accettare i cambiamenti che la vita ti impone.

Quando arriviamo al circuito per il giorno delle prove libere, ad essere ospiti del box Ferrari siamo solo io e Arthur. Mamma e Lorenzo verrano direttamente domani, troppo indaffarati con il loro lavoro. Quindi, visto che gli ingegneri fanno avanti e indietro decidiamo di andare a fare una passeggiata. Non mi sorprendo di vedere un sacco di fotografi puntare la loro macchinetta verso di noi, o meglio verso il mio bambino, poiché le teorie di chi possa essere il padre ormai sono diventate delle vere e proprie teorie di cospirazione.

Lando? Un ragazzo non famoso? Carlos?

Ormai fanno a gara per le speculazioni, ma io rimango sempre indifferente.

"IL MIO TEDDY B"

Max fa parte di quella stretta cerchia di persone che venderebbe l'anima per il piccolo e lo dimostra il fatto che ogni volta che viene a farci visita, molto spesso da quando vive a Monaco, gli porta qualsiasi tipo di giocattoli.

Eppure quel soprannome mai mi è piaciuto, sarà forse perché lo utilizzavo io per chiamare Lando, o semplicemente per quella malinconia che mi invade ogni volta che lo sento.

Lo prende in braccio facendolo sia volare che ridere come un pazzo. Hervé ha preso la solarità del padre, mentre da me ha preso l'essere permaloso e i suoi riccioli d'oro.

"Cami dici a coso di ridarmi mio nipote"

Arthur, geloso che qualcuno possa rubargli il ruolo di zio preferito, sorpassa Max per chiedere direttamente a me. I due in realtà vanno molto d'accordo, tranne quando si tratta del volere del mio picc9o. Spesso fanno a gara per chi lo vizia di più.

"Cami rispondi alla tua versione brutta che ora sta con il suo zio preferito"

"Finitela, sembrate due bambini"

"Sei tu che li sforna, mica noi"

Arthur con l'innocenza che mai l'ha caratterizzato mi evoca dei ricordi. Ormai vivo di ricordi, di memorie che sanno darmi un istante di felicità per poi buttarmi sempre di più nello sconforto.

Siamo sul divano della nuova casa di Lando, il quinto mese porta con sé 7na pancia sempre più evidente. L'inglese mi accarezza il ventre con dolcezza mentre accoccolati guardiamo il film scelto a caso nella lista di Netflix.

"Macchina gialla"

Fa riferimento ad uno dei taxi gialli nella televisione, tirandomi un delicatissimo pugno sulla spalla.

"Sei un bambino"

"Sei tu che li sforni, quindi sei tu la bambina"

➸ Wildest Dreams || Lando NorrisWhere stories live. Discover now