CAP 3 SMS

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Beep...

Beep...

Beep...

Una parte del cervello continuava a registrare questo suono fastidioso ma ancora rimaneva addormentata. Dopo un po' l'inconscio cominciò a suggerire al lato cosciente della sua testa che un elemento di disturbo insistente doveva essere interrotto. I suoi occhi si spalancarono all'improvviso. Era al buio. Sapeva che non era la sveglia. Allora che cos'era questo allarme che le martellava nel cervello? Veniva sicuramente dal suo cellulare. Spostò lo sguardo sul comodino.

Beep...

"Ma che cazzo vuoi?"

Si allungò e prese in mano il telefono. La luce del display l'abbagliò. Erano comunque le sette meno un quarto. Quasi ora di alzarsi. C'era un messaggio non letto.

"Tutto questo casino per un messaggio non letto?" Chiese al telefono come fosse una persona.

Aprì la lista e evidenziò il nuovo messaggio che si aprì rivelando il mistero. Il numero non era in rubrica:

I can't get these memories out of my mind.

Lo lesse, lo rilesse. Cercò un appiglio nella sua mente, scandagliò tutti i meandri della sua memoria. Niente.

"Non l'ho capito. Ma chi cazzo è?"

Richiuse il telefono e scese dal letto. In quel momento la sveglia suonò. La spense con un pugno. Entrò in bagno. Aprì l'acqua calda della doccia. Si spogliò e lasciò che il tepore l'avvolgesse. L'acqua le scivolò sulle spalle lavando via le fatiche del concerto. Le facevano sempre male le braccia dopo tre ore di batteria. Ma ne valeva la pena. Sospirò di piacere.

Ricordare il concerto le fece tornare in mente Steve e quello che si erano detti la sera prima. Poi scacciò il pensiero. Aveva detto che le avrebbe inviato una poesia; quello che aveva appena ricevuto poteva essere si e no un verso! Un po' pochino per scriverci sopra una canzone.

All'improvviso un'immagine prese forma davanti ai suoi occhi. Li chiuse cercando di scacciarla via. Invece divenne più nitida. Due occhi verdi come i suoi la fissavano impauriti. Il bianco intorno all'iride era diventato trasparente e rossastro, le sopracciglia erano praticamente inesistenti. Le labbra dischiuse in un debole sorriso. La cosa peggiore da vedere però, era la pelle: era di un colore verdastro, molto più vicino al colore dei morti che a quello dei vivi.

Le parole vibrarono nell'aria come se qualcuno le avesse fatte fuoriuscire dal vaso di Pandora:

Non lasciare che questo dolore ti distrugga. Tu devi vivere, non sopravvivere!

E poi gli occhi di sua madre si chiusero per sempre.

Andrea subì il ricordo come una fucilata. Ansimava sotto la doccia. Lo sguardo terrorizzato cercava intorno, ma non vedeva nulla. La pelle del viso sudata, nonostante l'acqua che le scivolava addosso. Le ginocchia cedettero e lei si ritrovò carponi sul piatto doccia. Era in balia del ricordo. Boccheggiava.  Aprì la porta di vetro e restò lì, sul pavimento, aspettando che l'aria proveniente da fuori l'aiutasse. Lentamente riuscì ad alzarsi e arrivò alla finestra e la spalancò. L'aria frizzante del mattino la riportò al presente. Inspirò con forza e poi inghiottì l'aria fredda, con la speranza che anche il ricordo venisse inghiottito e ritornasse nel luogo in cui l'aveva nascosto finora. Non avrebbe mai pensato che dopo dieci anni fosse ancora così nitido.

Andò al lavandino con l'idea di sciacquarsi il viso che le sembrava bruciare ancora. Incontrò la sua immagine allo specchio. La sua espressione la fece sobbalzare. Piangeva! Non aveva sentito le lacrime attraversare le sue guance. Non aveva cercato di asciugarle mentre le annebbiavano la vista. Ma erano lì. A ricordarle che gli anni non avevano cancellato nulla. I can't get these memories out of my mind.

Andrea (#Wattys2018)Where stories live. Discover now