CAP 5 PAURE

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Il citofono suonava ininterrottamente. Se fossero stati alla porta sarebbero stati colpi insistenti che l'avrebbero forse buttata giù. Steve rimase un istante sul letto a riflettere su cosa era meglio fare. Sapeva che non ne sarebbe uscito niente di buono. Chiunque fosse non era lì per una visita di cortesia, era chiaro.

Alla fine, con riluttanza andò al citofono:

"Ma chi è?" Chiese con aria scocciata. Erano le quattro del mattino passate.

"E' l'amico della fata che ti ha parato il culo l'altra sera." Rispose Simon. "Devo parlarti. E' urgente!"

Steve fu ancora più riluttante. Adesso ne era certo: non era una visita amichevole ! Il tono di Simon non era affatto calmo...

"Non possiamo parlarne con la luce del sole? Non sono molto lucido al momento!" Cercò di rimandare Steve.

"Aprì la porta stronzo!" Fu la risposta tassativa dal piano terra.

Sbuffando Steve aprì il portone e attese accanto alla porta che l'ascensore arrivasse al piano. Era su un palazzo di gente rispettabile, che cosa potevano fargli? Non appena sentì il ding dell'ascensore aprì la porta dell'appartamento. Un pugno durissimo gli fece scricchiolare la mascella e lo buttò a terra. Due ceppi d'acciaio gli bloccarono i piedi a mezz'aria, mentre due mani robuste gli strinsero le manette ai polsi. Lo fecero alzare e piegare in avanti sopra la spalliera del divano colpendolo ripetutamente alla nuca. Quando si fu piegato, passarono una catena tra le manette delle mani e, dopo averla fatta scorrere sotto al divano, l'agganciarono alle manette delle caviglie. Era completamente bloccato, non solo fisicamente, ma anche dal panico. Le stesse mani gli tirarono giù i pantaloni del pigiama e i boxer. Adesso era davvero terrorizzato.

"Prendi la scopa in cucina." Ordinò la voce calma di Simon a Jake.

L'amico lo guardò pietrificato, ma non provò neanche a protestare e si avviò in cucina a cercare la scopa. Quando Simon era così incazzato era meglio non contraddirlo.

"Che cazzo volete?" Cercò di capire Steve.

"Vogliamo spiegazioni, stronzo!" Rispose Simon duro. "Ma se non mi piace quello che dici, ti faremo ricordare la nottata!" minacciò.

Steve cercò di ritrovare un po' di lucidità. Simon era stato cortese con lui, perché adesso si comportava così? Doveva prendere tempo, cercare di far ragionare quei due pazzi scatenati:

"Allora chiedi!" Disse respirando affannosamente. Non riusciva a vederli in faccia, il viso quasi soffocato tra i cuscini del divano. Sentiva il sangue affluirgli al cervello.

"Dimmi che cazzo stai facendo ad Andrea?" Lo interrogò Simon, il suo viso a un centimetro dall'orecchio di Steve. Non voleva che i vicini al piano si accorgessero di quello che stava accadendo. "Le hai inviato due messaggi e ogni volta l'hai completamente stravolta. Che cosa vuoi da lei? Scopartela? Devi prima passare sui nostri cadaveri, poeta!"

All'improvviso tutto fu molto chiaro. Steve ritrovò un po' di autocontrollo. Allora i suoi messaggi avevano sortito l'effetto sperato. Buono a sapersi. Inspirò con forza e con voce pacata, per non sembrare spaventato, spiegò:

"Sto solo cercando di aiutarla, quello che voi due cosiddetti amici non sembrate essere in grado di fare!"

"Tu non sai niente di Andrea! Sputò Simon. "Chi cazzo ti credi di essere?"

"Andrea è una ragazza fragile e tu le stai complicando la vita. Perché?" La voce di Jake era calma, per questo mise ancora più paura a Steve degli insulti di Simon.

"Mi è stato chiesto di tirarla fuori dal buco nero in cui si è rifugiata." Spiegò Steve, cercando di risultare il più convincente possibile.

"Cosa? Chi te l'ha chiesto? Cosa ne sai tu della vita di Andrea?" Simon cominciava ad essere davvero preoccupato. Aveva capito che quel damerino aveva un segreto, ma con chi aveva parlato?

"Se mi lasci respirare, posso spiegarti tutto." Riprese con più coraggio Steve. "Ti assicuro che sarai d'accordo con me, dopo."

Simon fece cenno a Jake, che slacciò la catena dalle caviglie di Steve. Simon la tirò dalla sua parte, togliendola da sotto il divano e la rilanciò a Jake. Quest'ultimo strattonò il povero ragazzo che si ritrovò con le braccia sopra la testa, la guancia sul pavimento, un piede che lo teneva fermo sulla schiena, i boxer ancora tirati giù.

"Ti ascolto." Lo incitò Simon. "Cerca di essere più convincente!"

"Okay. Mio zio è Sam Viviani. Tra le altre cose, si è laureato ad Harvard insieme a John Wilson." la prese un po' alla lontana. Dovevano pensare a lui come a un vecchio amico della famiglia Wilson.

"Il papà di Andrea?"

"Sì, sono amici da tanti anni. Qualche mese fa, quando a John hanno detto che sarebbe morto presto, ha chiamato zio Sam per chiedergli un favore. John è venuto alla mia laurea. Sa che io ho uno studio di psicoterapia. Sa che io di mestiere aiuto le persone che hanno subito traumi di vario genere, sia fisici che psicologici. Ci ha chiesto di aiutare Andrea ad affrontare la sua morte, perché la morte della madre per lei è stato un trauma profondo, da cui non si è ancora ripresa." Raccontò la storia concitatamente, perché sentiva che entrambi i suoi aggressori erano rimasti allibiti dalla tremenda verità. "Davvero pensavate che tutto potesse rimanere com'è ora?"

"Andrea ha trovato un nuovo equilibrio e tu lo stai distruggendo!" Si difese Jake.

"Andrea è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, stronzi! Se non verrà aiutata, nella condizione in cui è ora, potrebbe impazzire del tutto alla morte del padre! Possibile che non abbiate capito il dolore che ha dentro?" Era l'ultima carta da giocare. Dovevano capire che stavano sbagliando e vedere in lui l'unico salvatore. Doveva farli commuovere, così lo avrebbero lasciato libero di agire.

"Sì, questo lo so." ammise Simon "Io c'ero durante la trasformazione, quando il dolore fu troppo grande e lei scelse di buttare il suo cuore nel cesso piuttosto che continuare a soffrire." La rabbia era sparita. "Ma tu la stai destabilizzando senza offrigli il minimo aiuto!" Accusò di nuovo.

"Ti sbagli! Io le sto indicando la via." Appoggiò le mani al pavimento e cercò di mettersi in ginocchio. Jake a quel movimento guardò Simon, che fece di sì con la testa. Allora slacciò la catena e si spostò verso Simon. Steve si poggiò sulle ginocchia, poi si rimise in piedi. Le mani e i piedi ancora ammanettati, tirò su i boxer e i pantaloni. Finalmente li guardò in faccia.

"Cosa volevate farmi? Stuprarmi con un manico di scopa? Che gente..." lasciò correre, visto che i due non poterono fare a meno di sorridere.

"Volevamo solo spaventarti a sufficienza per farti confessare." Si giustificò Jake.

"O per farti allontanare per sempre da lei. Pensavamo stessi architettando qualcosa per portartela a letto." Chiarì Simon. Solo che Steve aveva reagito con troppa lucidità all'aggressione. Forse il mestiere che faceva permetteva di mantenere i nervi saldi?

"Ammetto che quando l'ho vista la prima volta al concerto," riprese Steve saltellando e sedendosi sul divano, "sono rimasto senza fiato. Andrea è davvero..."

"Occhio a quello che dici!" Lo ammonì Simon

"... una fata!" Continuò Steve, alzando le mani in segno di pace. "Ma i suoi occhi sono così freddi, così tristi! Non ditemi che non ve ne siete mai accorti?" Cercò di capire.

"Certo che lo sappiamo! Ma dopo la morte della madre non ci ha più permesso di entrare... almeno non a me." Confermò tristemente Simon.

Jake non rispose nulla. Spostò il peso da un piede all'altro. Poi sospirando aggiunse:

"Davvero tu potresti aiutarla?"

"Sì, davvero." Lo fissò Steve, la voce oramai limpida. Aveva vinto.

Ci furono attimi di silenzio imbarazzato, in cui i due amici abbassarono lo sguardo al pavimento. Alla fine Simon parlò per entrambi:

"Allora dicci come possiamo aiutarti..."

Ma in quel momento il telefono di Steve iniziò a squillare. Lo prese in mano nonostante le manette e rispose:

"Pronto? Sì? Ah. Grazie. Sto arrivando." E riattaccò. Poi si voltò verso Simon allungando le braccia, indicando le manette e gli annunciò con una smorfia:

"Il papà di Andrea non arriverà a domani. Devo andare a casa sua. Adesso."

Simon e Jake lo fissarono preoccupati, poi però presero all'unisono la stessa decisione:

"Veniamo con te!"

Andrea (#Wattys2018)Where stories live. Discover now