CAP 16 FAMIGLIA

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Arrivarono alla reception dell'ospedale in pochi minuti e Andrea chiese subito il numero della camera di Nilhanti. La signorina controllò sul computer e le diede indicazioni per arrivare al piano. Arrivati al quinto piano, chiesero al box delle infermiere.

La caposala, sentendo chi cercavano, si voltò verso di loro e domandò:

"La signorina Wilson?"

"Sì, sono io!" rispose trafelata Andrea.

"Prego, venga con me." le fece cenno di seguirla. Entrarono in un ufficio e Andrea si guardò intorno, cercando di capire perché non la portava da Nilhanti. Aspettò che l'infermiera parlasse al telefono con non si sa chi, poi chiese:

"Non posso vederla?" nei suoi occhi, adesso di un trasparente acquoso, un terrore violento, incontenibile per lei.

"No, mi dispiace, è in terapia intensiva. Per il momento è in coma farmacologico."

Un dolore sordo la colpì al petto e, per la prima volta dopo anni, si rese conto di essere in balìa dei sentimenti.

"Ma che cosa è successo, me lo dica!" urlò tremando.

Steve corse al suo fianco, mettendole un braccio intorno alla vita. Era cosciente che non sarebbe servito, perché la sua dolce compagna, era scossa da un tremore forte, le sue mani vagavano nell'aria intorno a lei, finché non si fermarono sopra la sua bocca, quasi a contenere le urla che la stavano strozzando.

"Si sieda, signorina." le rispose calma e dolce l'infermiera,spingendola verso una poltrona e guardando accigliata Steve, a chiederle un aiuto per farla rimanere tranquilla. "Il dottore sta arrivando e le spiegherà tutto." così dicendo uscì dalla stanza.

Andrea rimase con la bocca aperta. Gli occhi cercavano nel volto del ragazzone qualcosa che potesse sollevarla dal dolore, ma non riusciva a trovare niente di confortante.

Steve le asciugò con un dito le lacrime, che avevano cominciato a scendere in silenzio sulle sue guance. Avrebbe voluto trovare nella sua mente parole di incoraggiamento, qualsiasi cosa, pur di sostenerla. Purtroppo si sentì svuotato di tutto, compreso il suo savoir faire, costruito con costanza negli anni. Decise di fare tutto ciò che poteva e la strinse forte a sé, così avrebbe saputo che lui era lì: qualunque cosa gli avrebbe portato la vita, l'avrebbero affrontata insieme.

Rimasero così, sospesi. Passarono parecchi minuti in un silenzio gelato.

All'improvviso, sentirono la voce di Grace in corridoio:

"Non me ne frega un cazzo delle vostre regole! Mi dica subito dov'è e cosa sta succedendo!" urlava, ma nella sua voce c'era la stessa disperazione di Andrea. Fu quasi consolante sentire la rabbia della sua amica: era un modo per far uscire la paura dal suo animo. Almeno lei aveva ancora la forza di urlare. Si affacciò fuori della porta per cercarla.

"Grace, fermati! Lascia stare. Aspettiamo Andrea!" le urlava Simon, cercando di allontanarla dal bancone. La stava trattenendo, con le braccia le circondava la vita e la teneva sospesa da terra, nello sforzo di non farla arrestare dalla sicurezza dell'ospedale. I capelli di Simon erano completamente in subbuglio, ricadevano appiccicosi lungo le sue guance, sciolti sulle spalle. Il suo volto era arrossato dallo sforzo di tenere Grace, ma sicuramente avevano corso. Le stesse guance e la fronte della brunetta erano bagnate da goccioline di sudore. Entrambi avevano gli occhi sbarrati in uno sguardo allucinato, anche se Simon cercava di trattenere il terrore.

"Sono qui!" chiamò veloce Andrea, prima che l'amica finisse nei guai.

I due amici si voltarono insieme e le si avvicinarono trafelati.

Andrea (#Wattys2018)Where stories live. Discover now