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THE MIT

La city di Cambridge, situata nella contea di Middlesex, Massachusetts, ospitava due delle più prestigiose Università d'America: la University of Harvard, famosa in tutto il mondo, e il Massachusetts Institute of Technology - più comunemente chiamato MIT.

Ed era proprio l'edificio di quest'ultimo che stavo fissando incessantemente da ore, seduta sull'erba a mangiare i deliziosi Hot Dog comprati dal carretto di Dave.

Era da anni che la storia si ripeteva di continuo. Ogni qualvolta avevo bisogno di schiarirmi le idee, di riflettere, quasi inconsciamente prendevo l'autobus e mi trascinavo fino al MIT.

Il MIT. Non sapevo nemmeno io perché fossi tanto ossessionata da quell'Università.

Magari erano le alti, imponenti colonne che costituivano l'entrata principale, oppure la grande cupola in cima all'edificio, o magari gli studenti che entravano e uscivano con aggeggi stranissimi e bizzarri cappellini con sopra stampato il logo del MIT.

Forse era semplicemente ciò che l'Università rappresentava: la ricerca. Tra i corridoi di quell'istituto si aggiravano le scoperte e le invenzioni più rivoluzionarie della nostra epoca.

Forse era quello ad attirarmi. O forse no. Ciò che sapevo per certo era che non sarebbe stato il MIT il mio destino.

Oh no, il mio destino era quello di guadagnarmi una borsa di studio per la Boston Ballet School.

Una ballerina professionista: era questo che sarei diventata. E l'idea mi piaceva - davvero.

Ma non riuscivo ad impedirmi di provare un senso di oppressione al petto ogni volta che immaginavo quel futuro.

«Preoccuparsi troppo fa venire le rughe, mia cara Biancaneve.» La voce tremolante di Dave mi distolse dai miei pensieri.

Ridacchiai. Era da quando l'avevo conosciuto - circa due anni prima - che Dave si ostinava a chiamarmi Biancaneve, sicuramente per via delle mie labbra rosse e i lunghi capelli neri.

Mi alzai dall'erba, facendo attenzione a non far cadere il mio hot dog, e mi avviai verso il carretto.

Appoggiai i gomiti sulla mensola in acciaio e gli sorrisi. «Tu devi aver avuto una vita priva di preoccupazioni, allora. Non vedo molte rughe sul tuo viso.»

Ed era vero. Dave aveva ormai superato la settantina ma, ad una prima occhiata, non gli avrei dato più di sessant'anni.

Lui ridacchiò e mi sembrò quasi di vederlo arrossire. «Tu mi lusinghi troppo, Danika. Allora, come mai qui? Ormai lo so che vieni in questo posto solo quando hai bisogno di pensare.»

Sospirai e mi misi ad osservare due bambini giocare con un pallone da calcio, mangiucchiando l'hot dog. «In realtà non lo so nemmeno io che mi prende. Forse sono solo nervosa per l'audizione che dovrò fare tra due mesi. Sai, quella per la Boston Ballet?»

«Oh sì, credo che tu me ne abbia parlato. Ma è una cosa bella, no? Non sei emozionata?»

Deglutii e sentii nuovamente lo stomaco ribaltarsi. «No... cioè sì, non lo so» sospirai, «a dir la verità non sento niente, credo di essere solo un po' preoccupata, tutto qui.»

Il suo sguardo indagatore si posò su di me. Come sempre, i suoi intensi occhi verdi sembrarono in grado di capirmi meglio di quanto riuscissi a fare io. «Danika, senti, è da un po' che voglio chiedertelo...»

Fece una pausa e io mi accigliai. «Dimmi tutto.»

«Sei sicura che... che la danza sia la tua unica opzione per il futuro? Voglio dire... Sei sicura che ti piaccia davvero così tanto ballare?»

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