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DEGAS


Il weekend che precedette la mia uscita con Max, fu il più lungo della mia vita.

Non avevo il permesso di uscire (lo so, suonava ridicolo essere in punizione a diciotto anni), per cui non c'era molto che potevo fare in casa a parte fissare il soffitto tutto il giorno e svolgere i compiti del lunedì.

Non ero neanche riuscita a concentrarmi sul modellino in scala o sul pc che ancora dovevo assemblare.

Tutte le volte che ci provavo, la mia mente iniziava a fantasticare sulla mia imminente uscita con Max, distraendomi.

Perciò, quando finalmente il martedì arrivò, non stavo più nella pelle.

Quel giorno arrivai a casa da scuola più emozionata di una bambina il giorno di Natale.

Max mi aveva scritto dal telefono del suo amico JJ (il suo era ancora rotto) il giorno prima, per metterci d'accordo sul luogo e l'orario dell'incontro, e alla fine avevamo deciso di incontrarci direttamente al Fogg Art Museum, prima che il suo turno da guida finisse.

Mi chiusi la porta d'ingresso alle spalle e salutai mia madre con un semplice «Sono a casa!» prima di salire le scale per recarmi nella mia stanza.

Decisi di ignorare i messaggi di Olive in cui minacciava di dar fuoco alla mia collezione di modellini in scala se non l'avessi informata di ogni minimo particolare, e iniziai a prepararmi.

Mi infilai un maglioncino blu scuro con lo scollo a V, dei jeans neri a vita alta e degli stivaletti bassi, anch'essi neri.

Legai i capelli in una treccia alla francese e applicai un po' di mascara sulle ciglia. Non mi andava di esagerare troppo col trucco.

Quando si fecero le quattro mi diedi un'ultima occhiata allo specchio e presi un profondo respiro, cercando di calmare il mio battito impazzito.

Diedi una grattata dietro le orecchie a Kida e poi mi precipitai al piano di sotto.

«Mamma, io esco!» Urlai in direzione del salone, dove mia madre stava guardando la TV.

«Con chi?»

Esitai. «Olive. Posso prendere la tua macchina?»

Ci fu una pausa e io strinsi gli occhi, pregando che mi desse il permesso. A nessuno sarebbe piaciuto usare i mezzi pubblici con quattro gradi sotto zero.

«D'accordo, ma sta' attenta. Le strade sono ghiacciate.»

Feci un sorriso di trionfo. «Certo,
tranquilla. A dopo!»

Uscii sul portico e subito un vento gelido mi investii, facendomi stringere nel mio cappotto. L'aria pungente mi fece pizzicare il naso.

Il cielo era basso, coperto da una coltre di nuvole bianche che lasciavano presagire solo una cosa: neve. Riuscivo quasi a sentirne l'odore nell'aria.

Mi infilai velocemente in macchina e partii verso il Fogg Art Museum.

Fortunatamente, quel giorno le strade erano abbastanza libere, quindi arrivai in meno di venti minuti.

Parcheggiai a qualche metro di distanza dall'ingresso principale e scesi dall'auto, affrettandomi verso la scalinata di fronte l'edificio.

Una volta dentro, strizzai gli occhi a causa della forte luce biancastra che mi inondò. Il soffitto del Fogg Art era costituito interamente di vetrate, per cui la luce del sole, che trapelava dalle nuvole, illuminava l'ambiente con la potenza di un faro.

Perfect DaughterNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ