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LET IT SNOW

Non avevo mai amato particolarmente la neve.

Ricordo che da piccola non riuscivo a capire perché mai i miei compagni di classe restassero ore ed ore a fissare la neve scendere dalle finestre dell'aula.

Non aveva alcun senso, giusto?

Alla fine, però, capii cosa vedevano: candidi fiocchi di neve, leggeri come piume, che scendevano dal cielo ricoprendo tutto di un biancore splendente, quasi accecante. Piccoli fiocchi capaci di cancellare la sporcizia dalle strade, dai tetti, dalle macchine... dalle persone.

Vedevano pupazzi di neve, angeli lungo i marciapiedi e nei parchi, il grazioso scricchiolio del ghiaccio sotto le suole delle scarpe e bianco... immense distese di bianco.

Cosa vedevo io, invece?

Vedevo il vento che mi colpiva il viso con la violenza di uno schiaffo e gettava i fiocchi di neve in pasto ai miei capelli. Sentivo il bruciore dei piedi gonfi quando il gelo della strada trapelava sotto le suole delle mie scarpe preferite.

Per non parlare dei calzini fradici, le mani viola, gli scivoloni sul gradino del portico a causa del ghiaccio e l'antenna della TV che smetteva di funzionare per colpa delle bufere di neve, interrompendo i miei programmi preferiti.

Vedevo tutte queste cose e non riuscivo a capire.

Come poteva la gente attenderla per tutto l'anno?

Ma mentre me ne stavo lì, sul tetto della biblioteca, a fissare la città sottostante trasformarsi grazie alla coltre di neve, mi resi conto che quell'odio derivava da qualcosa di molto più profondo.

Le cose, le persone, non sono mai o buone o cattive: dipende tutto da quale lato scegliamo di guardarle, dalle idee che ci facciamo su di loro. Idee che non potranno mai essere imparziali, per quanto cerchiamo di sforzarci.

Scaturiscono da dentro di noi, pertanto vengono costantemente influenzate dai nostri desideri e dalle nostre paure più profonde.

Il mio odio verso la neve, capii, derivava dalla paura di lasciarsi andare.

Non volevo rischiare di bagnarmi i jeans nel tentativo di fare un pupazzo di neve, o di scivolare sul marciapiede mentre giocavo a palle di neve...

Preferivo restarmene chiusa in casa, al sicuro e lontana dai pericoli.

«A cosa stai pensando?» Mi chiese Max, dopo alcuni minuti di silenzio in cui entrambi eravamo troppo impegnati ad ammirare il panorama per proferire parola.

Mi girai con cautela verso di lui e feci un largo sorriso. La sua presa sui miei fianchi si fece più salda. «Che è arrivato il momento di inzupparmi i vestiti con la neve.»

Il suo petto vibrò contro la mia schiena quando scoppiò a ridere. «Che animo ribelle, Ghiaccio.»

Mi divincolai dalle sue braccia e scesi dal cornicione, rivolgendogli un enorme sorriso.

Sentivo i fiocchi di neve colpirmi il viso per poi sciogliersi al contatto con le mie guance accaldate.

Max non poté fare a meno di ricambiare il mio sorriso, quando scese a sua volta per raggiungermi.

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