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WHO'S THE PAINTER?

«Non guardarmi in quel modo, non posso darti nulla.»

Sospirai esasperata quando continuò imperterrita a fissarmi dal pavimento. «Ho detto di no.»

Presi un'altra patatina dal pacchetto e distolsi lo sguardo dal suo, continuando a lavorare sul mio modellino in scala.

Il giorno prima, avevo passato l'intera serata a rimuginare su ciò che avevo sentito dire a mio fratello Cody.

Avrei voluto entrare in cucina e pretendere che mi spiegasse la situazione nei minimi particolari, ma Jensen mi aveva fatto promettere di non dirgli niente.

Secondo lui c'era un motivo se Cody aveva deciso di non parlare con noi, e non voleva mettergli pressioni.

Naturalmente aveva ragione, ma tutto quel silenzio mi stava facendo uscire pazza.

Fu proprio per questo che, quel Sabato mattina, decisi che l'unico modo per svuotare la mente era lavorare al mio modellino in scala...

... se solo Kida me l'avesse permesso.
Stava lì impalata a fissarmi e a miagolare da mezz'ora, e io non capivo cosa le fosse preso.

Strinsi al petto le patatine e la fulminai con lo sguardo. «Non avrai mai le mie patatine.»

Per tutta risposta, lei piantò le unghiette nella stoffa della mia tuta facendomi sobbalzare sulla sedia, più per la sorpresa che per il dolore.

La patatina che avevo in mano scivolò sul pavimento e Kida si affrettò a prenderla tra i denti.

«Quando dovrò portarti dal veterinario per crampi intestinali non voglio responsabilità» le sibilai contro, tornando al mio modellino.

Lasciai che il rumore degli ingranaggi che andavano al loro posto mi rilassasse e svuotai la mente.

Sorrisi quando mi resi conto che, ormai, avevo quasi portato a termine il mio lavoro, mancava solo...

Sentii qualcosa raschiare alla porta della mia stanza e mi voltai di scatto.

Feci un grugnito quando vidi Kida arrampicata alla porta, il muso voltato verso di me.

«Cosa c'è adesso?»

Continuò a fissarmi con i suoi enormi occhi azzurri.

«Vuoi uscire? Non posso farti uscire!»

Ricevetti un miagolio di protesta.

Ero certa che si annoiasse tutto il giorno in camera, ma se l'avessi fatta uscire mia madre mi avrebbe uccisa.

Mi irrigidii quando la mia mente ritornò alla litigata di qualche giorno prima.

Era ingiusto costringermi a tenere una povera gattina segregata nella mia stanza per tutto il tempo.

Così com'era ingiusto tenermi rinchiusa in casa l'intero weekend per aver sforato di mezz'ora il coprifuoco.

Sentendo l'irritazione salire alle stelle, mi alzai e andai ad aprire la porta.

«Fa' quello che devi fare» sussurrai a Kida, osservandola correre felice giù per le scale.

Con un sorriso soddisfatto, tornai alla mia scrivania.

Mi sentivo stranamente libera, leggera quasi.

Assurdo come un atto così infantile potesse soddisfarmi come nient'altro.

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