0.8

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THE EMPTY MUSEUM

«Danika? Danika, hey, mi stai ascoltando?» Vidi la mano di Charlie sventolare di fronte al mio viso e sbattei le palpebre, girandomi verso di lei.

«Sì, certo» mentii.

Lei alzò gli occhi al cielo. «E cos'ho detto?»

Boccheggiai per qualche istante e poi mi arresi. «Okay, scusami, non ti stavo ascoltando.»

«Ti perdono solo se mi dici perché oggi sei così distratta.» mi rispose, incrociando le braccia al petto.

Max.

«Non pensavo a nulla in particolare, sono solo un po' stanca.»

Charlie alzò un sopracciglio, spostando il suo vassoio ormai vuoto verso di me. «Ah-ah, raccontala a qualcun altro.»

Sospirai. «Ti assicuro che non è niente.»

La verità era che non avevo voglia di parlarle di Max. Dopotutto io e lui ci conoscevamo a mala pena, non c'era nulla da raccontare.

Ma allora perché non riuscivo a togliermelo dalla testa?

I suoi occhi, i suoi capelli, la sua risata, le sue scarpe scoordinate - erano tutti marchiati a fuoco nella mia mente. E non ero nemmeno sicura che la cosa mi infastidisse più di tanto.

Non avevo ancora deciso se andare o meno al Fogg Art Museum. Max aveva ragione, avevo ancora un sacco di altre domande da fargli, e il motivo principale era che lui mi intrigava.

C'era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa di fresco e genuino, che mi attirava a lui come un moscerino attratto dalla luce.

Ma dopotutto non lo conoscevo per niente e quelle fastidiose vocine nella mia mente continuavo a suggerirmi la possibilità che fosse un assassino. O uno stupratore. O un criminale.

Non potei fare a meno di sbuffare rumorosamente per le mie inutili paranoie. Sarei mai riuscita a liberarmene?

«Andiamo, dammi almeno un indizio!» Mi pregò Charlie, lo sguardo frustrato.

Osservai la mensa in silenzio, cercando di inventarmi qualcosa per farla desistere. «Non è nulla, sono ancora un po' preoccupata per quel voto in arte.»

Charlie si alzò dal suo posto per sedersi accanto a me. «Lo so che quello che ti ha detto il signor Brown non ti ha tranquillizzata, ma in realtà la tua media non è per niente a rischio. Ma se proprio la cosa ti preoccupa, possiamo studiare insieme, uno di questi giorni.»

Nonostante non fosse quello il vero motivo della mia distrazione, provai un moto di gratitudine verso di lei.

Dopotutto, io e Charlie non eravamo amiche poi così strette, ma semplici compagne di scuola, per questo trovai il suo gesto tremendamente gentile.

Ricambiai il sorriso. «Ti ringrazio, Charlie, mi faresti un enorme favore.»

«Quando vuoi.» Fece l'occhiolino.

«Allora» riprese, dopo aver bevuto un sorso di frullato, «ci vieni alla festa in costume di Sierra Dodge, il prossimo Mercoledì? Ho sentito dire che John Philips si vestirà da lampione, quest'anno. Devo assolutamente vederlo con i miei occhi.»

Le feci un sorrisetto di scuse. «No, non penso che verrò.» Quasi sicuramente non sarei andata.

«Ma come no? È il tuo ultimo anno e non sei mai venuta a nessuna delle sue feste!»

«Lo so, ma non me la sento.» Troppe persone, evitai di aggiungere.

Charlie mi lanciò un'occhiata stranita. «E perché? Oh! Forse ho capito! Sei troppo impegnata ad organizzare qualcosa per il tuo diciottesimo compleanno, non è così?»

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