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THE ROOF

Vivere a Cambridge, nel Massachusetts, ti dava quasi l'impressione di abitare in Inghilterra, anche se l'unica cosa inglese che possedeva era il nome e lo stile degli edifici.

Sembrava quasi che un pezzo della Gran Bretagna si fosse staccato e fosse magicamente precipitato qui in America, sull'altra sponda del fiume Charles.

Non a caso il nome gli era stato dato proprio in onore dell'Università inglese di Cambridge.

Mi persi per qualche istante ad ammirare Harvard square (una delle piazze principali di Cambridge), mentre camminavo lungo il marciapiede gremito di turisti.

La biblioteca si trovava a pochi isolati da lì, quindi avevo deciso di scendere alla fermata di Harvard square per poi continuare a piedi.

Amavo guardare quella piazza tanto quanto amavo guardare il MIT.

Con i libri stretti al petto, mi feci largo tra la folla per cercare di raggiungere la biblioteca il più velocemente possibile.

Quando vidi l'imponente edificio stagliarsi in lontananza, feci un sospiro di sollievo.

Presi la stradina che mi avrebbe portata sul retro dell'edificio e, una volta arrivata, alzai lo sguardo verso il cielo.

La notte era già scesa da un pezzo, perciò la luna e le stelle avevano già fatto la loro comparsa.

Adoravo guardare le stelle fin da quando ero piccola.

Sapevo che la loro luce impiegava milioni di anni per raggiungerci e che, probabilmente, molte delle stelle che vedevo in cielo erano ormai morte, ma mi piaceva chiedermi a quale sistema appartenessero e se anche loro - come il nostro sole - avessero contribuito alla nascita di altre forme di vita.

Vagai con lo sguardo in cielo finché i miei occhi non si fermarono su un particolare ambiguo sul tetto della biblioteca.

Mi avvicinai di più e strizzai gli occhi, cercando di mettere a fuoco ciò che avevo scorto.

Era una sagoma.

Una sagoma che si muoveva.

Una sagoma con delle braccia e delle gambe che-

Oh merda.

Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene e l'aria mi fuoriuscì di scatto dai polmoni.

Era una persona.

C'era una persona in piedi sul cornicione di un tetto.

Oh merda.

Il battito cardiaco mi salì a mille.

Mi guardai freneticamente intorno, cercando di capire se qualcun altro l'avesse notato, ma chiunque passasse lì vicino era troppo impegnato a guardare il suo cellulare o il suo tablet per accorgersi di quello che stava succedendo sopra di loro.

Il panico mi attanagliò la gola e restai lì impalata per circa due secondi.

Poi agii.

Mentre correvo a perdifiato dentro la biblioteca, non mi passò minimamente per la testa di chiedere aiuto a qualche dipendente della biblioteca, o magari di chiamare la polizia, avvisare qualcuno - qualsiasi cosa.

Quando entravo nel panico ero solita agire d'impulso, e in quel preciso istante, mentre mi affrettavo lungo le scale che portavano al tetto aperto al pubblico, il cervello mi si era completamente spento.

Cos'avrei fatto una volta arrivata lassù? Non ne avevo idea.

I polmoni mi bruciavano ma continuai comunque a salire le scale, finché non mi trovai di fronte la porta che si apriva sul tetto.

Perfect DaughterWhere stories live. Discover now