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THE DECISION

Decisi di portare Max in uno dei parchi situati lungo le sponde del fiume Charles.

Non tanto per il paesaggio mozzafiato, ma più che altro perché era un posto abbastanza tranquillo per poter parlare - lontano da occhi indiscreti.

Purtroppo non mi riferivo solo a Nicole e alle sue amiche.

Non avevo ancora avuto modo di raccontare ad Olive di Max e quel giorno al Fogg Art Museum ero così delusa e arrabbiata, che quando mi aveva chiesto spiegazioni le avevo rifilato la scusa di una ricerca per la scuola.

Prima che io e Max ci dirigessimo verso il parco, avevo stoicamente ignorato i suoi sguardi sconvolti e la sua espressione interrogativa e le avevo semplicemente inviato un messaggio con su scritto: "Ti racconto tutto dopo".

Il parco distava circa un chilometro dalla mia scuola di danza, per cui avevamo deciso di andare a piedi.

Io e Max passeggiammo in silenzio. Immaginavo che nessuno dei due avesse ancora voglia di aprire il discorso.

Nonostante i suoni della città risuonassero più forti che mai, i passi di Max dietro di me mi risultavano assordanti, quasi insopportabili.

Mi guardai intorno per cercare di distrarmi.

Le strade che percorrevano il centro di Cambridge non erano particolarmente larghe e forse era proprio quello uno dei motivi per cui il traffico era l'incubo di ogni cittadino.

Gli imponenti palazzi in mattoni rossi, in perfetto stile inglese, si intonavano ai colori che la vegetazione assumeva in autunno e i grossi nuvoloni che ricoprivano il cielo mi fecero pensare a tutte le foto di Londra che avevo visto su Internet.

Cambridge era un perfetto mix di modernità e storia. Aveva mantenuto il suo stile originale, ma questo non gli aveva certo impedito di risultare moderna e funzionale, come qualsiasi altra grande città del XXI secolo.

Mi piaceva vivere lì. Adoravo che ogni angolo della città fosse intriso di cultura e di storia e mi piaceva l'aria di tranquillità che si respirava.

Una volta arrivati nella zona di West Cambridge, lasciammo le stradine interne e ci avviammo verso le sponde del fiume Charles.

Attraversai la strada, seguita da Max, e ammirai la grande distesa di erba e alberi tinteggiati di rosso e arancione, che delineavano l'ingresso del parco.

Mentre camminavamo lungo il vialetto, le foglie secche scricchiolavano sotto le nostre scarpe, producendo un piacevole sfrigolio.

Cercai una panchina che fosse il più vicino possibile alle sponde del fiume e, una volta trovata, mi ci lasciai cadere sopra.

Dopo un attimo di esitazione, Max si sedette di fianco a me, poggiando quel bizzarro cilindro per terra.

Lo stuzzicadenti che aveva prima era sparito, per cui immaginai che lo avesse buttato da qualche parte.

Tenni lo sguardo fisso in avanti, cercando di cedere alla tentazione di avvicinarmi a lui. Il calore che emanava era davvero allettante.

Nessuno dei due aveva ancora proferito parola, probabilmente perché eravamo troppo impegnati ad ammirare il paesaggio.

Sull'altra sponda del fiume Charles, le luci della città di Boston brillavano nell'oscurità che le nuvole avevano creato. La striscia di grattacieli e edifici più bassi si estendeva per tutta la riva del fiume, dando quasi l'impressione di guardare verso un altro continente.

Se pur vicine, le differenze tra le due città erano enormi.

Alla fine fu Max a rompere il silenzio.

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