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THE LAST NAME

Mi ci volle tutta la forza di volontà che riuscii a racimolare, per decidermi a voltarmi verso quella voce.

Posai gli occhi sugli armadietti dietro le sue spalle, per evitare di incontrare il suo sguardo.

«Devo entrare in classe.»

Sentii un sospiro. «Per favore, ci vorrà solo un minuto!»

Alzai gli occhi al cielo.

Non avevo nessuna voglia di sentire cosa aveva da dirmi. Ogni volta mi rifilava la solita solfa, e io mi ero stancata di trovarmelo sempre tra i piedi.

«Te l'ho ripetuto milioni di volte, Noah, non ho nulla da dirti.»

Il suo tono si fece quasi disperato. «Me ne rendo conto, ma dammi solo... due minuti, non ci vorrà molto.»

Lanciai un'occhiata alle mie spalle, verso la classe di matematica. «D'accordo, ma sbrigati.»

«So che sei ancora arrabbiata con me, e so che è colpa mia se ho rovinato tutto...» fece un respiro profondo. «Non so dirti quanto mi senta in colpa per quello che è successo. Non ti sto chiedendo un'altra possibilità, vorrei solo che facessimo una tregua. Mi manchi, Danika.» La sua voce era sfumata in un tono più calmo, persuasivo.

Stavolta mi permisi di osservarlo - osservarlo davvero.

I dolci occhi miele erano leggermente socchiusi, come a far intendere che fosse realmente dispiaciuto, per ciò che era successo in passato.

La sua espressione corrucciata non lasciava trapelare altro che vergogna e senso di colpa.

Chiunque l'avesse guardato in viso avrebbe pensato che fosse realmente pentito, che valesse la pena dargli un'altra chance.

Ma Noah Black non mi avrebbe più presa in giro.

Un formicolio, tutt'altro che piacevole, si diramò in tutto il mio corpo, mentre mi avvicinavo a Noah.

Quando arrivai ad un soffio dal suo viso, sorrisi per la sua espressione confusa.

«Tu pensi davvero,» Noah fece un passo indietro, stordito dal mio sguardo furioso, «che dopo tutto quello che mi hai fatto, basti un 'mi manchi' per sistemare le cose? Quanto stupido e pieno di te potrai mai essere per credere che sia disposta a dimenticare, solo per soddisfare un altro dei tuoi capricci?»

«Non sei un capriccio, Danika» Mi sfiorò una spalla con le dita. «Non lo sei mai stata.»

Chiusi gli occhi e presi un profondo respiro, allontanandomi dalle sue mani.

Non provavo altro che rabbia e vergogna perché, per un millesimo di secondo, avevo permesso che mi abbindolasse con le sue parole - di nuovo.

«Vattene, Noah. Dico sul serio, stammi lontano.» Gli voltai le spalle e mi affrettai ad entrare nell'aula di matematica.

Ignorai i suoi vani tentativi di richiamare la mia attenzione e mi sedetti al banco.

Il signor Jefferson entrò nell'aula prima che Noah riuscisse ad ottenere ciò che voleva - di nuovo.

•••

«Alza quelle braccia, Danika, e tieni la schiena dritta!»

La voce squillante di Katrina mi perforò le orecchie e per poco non mi fece perdere la concentrazione.

Mi sollevai sulle punte e strinsi i denti, cercando di ignorare il dolore bruciante alle dita dei piedi. Sentivo i muscoli dei polpacci tendersi al massimo e dovetti quasi costringermi ad eseguire una pirouette.

Perfect DaughterWhere stories live. Discover now